Skip to main content

Da Pietro

Voglio leggervi una lettera. Una lettera che parla della mia generazione, tutte quelle persone che sono nate tra la metà degli anni ’70 e la fine degli anni ’90, quelli che oggi hanno grossomodo tra i 20 e i 40 anni, ed è indirizzata a tutti quelli che ci guardano perchè noi siamo il futuro del Paese, ma che ancora non si fidano del tutto di noi.
Noi siamo stati chiamati in tanti modi. Generazione y, millennials, tanti nomi perchè in fondo chi ci guardava da fuori non ci ha mai capito. La realtà è che siamo la generazione del “nonostante tutto”.

Perché noi siamo quelli che nonostante tutto ce la stanno facendo.
All’inizio sembrava tutto perfetto. I nostri genitori avevano un lavoro e il futuro sembrava assicurato. Poi mentre crescevamo tutto è cambiato all’improvviso e lì per lì non ce ne accorgemmo. Il muro di Berlino che cadeva in diretta Tv. Tangentopoli e Mani Pulite. Il rumore del modem 56k che si diffondeva in casa. L’11 settembre del 2001. Un ordine che era lo stesso da 50 anni si stava sgretolando.

Poi siamo cresciuti e abbiamo fatto l’università perchè ci avevano raccontato che bastava prendere una laurea per avere un posto fisso, guadagnare dei soldi, fare un mutuo e mettere su famiglia. Invece no, non è stato così. Ci siamo trovati ad affrontare un mondo che non eravamo stati preparati ad affrontare. Non è stato facile, anche perchè mentre ci attrezzavamo per prendergli le misure dovevamo sorbirci pure quelli che ci dicevano che era colpa nostra se non riuscivamo ad avere “successo”, se non compravamo la casa, se non ci sposavamo. Ci davano dei bamboccioni.

Non ci siamo abbattuti. Ci siamo evoluti. Abbiamo cambiato mentalità. Ci avevano detto che dovevamo seguire dei binari prestabiliti, ma poi ci siamo accorti che era un binario morto. E allora abbiamo spiccato il volo. Abbiamo mollato i vecchi metodi e abbiamo cominciato a cercare nuove informazioni su internet e le abbiamo trovate. Abbiamo fatto i camerieri per pagarci gli studi. Abbiamo speso un sacco di soldi in affitto, mezzi pubblici e cellulari. Ci siamo inventati nuove professioni. Abbiamo creato startup. Abbiamo fallito innumerevoli volte. Abbiamo viaggiato come mai nessuna generazione prima di noi. Abbiamo imparato le lingue. Siamo andati all’estero a fare esperienza perchè qui le porte erano aperte solo per i “figli di” o per quelli che avevano il doppio dei nostri anni e non avevano nessuna intenzione di mollare il loro posto.

Il mondo è cambiato e allora noi siamo cambiati assieme al mondo, adattandoci ai nuovi contesti. E ora siamo diventati grandi. E vogliamo rivendicare il diritto a guidare il cambiamento di cui il Paese ha bisogno.
Perchè il mondo è cambiato, noi siamo cambiati, ma l’Italia è sempre la stessa. Quelli che comandano, quelli che si candidano a governare sono sempre gli stessi da 20 anni. La mobilità sociale non esiste, i più ricchi di oggi sono gli stessi del secolo scorso. E questo succede solo in Italia. Questo Paese non cambia e non si adatta al mondo perchè chi comanda non vuole cambiare e ci sta portando sempre più giù. Per una evoluzione della specie devono cedere il passo. Non è una minaccia, è una legge biologica, ed è la storia a dircelo.

Noi abbiamo il dovere di cambiare questo Paese, abbiamo la responsabilità di dotarlo delle nostre competenze per farlo entrare dalla porta principale nel mondo che è cambiato. Perché così com’è non si va da nessuna parte. Chiedete a un burocrate di scrivere una poesia. Non ci riuscirà mai.

Il mondo di oggi è caratterizzato dall’incertezza, ma quello che lo rovina è l’assenza di solidarietà. L’orologio dell’apocalisse oggi segna 2 minuti. Vuol dire che ci vogliono 2 minuti per distruggere tutto il mondo. Noi viviamo in quest’epoca di precarietà estrema. Ci siamo adattati, sappiamo cavalcare questa tigre e vogliamo farlo con due obiettivi fondamentali: la massima qualità della vita e il massimo senso della comunità. Vogliamo un lavoro, vogliamo una famiglia, vogliamo una casa. Ma con il Sistema che c’è adesso non lo avremo

tag:

Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it