Skip to main content

Da: Bcc

La cooperazione di credito è sopravvissuta al Novecento, a due guerre mondiali, ad infiniti tentativi di riforme imposte e ipotizzate. E ora che ha avuto la possibilità di riformarsi da sola per cavalcare il terzo millennio e gli tsunami della finanza mondiale, mi riesce difficile accettare -e nemmeno credere- che non sopravviva a se stessa per colpa di piccoli Signorotti locali che in questi anni si sono solo mascherati da cooperatori.

Sto parlando, come è evidente, del “mio” Credito Cooperativo, che come tante volte è stato scritto ha avuto un trattamento di favore, giacché il Governo ci ha consentito di proporre da soli la soluzione migliore per il futuro del movimento della cooperazione di credito.

E qual è stato il risultato di questa larga apertura di credito che ci hanno fatto? L’harakiri.

Che sia così risulta chiaro ed evidente leggendo gli articoli pubblicati dopo l’assemblea di Federcasse dello scorso 20 dicembre cui ho partecipato, che mi portano a due amare riflessioni. La prima di rabbia per l’incapacità palesata nel trovare una soluzione unitaria; la seconda di assoluta rabbia perché è evidente che non si è mai -MAI- voluta la soluzione unitaria, come è chiaramente emerso da un intervento sentito in Federcasse.

Questi mesi di finto confronto, da parte di uno degli attori, per trovare la soluzione unitaria, che non è arrivata, sono solo serviti a separare la pula dal grano, cioè le pseudo-cooperative dalle cooperative. Lo dico senza livore. E’ una mera, amara constatazione. Perché quando leggo commenti di Presidenti di Bcc che parlano sul maggior quotidiano economico nazionale con tono aggressivo di “grandeur”, di crescita, di dimensioni (“saremo il sesto gruppo italiano”), di concorrenza (tra Bcc???!!!), di scelta di un gruppo rispetto ad un altro per non avere “rivali territoriali”, a me è chiaro ed evidente che questi non sono discorsi da cooperatori che dovrebbero camminare nel solco della mutualità.

Così mi tornano alla mente le parole di un amico che siede nel Cda di una Bcc, che ripete sempre: “le Bcc si dividono in due categorie, quelle piccole e quelle che non l’hanno ancora capito”. Poi leggo e rileggo Zamagni e Becchetti, che in quest’anno, in tutti i modi, hanno provato a spiegarci come la scelta dei due gruppi fosse solo deleteria. A dicembre, poco prima del naufragio sancito dall’assemblea di Federcasse, Becchetti scriveva su Avvenire: “il conflitto di questi ultimi tempi tra due anime che vorrebbero dar luogo a due gruppi diversi non si giustifica in base a differenze di cultura e strategia e rischierebbe di indebolire entrambi i poli. Sarebbe pertanto auspicabile che il movimento cooperativo trovi la forza di procedere unitariamente dando opportuno spazio alle due anime che oggi si contrappongono. È interesse del mondo bancario cooperativo, ma anche del Paese e delle Istituzioni locali e nazionali che le cose vadano così. Sarebbe pertanto opportuno utilizzare tutti gli strumenti di moral suasion per raggiungere questo obiettivo , ricordando che il principio di concorrenza non c’entra”.

Parole al vento, che ancora una volta una parte ha volutamente lasciato fluire via. Perché, parliamoci chiaro, la vera verità è che le motivazioni di chi non ha mai ricercato la soluzione unitaria sono solo economiche e per niente trasparenti.

Di più: da una parte, la stampa nazionale scrive di un gruppo (la cassa centrale banca) che non è ancora strutturato per essere banca di secondo livello e in cui per entrare sarà necessario una prima, certa, sottoscrizione di capitale, che per molte Bcc vorrà dire intaccare sensibilmente i ratio patrimoniali: riporto testualmente dal Sole24Ore “… un versamento che non sarà indolore ed è destinato ad avere un peso sul futuro delle piccole banche”. Dall’altra mi raccontano di Direzioni di Bcc che hanno espresso ai loro CdA i dubbi su tale scelta, scontrandosi con decisioni irremovibili della governance. Così, quando le Bcc dei Signorotti che vogliono giocare ad essere grandi finalmente capiranno di non avere abbastanza risorse, a quali capitali si apriranno? Non certo a quelli “pazienti” auspicati dal presidente Azzi e da Confcooperative all’inizio del percorso di autoriforma, ma ai capitali esteri, consegnando in tal modo parte del Credito Cooperativo Italiano allo straniero. È la storia che si ripete e da cui non impariamo mai.

Luca Barni
Direttore generale BCC Busto Garolfo e Buguggiate

tag:

Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it