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Un bigliettino bianco, piccolo piccolo, trovato in buchetta. E’ scritto a mano, due parole in tutto, oneste e dignitose: “Affittasi gentiluomo in aiuto quotidiano alla Persona”. Sì, si tratta di una semplice richiesta di lavoro, come ce ne sono in giro tante al giorno d’oggi, troppe. Ma questa ci incuriosisce perché non è stampata, non ci arriva tramite mail, non ce la troviamo infilata nello sportello dell’auto o attaccata alle vetrine dei bar. E perché chi scrive si definisce “gentiluomo” che si offre come aiuto alla “Persona” con la P maiuscola. In questo biglietto c’è un senso di rispetto non usuale.

gentiluomo
Il biglietto con l’offerta di lavoro

“Gentiluomo perché sono una persona seria, virtuosa, di fiducia”, dice Ernesto al telefono, “Purtroppo di questi tempi la piccola pensione che ricevo non basta e quindi mi offro in aiuto a persone che hanno bisogno di essere affiancate, anziani per esempio, o persone che hanno necessità di spostarsi e non hanno la patente, per mansioni occasionali di fiducia.” Ernesto è ferrarese, della provincia, ha sessantanni, dice che scrive i suoi biglietti a mano perché ha del tempo e sarebbe uno spreco stamparli; dice anche che scrive Persona con la P maiuscola “perché la persona è importante, e io garantisco l’ausilio e il supporto che necessita, mi metto a servizio della persona”.

Ha fatto tante cose nella vita, Ernesto. Fotografo dei bambini ai lidi, con il celebre Mondo Bragaglia, prima che questi diventasse l’uomo di Telemondo, pioniere della tv locale nella seconda metà degli anni Settanta (“mi ha lasciato la sua moto”). E, sempre ai lidi, fotografo di fiducia del pittore Remo Brindisi. “Vivevo in campeggio, gratis, in una struttura venduta ma mai affittata nella quale mi ero trasferito”, ricorda.Poi a Bologna, collaboratore di varie agenzie pubblicitarie e in contatto con i colosso milanese “Armando Testa”.
Negli anni Ottanta, con la moglie decide di aprire un proprio negozio: al centro Diamante inaugura Harmony color e, già che c’è, compra anche l’edicola di fronte. Ben presto però vende l’edicola e in seguito trasferisce Harmony a Ferrara in viale Po. Ma gli acidi per lo sviluppo delle pellicole fotografiche gli creano problemi alla salute. E qui comincia la sua seconda vita: benzinaio della Esso a Occhiobello e anni dopo della Shell in via Modena: “L’ho lasciata dopo avere subito una rapina, non è bello trovarsi un forchettone da grill puntato al fianco”, commenta, descrivendo un’immagine degna di una pellicola di Quentin Tarantino. Ma non è finita. Il nostro Ernesto nel tempo lavora per CoopSer, fa consegne latte a Rovigo e pesce a Bologna.

Moglie, due figli, tanto entusiasmo e voglia di fare. Una quindicina d’anni fa però la salute gli gioca un brutto scherzo: aneurisma all’aorta, un anno di ospedale. Ma Ernesto ha sette vite come i gatti, si rimette in piedi e apre un bar a Occhiobello e poi un altro a Salara (“mi hanno dato una mano i preti”), infine entra all’ospedale di Santa Maria Maddalena, ma stavolta non in veste di paziente. Fa le pulizie e poi dà assistenza ai malati.

Ed è allora che gli viene l’idea: “Ci sono tante persone sole… Io non faccio mica il badante. Ma mi presto per accompagnamento: a fare la spesa, alle visite mediche, anche semplicemente per compagnia o per passeggiate: ci sono tanti anziani che da soli non si sentono tranquilli, per via del traffico o per timore di fare brutti incontri”. E allora arriva Ernesto. E la moglie è contenta? “Mica tanto. Teme che mi affatichi. Mio fratello se n’è andato l’anno scorso all’improvviso per un guaio simile al mio, aveva 58 anni, due meno di me. E’ preoccupata”. Ma lui no, ha voglia di fare. Clienti per la nuova professione? “Non ancora, ho appena iniziato a farmi pubblicità. Mi hanno cercato, ma per tinteggiare la casa o sistemare il frigorifero… Io quelle cose lì non le faccio”. Per ora… Perché il poliedrico Ernesto è capace di tutto. Intanto, però, il nostro gentiluomo si offre “in aiuto alla Persona”.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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