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Mia madre ha un solo fratello e una sola cognata: lo zio Giovanni Ghepardi e sua moglie Ester. Gli zii hanno tre figlie: Ines, Bella e Guenda Ghepardi, che sono le mie cugine. Ines e Bella sono due ragazze bionde con gli occhi azzurri, simpatiche e socievoli. Gestiscono un bar a Cremantello in provincia di Varese, mentre Guenda fa tutt’altro.
In questo periodo di Covid-19 al bar di Ines e Bella è successo di tutto: prima hanno cominciato ad ammalarsi clienti e non si sapeva cosa avessero, poi è arrivata la clausura, poi la riapertura di solo qualche ora al giorno per i tabacchi, poi la riapertura di sei ore al giorno con distanziamento sociale, poi la riapertura definitiva sempre con distanziamento sociale.  Per fortuna il bar Ghepardi è dotato di uno spiazzo antistante il locale dove è possibile mettere tavolini.  Può così ospitare clienti senza ridurre gli accessi in maniera tanto drastica da rendere inutile la riapertura.

Uno dei clienti più assidui del bar è Costantino, guardiano del museo della ceramica di Cremantello.
Costantino ha una gamba sola, una necrosi ossea ha portato all’amputazione dell’arto sinistro quando aveva vent’anni. Ora ne ha sessanta. Al posto della gamba amputata ha una protesi che lui ogni tanto toglie, appoggiandola al muro più vicino e poi dimenticandosela. Resta tranquillo con una gamba sola e non sa più che l’altro arto non è al suo posto “usuale”.  Quando si rende conto che è ora di andare a casa, non sempre ha voglia di riposizionare l’arto finto e chiede a Ines di  riportarlo a casa. E’ già successo più volte. Ines carica Costantino e la sua gamba sulla sua Twingo e li porta a destinazione. Sono solo cinque minuti di macchina. Bella invece non vuole sapere nulla della protesi di Costantino, credo che le faccia impressione.

Costantino dice che ciò che è importante non è la gamba finta, ma quella vera, visto che ne ha solo una. Credo sia proprio così. Avere una sola gamba, una sola mano, un solo occhio, un solo rene, cambia la vita delle persone. Noi non siamo una mente che prescinde dal corpo. Noi siamo mente e corpo insieme. Se cambia il corpo, cambia anche la mente. Cambia il modo in cui noi percepiamo noi stessi, cambia il modo in cui noi ci approcciamo agli altri e soprattutto cambiano le nostre aspettative nei confronti del mondo. Inoltre resta la paura per ciò che potrebbe succedere al corpo rimasto. Una volta ho provato ad approfondire la questione con Costantino.
E’ come pensavo. Costantino ha cambiato vita nel periodo dell’amputazione. Ha smesso di amare il mondo per come l’aveva sempre amato ed ha dovuto da solo ritrovare il senso dell’esistere. Mi ha raccontato che ha passato un intero anno a guardare la gamba che non c’era. Le parlava addirittura: “Gamba mia, perché te ne sei andata, come potrò vivere senza di te?. Tu che eri parte di me più della mia vita, più del mio sangue e delle mie ossa. Come potrò alzarmi al mattina e non vederti con me, sapere che te ne sei andata per sempre?. So che a volte può capitare, ma ora sono qui solo in questa stanza e guardo il vuoto. C’è uno spazio tangibile che prima era occupato da te e che ora non appartiene più a nessuno: come faccio a gestire un posto che prima era tuo e ora è solo del vento?.” Povero Costantino ha sicuramente passato un periodo molto brutto, era anche molto giovane.

Sua sorella ha raccontato a Ines che, dopo il primo periodo di “quasi-autismo”, Costantino ha ripreso a camminare con le sue gambe: a destra quella di carne, a sinistra la protesi. Su e giù per Cremantello con le stampelle, intanto che il cervello e i muscoli si abituavano alla nuova situazione. Si trascinava con il nuovo arto che non aveva niente di simile al precedente e che non gli piaceva per nulla. Era duro, insensibile, poco adattabile ai cambiamenti, si lasciava dimenticare.
Costantino camminò tanto con quell’arto finto, ma così tanto, che alla fine lui e la protesi diventarono familiari e nell’imparentarsi, si riappacificarono.  Arrivarono a quella specie di indifferenza che li contraddistingue attualmente. Una coppia di fatto, mia troppo felice. A Costantino non importa molto della sua gamba finta, dice che a lei non importa nulla di essere dimenticata.

Sempre curiosa la vita degli uomini.  Nelle menomazioni che possono capitare e nel conseguente riadattamento, c’è sempre molto dolore. Il sentirsi diversi, sfortunati, perseguitati, brutti fa molto male. Un “brutto” che dipende dalla diversità è ancora più drammatico.

In questo momento sono al bar Ghepardi. E’ pomeriggio inoltrato, fa caldo. Guardo i clienti che vanno e vengono, la macchina del caffè che sbuffa mentre lavora a pieno regime. Costantino è là con la sua gamba finta. Se ne sta seduto, parla con tutti, gioca a carte. Chissà come sarebbe stata la sua vita con entrambe le gambe. Magari sarebbe diventato un podista, un motociclista, un grande scalatore. Oppure no, sarebbe comunque stato un guardiano di ceramiche.
Ines dice che Costantino le piace, peccato che abbia sessant’anni e sia troppo vecchio per lei. Dice anche che a lei della protesi non importa nulla e nemmeno della gamba sinistra che non c’è. Costantino sa che è così, per questo va sempre al bar Ghepardi.

Una sera, il giorno del compleanno del guardiano di ceramiche, tutti i clienti più assidui del bar si sono legati una gamba con una corda,  dopo averla girata all’insù sotto il ginocchio, in modo da tenere il piede fermo incollato alla coscia e da sembrare tutti degli amputati. Come tante gru addormentate che stanno su una gamba sola, così i clienti del bar sono diventati tanti Costantini. Quando il vero Costantino è arrivato al bar, ha capito subito cosa stesse succedendo e ha ringraziato per gli auguri. Però non ha riso come gli altri speravano. Il vedere tanta gente come lui non l’ha divertito troppo, anche se ha apprezzato lo scopo buono dell’iniziativa.
Ines ha stappato una bottiglia di vino e tutti sono rimasti in bilico su una gamba sola fino all’orario di chiusura. La mattina dopo al bar c’erano pochissimi clienti. Quello strano tenersi in equilibrio come delle gru senza esserci abituati, aveva lasciato alcune conseguenze. Nella notte erano comparsi ai festaioli dolore ai fianchi, alla schiena e alle gambe. La posizione tenuta il giorno prima li aveva temporaneamente messi fuori combattimento.
Uno dei pochi cliente di quella mattina deserta fu Costantino con la sua gamba finta.  Come al solito, dopo un po’ si levò la protesi, dicendo a Ines: “Al Ghepardi oggi c’è una sola gamba buona, quella che è rimasta a me. In questo momento voi di arti buoni non ne avete, quindi per una volta quello messo meglio sono io”. Poi ha sorriso divertito. Era in vantaggio di una gamba su tutti.  Ines e Bella si sono rasserenate.
E’ brillato il sole sul bar Ghepardi, ed era particolarmente bello.

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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