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2. SEGUE. Il Nuovo Testamento suggerisce nei suoi vari episodi la possibilità di un atteggiamento maggiormente empatico nei confronti dei bambini.
Se nell’età classica il fanciullo era considerato un essere umano imperfetto e destinato spesso a morte prematura, nell’iconografia della Strage degli innocenti le lacrime e lo strazio delle madri evidenziano un rapporto affettivo di amore e di compassione precedentemente tenuto celato nell’intimità. Così i bambini entrano nella storia e cominciano a occupare un posto nella società in relazione alla loro età e in un mondo separato da quello degli adulti, non più oggetto inconsapevole, ma piuttosto soggetto al centro di differenti dinamiche sociali, culturali e relazionali.

Le fonti storiche visive documentano che anche in età medievale il sentimento dell’infanzia spingeva ad accordare maggiore importanza alla realtà bambina. La sua presenza nel contesto artistico era inizialmente individuabile nelle piccole dimensioni del corpo, nelle sembianze di putti alati, di angeli e cherubini perché percepiti come simbolo di purezza e innocenza. Non erano ancora raffigurazioni naturalistiche come non lo saranno le tante immagini della Madonna con il Bambino; pur tuttavia una evoluzione in senso naturalistico e sentimentale appare nell’iconografia sacra già a partire dal XIII secolo nella pittura di Giotto, negli episodi dell’infanzia di Gesù e di Maria.

Con Giotto (1267-1337), le arti visive si appropriano dell’infanzia.
Nella Cappella degli Scrovegni a Padova, il tema della Natività e della Madonna con il Bambino è ispirato dalla visione realistica dell’infanzia da un lato e dall’altro dall’idealizzazione della capacità del bambino di amare e di essere amato. I Vangeli dell’Infanzia di Luca e Matteo, che narrano le vicende della nascita di Gesù, costituiscono il nucleo delle rappresentazioni della Natività da cui Giotto trae spunto anche per ricostruire l’ambiente di contorno. Di fatto l’icona del sacro neonato testimonia più l’immaginario del mondo adulto che l’universo infantile; pur tuttavia, tracce di un nuovo modo di rapportarsi con l’infanzia sono evidenti nel realismo con cui spesso sono documentati i segni infantili, le modalità di accudimento, l’espressività dei volti, l’anatomia e la gestualità del bambino.

Giotto, Natività. Padova, Cappella degli Scrovegni
Giotto, Natività. Padova, Cappella degli Scrovegni

Nella Nascita di Maria nella parete nord della Cappella degli Scrovegni a Padova (1303-1304), la madre Anna seduta sul letto riceve dalle mani della levatrice un fagottino tutto fasciato: è Maria completamente avvolta da leggere bende di lino per proteggere la fragilità del suo corpo appena nato, secondo norme di puericultura in uso all’epoca e che si tramanderanno per secoli.
La rappresentazione della cura della neonata lavata ai piedi del letto già vuole significare che il bambino inizia ad essere percepito come un bene prezioso da difendere e da proteggere.

Giotto, Natività. Padova, Cappella degli Scrovegni
Giotto, Natività. Padova, Cappella degli Scrovegni

Anche la Nascita di Gesù viene narrata nei più piccoli particolari quasi fosse un avvenimento appena accaduto, partendo dall’intensità umana del gesto di accoglienza con cui la madre riceve tra le sue braccia il bambino. Nel volto della madre si colgono anche l’attenzione e la concentrazione permeata d’amore e di ansia a premonizione del futuro sacrificio. Il bel profilo di Maria, forse il profilo più dolce di donna mai dipinto, suggerisce un racconto visivo fortemente mistico.
Il culto di Gesù Bambino diventa così simbolo dei sentimenti riguardanti l’infanzia e oggetto privilegiato di devozione ma anche di amore umano. La riduzione di Gesù a neonato veicola in Giotto quei sentimenti di tenerezza suscitati dallo stato infantile nei primissimi anni, permettendo l’umanizzazione del Salvatore.

2.CONTINUA

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Anna Maria Baraldi Fioravanti

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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