Skip to main content

Da: Il Comitato Italiano Insegnanti Evangelici

La notizia ha già fatto il giro di tutti i social e i media: al ritorno a scuola studenti, genitori, insegnanti e collaboratori troveranno tutte le aule, nonché i laboratori e le mense, forniti di un crocifisso nuovo di zecca. Lo ha deciso il Sindaco di Ferrara, investendo denaro pubblico per acquistare 385 crocifissi per le scuole.

Non si vuole qui riaprire l’annosa controversia che registra, tra l’altro, due sentenze della Corte Europea (2009 e 2011) affermare l’una il contrario dell’altra. Fatto sta che, a tutt’oggi, è stabilito che l’esposizione del crocifisso non viola i diritti umani di chi non vi si riconosce da un punto di vista religioso (argomentazione che, a rigore, varrebbe anche per tutti gli altri simboli religiosi).

Ma il punto non è questo, non si tratta di un’avversione nei confronti dei simboli religiosi visibili, che sono invece fondamentali per la civiltà umana. Si tratta invece di fare luce sulla confusione e sugli errori che infarciscono l’argomentazione a sostegno dell’esposizione del crocifisso nelle scuole.

A questo riguardo, riprendiamo i punti della dichiarazione dell’Alleanza Evangelica Italiana, in occasione della storica sentenza della Corte Europea del 2011, che condividiamo pienamente.

• Lo stato non deve vietare l’esposizione di qualsiasi simbolo religioso, ma uno stato laico deve astenersi dal fare proprio un simbolo religioso particolare. L’abc della laicità dice che lo stato rispetta tutti i simboli religiosi, ma non ne adotta uno particolare come proprio. Lo stato laico, per esempio l’Italia, ha i suoi simboli che sono la bandiera ed il ritratto del Presidente in carica. Se proprio vuole esporre dei simboli nelle aule scolastiche, può usare questi. Usare il crocifisso come simbolo dell’identità nazionale è un abuso del crocifisso (che non significa quello) e della laicità dello stato (che non sposa alcun simbolo religioso).
• Non dimentichiamo la storia dell’esposizione del crocifisso in Italia. L’esposizione del simbolo cattolico è lì per espressa volontà di Benito Mussolini, che dopo avere per anni attaccato ripetutamente il cristianesimo e Gesù Cristo stesso, improvvisamente si scoprì paladino della fede cattolica, per evidenti interessi politici. Per conquistare i favori del Vaticano, il fascismo impose l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche e l’insegnamento della religione cattolica con la circolare ministeriale 2134/1867 del 29 maggio 1926. Ora, grazie a Dio e almeno sulla carta, lo stato confessionale non c’è più e il regime fascista neppure. Perché tenere in piedi retaggi di quel passato oscuro e non aprirsi ad assetti più avanzati di laicità e di rispetto del pluralismo religioso?
• Il crocifisso non è nemmeno un simbolo civile di fratellanza e di tolleranza. Intanto, sul piano storico, la croce è stata anche il simbolo di violenze, di sopraffazioni, di crociate, di guerre, ecc. Per i cristiani, poi, la croce è “scandalo” e “pazzia” per i non credenti, ma è “potenza di Dio e sapienza di Dio” per i figli di Dio (1 Corinzi 1,23-31). Se si vuole ammansire la croce, renderla un simbolo “buonista”, si stravolge il suo significato. Che si rispetti la specificità religiosa del simbolo, senza caricarlo di significati civili che non gli appartengono.
• Quando si parla di crocifisso non si deve parlare di una tradizione “cristiana” tout court, ma specificamente cattolico-romana. Nella tradizione evangelica, infatti, non esiste il crocifisso (la croce con la rappresentazione del corpo di Cristo appeso), ma la croce semplice. Essa ricorda il sacrificio di Gesù, ma anche il fatto che Gesù è risorto e che è asceso al Padre. Cristo oggi non è più in croce. Il crocifisso (cattolico-romano) è caricato di una sovrastruttura teologica che comporta uno scompenso nella spiritualità. Ad esso, infatti, è associata la legittimazione della venerazione di immagini, reliquie, sindoni ecc. che non onorano Colui che è stato sulla croce.
• L’esposizione del crocifisso è espressione di un progetto politico della Chiesa cattolica, nel suo abbraccio fatale con l’autorità secolare, che rappresenta un modo efficace di “marcare il territorio”
e affermare la propria egemonia nei confronti di tutti gli altri. È un vero peccato che il crocifisso sia strumentalizzato per finalità di potere che nulla hanno a che fare con la laicità dello stato e il significato della croce. Per queste ragioni, pur rispettando le norme di legge, continueremo ad impegnarci affinché i principi di libertà religiosa, di rispetto del pluralismo e di laicità dello stato si affermino sempre più anche nel nostro Paese, pluralista e multireligioso, e in particolare nella scuola pubblica, che si fa paladina dell’accoglienza e dell’integrazione di tutti gli alunni.

tag:

Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it