Skip to main content

Zoldo, dolomiti bellunesi, interno bar. Un uomo già un po’ avanti con gli anni, vicino al camino acceso e con in mano un calice di buon rosso, dice che hanno eletto il nuovo presidente e che si chiama Mozzarella. Per la precisione, il suo dire è intercalato da evocazioni di nostrosignore ritmicamente accostato ad un quadrupede noto, peraltro, per l’incrollabile e scodinzolante fedeltà all’uomo.
Può darsi che il frutto della vite abbia avuto la sua influenza sull’eloquio dell’anziano signore, in ogni caso non di molle latticino si è trattato ma di Mattarella, Sergio Mattarella. La sua elezione al Colle è stata preceduta da settimane di convulse previsioni sui numerosi e possibili papabili.

Nell’inflazione delle analisi, quella del vecchio socialista Rino Formica è sembrato un ruvido presagio. Evocando il Patto del Nazareno, il capo dello Stato avrebbe dovuto avere le sembianze di chi si sarebbe messo in posizione accomodante rispetto alle convenienze dei due contraenti: da un lato interessi aziendali e agibilità politica, dall’altro non intralciare il manovratore di Palazzo Chigi nel suo processo riformatore a passo di bersagliere.
Se questo era l’identikit, bisogna riconoscere che il volto, e la storia, di Sergio Mattarella uscito dal cilindro della politica italiana non corrisponde.
C’è da credere, quindi, che ci sia del malumore tra le file di Forza Italia rispetto a un uomo dalla schiena dritta che, caso unico nella storia della Dc, si dimise da ministro nel luglio 1990 quando il suo presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, pose la fiducia sulla legge Mammì per la regolamentazione del mercato televisivo, sancendo di fatto la posizione di Berlusconi e delle sue tv.
Il motivo di quel rifiuto è stato riportato da tutti i commentatori con tanto di virgolette: “La fiducia per violare una direttiva comunitaria è inaccettabile”.

Pare che Ciriaco De Mita abbia detto di lui, riferito alla flemma, che in confronto Arnaldo Forlani era un movimentista, però uno che dà l’idea che la sera prima di addormentarsi invece di contare le pecore scorra minuziosamente gli articoli della Costituzione, qualche preoccupazione può darla.
Quanto poi di quei mugugni azzurri siano teatro o vera ruggine, da lontano si fa fatica a capire. Come sia possibile che il mago di Arcore, per un ventennio vincitore incontrastato in ogni mano di poker, sia uscito malconcio da questa partita con il giovane premier, per quanto astuto e talentuoso, lascia qualche dubbio.
Come non convince la lettura di un nome che ha avuto lo scopo, innanzitutto, di ricompattare un Pd ultimamente percorso da troppi mal di pancia. Usare persino la prima carica dello Stato per un fine così di parte, sembrerebbe un orizzonte troppo affetto da presbiopia.

A prima vista dà invece meno problemi di lettura la posizione delle truppe grilline, ancora una volta come la temperatura di Stoccolma ai tempi del colonnello Bernacca: non pervenuta.
Il problema, qui, non è tanto l’ennesimo autobus perso, ma per quanto tempo ancora quel venti per cento di elettorato di riferimento continuerà a cercarne un altro o se deciderà, prima o poi, un diverso mezzo di trasporto, magari cingolato. Molto dipende da chi si deciderà a prosciugare, almeno in parte, l’acqua del malcontento e del rancore rovesciata sul pavimento, scivoloso, del Paese.

Altra storia ancora è il testacoda dell’Ncd, forza di governo che però gioca la partita Quirinale con Forza Italia per poi convergere all’ultimo su Mattarella.
Può darsi che qualcuno abbia perso qualche passaggio di questo travaglio, ma forse non vale nemmeno la pena scervellarsi per le strategie di un partito che dà l’idea di andare dritto verso l’implosione.

Comunque sia, Sergio Mattarella è il dodicesimo presidente della Repubblica (eletto con una maggioranza che ha sfiorato i due terzi degli elettori, nonostante la quarta votazione nella quale bastava quella semplice) e i primi gesti hanno già lasciato il segno.
Una prima, breve, dichiarazione ai microfoni per ricordare le sofferenze e le speranze degli italiani. E’ parsa una citazione della Gaudium et Spes, il documento del Concilio Vaticano II sul mondo contemporaneo. Ma soprattutto pochissime parole, in una politica italiana insopportabilmente ciarliera.

Poi ha preso la sua Fiat Panda per andare a rendere omaggio alle vittime delle Fosse Ardeatine. Come dire: qui sono le radici della Costituzione.

In quell’utilitaria, così senza corteo e pompa istituzionale, c’è già chi ha visto una probabile dieta Bergoglio, per un Quirinale che nel libro “La Casta” del duo Rizzo-Stella quanto a costi starebbe sopra a Bukingham Palace. Infine il suo discorso d’insediamento a Montecitorio, prima del giuramento, nel quale se il nuovo capo dello Stato si riconosce nella figura di arbitro imparziale, aggiunge subito dopo che “i giocatori lo aiutino con la loro correttezza”.

tag:

Francesco Lavezzi

Laurea in Scienze politiche all’Università di Bologna, insegna Sociologia della religione all’Istituto di scienze religiose di Ferrara. Giornalista pubblicista, attualmente lavora all’ufficio stampa della Provincia di Ferrara. Pubblicazioni recenti: “La partecipazione di mons. Natale Mosconi al Concilio Vaticano II” (Ferrara 2013) e “Pepito Sbazzeguti. Cronache semiserie dei nostri tempi” (Ferrara 2013).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it