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Da MOSCA – Sono curiosa, i bambini e i loro giochi mi sono sempre piaciuti. Se poi si tratta di vedere come si è giocato nell’infanzia, considerata uno dei periodi più belli e spensierati della vita, sono davvero pronta. I giocattoli mi hanno sempre incuriosito, sono l’espressione della fantasia, dei sogni, dell’immaginare quello che si vorrebbe fare veramente da grandi.

infanzia-sovieticainfanzia-sovieticaEccomi, allora, alle porte del Museo della città di Mosca che, dal 28 Novembre scorso al 15 marzo 2015, ospita una mostra dedicata all’’infanzia sovietica’. Qui potrò vedere giochi, libri, vestiti, mobili, che circondavano i bambini dell’Urss degli anni ‘60-‘80. Dal momento in cui si entra in casa, appendendo abiti e guantini, fino a quando si gioca con pentolini, bambole e macchinine, si ascolta la radio e si guardano i cartoni animati alla televisione.
Quando siamo bambini, non si hanno preoccupazioni e problemi, non ci affannano un lavoro da trovare o da coltivare, una famiglia da sfamare e ci si può dedicare a giocare con gli amici, a mangiare, a dormire, insomma a godersi la gioventù, se si ha la fortuna di nascere nel posto giusto (con questo pensando almeno a un Paese dove non ci siano guerra ed estrema povertà…). Cosa non daremmo per tornare a quegli anni spensierati!

infanzia-sovieticainfanzia-sovieticaLa mostra che mi trovo davanti ci presenta quanto hanno in comune generazioni di moscoviti, nonostante le loro differenze di stili di vita e di interessi, pur nei cambiamenti del paese e delle città avvenuti nel tempo. Molti sono cresciuti tutti sugli stessi libri, imitato gli stessi eroi del cinema, comprato per decenni gli stessi giocattoli. Oggi la vita è diversa, si comprano nuovi giochi, ma per molti moscoviti l’esperienza infantile li unisce e li accomuna. La mostra vuole ricordare un mondo infantile ricco e variegato, un’ideologia sovietica che si prendeva molta cura dei bambini, per vederne gli aspetti positivi.

infanzia-sovieticaMolti di noi, per restare alla mia generazione, coglieranno elementi comuni della nostra infanzia (e suona strano ritrovarne alcuni elementi in una mostra… siamo già, ahimè, da esposizione ???), se non altro perché, con gli stessi giochi, non avevamo preoccupazioni, inquietudini o paure, provenienti dal mondo esterno, stavamo all’aria aperta, trascorrevamo l’intera giornata fuori casa a giocare, andando in bicicletta, pattinando, rincorrendoci, giocando a palla, a tennis e a nascondino o semplicemente passeggiando.

infanzia-sovieticainfanzia-sovieticaNon esistevano telefonini né custodi e ci era permesso andare ovunque desiderassimo senza doverlo dire ai nostri genitori, bastava rimanere nel quartiere, finché mamma ci chiamava dalla finestra. Anche noi facevamo parte degli scout, o della banda delle giovani marmotte, se pur con una filosofia ideologica diversa da quella del partito comunista sovietico, che addestrava i propri membri sin da giovanissimi (dalla prima elementare, ai bambini veniva conferito il titolo di “oktyabrenok”, “figlio dell’Ottobre Rosso”, e consegnata una piccola spilla a forma di stella sulla quale c’erano Lenin da bambino e la scritta ‘sempre pronto’). Si diventava poi ‘pionieri’, con al collo una sorta di bandana rossa).

infanzia-sovieticaAnche a noi, però, come a quei giovani ‘pionieri’, s’insegnava a prenderci cura e a proteggere la natura, a sopravvivere nei boschi e ai ruscelli. Una delle attività preferite dei ‘pionieri’ sovietici era quella di fingersi infermieri e curare gli alberi. Armati di valigette della Croce Rossa fornite di bende, forbici, cotone e disinfettante, i bambini partivano in missione per ‘curare gli alberi’. E quando trovavano dei rami rotti, dei tronchi piegati o dei cespugli spezzati applicano disinfettante e fasciature. Era un gioco che faceva sentire bene e sviluppava un senso di attenzione e amorevolezza. Se ci si faceva male, i rimedi della nonna erano pronti a soccorrerci. Noi in Italia come loro in Urss. Noi andavamo in villaggi a piedi di Alpi o Dolomiti, loro nelle foreste siberiane. L’importante era, per tutti, il contatto con la natura, conoscerla, toccarla e conviverci, respirare aria fresca e pura e starsene lontano dalla città.

infanzia-sovieticaLa disciplina c’era, orari, ginnastica e regole. Ma un po’ ci vuole e l’ideologia sovietica dava molto peso ad essa. Il tempo ai campeggi era organizzato in base a un programma quasi di tipo militare: sveglia alle sette, ginnastica e poi colazione tutti insieme, prima di dedicarsi ad attività manuali, alla musica o alla danza. Le giornate trascorrevano così, semplici. Il momento più bello era la sera, quando con la chitarra ci si sedeva accanto al falò per cantare o fare giochi di gruppo. Lo ricordiamo anche noi. Molti giocattoli, poi, che vediamo qui sono davvero simili a quelli dei nostri anni ‘70. Non si è tanto diversi, quando si è bambini.

infanzia-sovieticaNella mostra di Mosca, si espongono pure tanti libri: il retaggio più prezioso dell’epoca sovietica è rappresentato dalla diffusione dell’istruzione gratuita. Per i cittadini sovietici il socialismo si tradusse nell’opportunità di studiare, imparare e conoscere. Belli poi i manifesti che ricordano ai bambini l’importanza dell’igiene quotidiana (lavarsi regolarmente i denti, fare esami della vista, avvertendo la maestra se non si vede bene…).

infanzia-sovieticaDopo un periodo in cui si è demolito tutto quello che aveva a che fare con quell’epoca, oggi la maturità di una riflessione culturale più attenta e oggettiva ne fa risaltare i valori positivi. Perché non è tutto da dimenticare e da gettare alle ortiche. Il bello di questa mostra è proprio questo, l’aver saputo cogliere la bellezza di quell’infanzia, da ricordare, nei suoi valori e nella sua allegra e leggera spensieratezza. Vale per loro, come per noi.
Se poi l’anziana signora all’uscita ti chiede se la mostra ti è piaciuta, e, in tal caso, di tornare con i tuoi amici, significa che un po’ di nostalgia c’è e che può fare anche bene…

“Infanzia sovietica”, al Museo della città di Mosca, Bd. Zubovsky 2, fino al 15 marzo 2015, visita il sito della mostra [vedi].

Ringrazio la responsabile dell’ufficio stampa del Museo di Mosca, Anastasia Fedorova, e la guida del Museo, Anna Ludina, per avermi condotto in questo viaggio nel passato e per averci fornito alcune delle foto (le altre sono di Simonetta Sandri).

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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