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Godendosi la Spal i meritati ozi, ci basterà buttare un occhio al calciomercato e l’ altro ai lavori per il potenziamento dello stadio? Assolutamente no: per attraversare questa torrida estate serve un sport cittadino di riserva. E forse qualcuno l’ha già trovato; ecco un nuovo esercizio cui appassionarsi: il tiro della giacchetta del monsignore. Sto parlando ovviamente del novello arcivescovo di Ferrara Giancarlo Perego.

Il primo calcio – o era solo uno scappellotto? – l’ha assestato Cristiano Bendin, suo il commento in prima pagina del Carlino di Ferrara di domenica 19 giugno. Già il titolo, ossequioso ma imperativo, indica subito la direzione che la giacchetta di Perego dovrebbe prendere: ‘Eccellenza vada in Gad’.
Bendin ricorda le primissime uscite del vescovo: la visita ai carcerati di Arginone, agli ammalati di Cona e agli ospiti del centro Caritas di via Brasavola. Il nostro columnist riconosce il “bel gesto”, ma non ne pare entusiasta. E’ però disposto a giustificare l’avventatezza e l’inesperienza di Perego. E’ appena arrivato, non conosce Ferrara e in fondo, scrive Bendin, la sua prima mossa “è coerente con la sua sensibilità e la sua storia personale l’apprezzamento dell’arcivescovo per il disegno di legge sullo Ius soli”. Monsignor Perego – che è anche direttore di Migrantes, diretta emanazione della Cei – proprio due giorni prima era infatti su tutta la stampa nazionale con una dichiarazione tutt’altro che diplomatica: “La legge va approvata, è una battaglia di civiltà”.
Si sa, Cristiano Bendin – e tutto il suo giornale – sulla ius soli la pensano all’inverso. Ma meglio evitare lo scontro diretto, quello che si può fare è tirare la giacchetta al monsignore. Che deve fare il nuovo vescovo per farsi perdonare le mosse avventate della prima ora, per rimettere in equilibrio (politico) i due pesi della bilancia? Ecco qua: “Se potessimo suggerire a Perego un’ulteriore tappa, gli consiglieremmo un giretto in Gad, l’ex quartiere Giardino oggi funestato da frequenti episodi di microcriminalità, oltraggio al decoro e scarso rispetto per le regole della civile convivenza”. E chi deve visitare questa volta il vescovo? “Eccellenza – prosegue Bendin – in questo quartiere abitano persone che sperimentano sulla propria pelle le difficoltà di una convivenza con una parte degli stranieri (non tutti) [grazie della concessione], alcuni di questi ferraresi – esasperati, umiliati e stanchi – vengono etichettati come razzisti e xenofobi con spavalda faciloneria… Sarebbe bello che lei potesse trascorrere qualche ora con loro, ascoltando le loro storie, le loro paure, senza pregiudizi politici”.

Sono sicuro che l’arcivescovo si recherà una e più volte in Gad. Sua sponte, senza bisogno del consiglio e del pregiudizio politico del paladino dei più arrabbiati. Credo che visiterà gli abitanti di questo “buco nero” di Ferrara e della sua Amministrazione (e questa volta Bendin ha ragione a chiamarlo così), ma visiterà tutti i residenti, cittadini italiani e stranieri, quelli che a Ferrara sono nati e i nuovi arrivati, scampando guerre e fame.
Il nodo Gad va finalmente affrontato, non attraverso polizia o vigilantes, ma con un piano di grande respiro (economico e sociale), che chiami i residenti (tutti) a essere protagonisti di un nuovo modo di abitare.
Per favore, non tirate la giacchetta a Monsignor Perego, ha già qualcuno ‘più in Alto’ a cui rispondere. Sa bene chi sono i primi da incontrare e da soccorrere: gli ultimi, i poveri, i carcerati, gli ammalati, gli stranieri (Matteo 25). Molti di questi ultimi (italiani e stranieri) abitano in un quartiere abbandonato a sè stesso come il Gad. Non credo che il vescovo si limiterà a “farci un giretto”, tantomeno (è quello che spero) si curerà di stare in equilibrio tra le parti nel rovente dibattito politico che sta incendiando Ferrara. Seguirà il Vangelo, non Il Resto del Carlino.

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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Francesco Monini
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