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luigi_annibaldiEntrare nel mondo di Luigi significa non volerne più uscire, rimanere incatenati a una fantasia sfrenata che attira anche i più timorosi. Qualcuno li chiama flash fiction per l’estrema brevità, in questo caso 62 brevi racconti in sole 112 pagine, titolo compreso. Scenari ironici e fanta-reali che estraniano il lettore, momenti avvolgenti che portano a un mondo strano e unico che fa sentire, nei propri pensieri, lo sguardo curioso di uno scrittore fuori dal coro. Parliamo di “Sushi Pin-up”, del giovane Luigi Annibaldi, uno di quei libri che stupiscono fin dalle prime pagine, che fanno immediatamente comprendere come l’ironia sia una perfetta e immediata medicina. Giochi di parole con una verve inventiva originale.
Se avete qualche pensiero, qualche preoccupazione o disagio, prendetevi un paio d’ore, allora, e perdetevi tra queste pagine. Non avrete un attimo, infatti, per distrarvi e pensare minimamente a qualsiasi cosa di negativo che vi possa turbare. Annibaldi crea scenari surreali, spigliati, allegri e imprevedibili, spesso esilaranti e inaspettati. Un mondo che vi avvolgerà millimetricamente, che vi invischierà, increduli, nelle situazioni più paradossali e inimmaginabili.
sushiPasserete, sempre ridendo, dalla piccola donna in posa da pin-up nel piatto di sushi cosparso di soia, al vivace bambino a scuola che si diverte a urlare la parola “cacca”, strettamente proibita a qualsiasi giovane che stia crescendo, all’uomo che, starnutendo, fa uscire la sua anima dal naso, fino all’aggiustadifetti che, disoccupato, per dispiacere, si difetta. Per non parlare, poi, del testamento invisibile di un uomo invisibile, morto investito da una macchina che non l’ha visto attraversare: una bella pagina bianca. Geniale. Il mio preferito. In questo mondo, quando, in Paradiso, un’anima subisce un torto da un’altra anima, regolerà i conti reincarnandosi nel neonato più paffuto e robusto di tutti. Se il punto di vista è quello di un cane, si potrà comprendere quanto è triste e dignitoso non permettere al padrone di essere abbandonati. Ci sono, anche, la porno croupier, l’uomo perfetto, la regina dell’uva, il vicino di casa, la donna che vive una perfetta vita immaginaria, l’uomo che vuole farsi spuntare i capelli dal barbiere e che, invece, si fa tagliare via il naso, il caffè che fa strane bolle, il signore col singhiozzo, il professore che perde la voce, i vecchietti che si lamentano alle poste (e ovunque). Da qualunque racconto si inizi, qualunque pagina si decida di scorrere, la sorpresa è tanta e si resta, comunque, attoniti. Ci si ritrova, sempre, in un altro mondo. Davvero divertente.
Uno scrittore curioso, originale e unico. Da scoprire.

Luigi Annibaldi,, Sushi Pin-Up, Omero edizioni, 2013,, pag.106

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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