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Bollywood, fusione delle parole Bombay e Hollywood, sta per cinema popolare in lingua hindi e, occasionalmente, in lingua urdu, ma oggi è diventato sinonimo di una tipologia di film commedia che spesso mescolano simpatiche e divertenti (a volte improbabili) storie d’amore, in un ambiente colorato e rilassante oltre che dei set cinematografici indiani. Qui presto sbarcheranno i cartoni animati italiani, grazie ad un accordo tra la T-rex [vedi] e la Odu Movies [vedi]. T-rex produce, insieme a Rai fiction, la serie di animazione “Gino il pollo’” La Odu Movies (di Ivano Fucci e Michele Saragoni, che vivono tra Bombay e Lucca), azienda italiana leader sul mercato cinematografico indiano e cinese, ha recentemente ha avviato uno studio di animazione a Calcutta.
Una bella notizia, oggi che il nostro cinema spopola. Da Cannes all’India.
A sbarcare in India è proprio lui, Gino, “Gino il Pollo”. Ma chi è Gino? “Gino il Pollo” interviene, con un video, il 19 Febbraio del 1995, al convegno “Diritto alla comunicazione nello scenario di fine millennio”, organizzato al Museo Pecci di Prato. Il video “Gino the chicken lost in the net”, scritto e doppiato da Andrea Zingoni (suo creatore, oltre che Ceo, oggi, di T-rex) e realizzato dal gruppo di creativi Giovanotti mondani meccanici [vedi] con un mix di computer grafica e riprese dal vivo di un pollo in carne e ossa, tratta uno dei temi di cui Gino il Pollo si occuperà negli anni a venire: il nascente mondo del web. Lui, come altri, è perso nella rete.
Negli anni successivi, vengono realizzati molti altri video (come “A prayer”, “Help I’m rock”- un omaggio a Frank Zappa – e “Chicken for the devil”), dove Gino non è più ripreso dal vero, ma viene disegnato da Paolo Neri e trasformato in cartoon con tecniche di animazione digitali utilizzando un Commodore Amiga 1000.
Presto i video di vengono acquistati e trasmessi dalla Rai all’interno della trasmissione di scienza e filosofia digitale Mediamente. Nel 2002, Rai Fiction e My-Tv si accordano per co-produrre una serie tv di cui sarà protagonista “Gino il Pollo”, il canterino. Nuovi personaggi si affiancano a Gino e Zingoni crea la famiglia di Andrea Cyberboy, ovvero di Andrea, un ragazzo del mondo reale che grazie alle invenzioni di Nonno Ringo può smaterializzarsi nella rete e, con il nickname appunto di CyberBoy, corre in aiuto del polletto. La serie, animata con il software Toon Boom, composta di 52 episodi di 13 minuti l’uno, viene trasmessa su Rai tre nel 2006, e riproposta più volte negli anni successivi. Le avventure sono tante ma è nel 2014 che Gino sbarca all’Unicef, un bel salto. Ne diventa il messaggero, pronto a promuovere la campagna100% vacciniamoli tutti“, presentata in anteprima alla 17° edizione del festival internazionale dell’animazione televisiva e cross-mediale “Cartoons on the Bay 2014” di Venezia, organizzato dalla Rai-Direzione commerciale, in collaborazione con Rai Fiction e con il supporto di Rai ragazzi e Rai cinema. La canzone “Gino vaccino song” (Brunori/Zingoni) è eseguita da Dario Brunori Sas, testimonial Unicef [vedi] e diventa un piacevole ritornello che molti bambini conoscono. Fra gli altri.
Dopo il viaggio avventuroso nei vaccini, i tanti premi e i tanti viaggi, ora Gino prepara le valigie: è pronto per l’avventura indiana. Buona fortuna e buon viaggio, Gino.
Successo e felicità.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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