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Lammily non è così perfetta, un sollievo per molte ragazze normali, come noi. Ha un’altezza media (l’equivalente, in proiezione, di non più di 160 cm e lontana dai 175 cm che le riviste indicano per le donne ‘perfette’) ed è leggermente sovrappeso (anche qui, oltre i 50 kg della ‘perfezione’ patinata), come molte ragazze americane e non solo.

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Il viso di Lammily

Ha, poi, i capelli lunghi, neri e setosi, la pelle bianca con qualche traccia di acne, accenni disegnati di cellulite, piccole smagliature. E’ insomma più vera e umana. Nulla di più lontano dalla solita e stereotipata Barbie, perfetta, bionda, sorridente, alta, proporzionata, magra e longilinea, alla quale eravamo abituate. Ma di che si tratta?

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Lammily ha le misure di una donna media

Parliamo di lei, la bambola in vendita online in America, creata dall’artista e designer di Pittsburgh, il venticinquenne Nickolay Lamm (dal quale deriva, evidentemente, il nome della bambola), che aveva annunciato di voler creare e produrre una bambola dalle proporzioni più ‘umane’ rispetto alla classica Barbie, che rispecchiasse, davvero, la donna statunitense media. Il progetto era partito con un crowdfunding di $95,000 sul website Kickstarter, per finanziare la creazione di 5000 bambole. Andato a buon fine, ben oltre le aspettative. Lamm, che ha confessato come molti genitori gli avessero chiesto di realizzare una ‘creatura’ simile, più vicina alla realtà, è stata appena stata lanciata sul mercato, e con lei una serie di accessori che rappresentano alcune imperfezioni della bellezza femminile: acne, cicatrici, smagliature, cellulite e tatuaggi.

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In costume

La missione è, pare, quella di restituire un’immagine positiva di sé stesse alle ‘imperfette’ teenager Usa e del resto del mondo e avere un giocattolo che assomigli un po’ di più alla ‘ragazza della porta accanto’. Oggi ne sono stati venduti 20000 esemplari. Lammily rappresenta, per il suo faber, l’idea che le proporzioni medie tipiche e reali sono belle. D’accordo, sul principio. Sulle modalità, de gustibus, si direbbe da noi.
Modo originale per alcuni e opinabile per altri (oltre che abilmente commerciale), di dimostrare questo concetto basilare, ma noi non possiamo che prenderne nota. Ai posteri l’ardua sentenza.

La bambola ha capelli lunghi bruni e make up minimo, le proporzioni di una diciannovenne, acne e tatuaggi. Promuove uno stile di vita salutare, con gambe e braccia movibili, ma può indossare tacchi e gonna.

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Tatuata
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Conduce una vita sana
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Con tacchi e tubino
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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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