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3. SEGUE. Il tono contemplativo di molte immagini della Madonna con il Bambino (Madonna della tenerezza), associa al tema dell’amore materno quello del mistero divino che s’incarna tra le braccia della madre Maria.

Dalle solenni icone di tradizione orientale con il figlio di Dio che guarda affascinato la bellezza della donna prescelta, alle scene intime della pittura occidentale, dove il piccolo Gesù gioca con Maria o cerca il latte dal suo seno, il messaggio risulta chiaro. Il Dio dell’amore ha voluto imparare i gesti dell’amore umano da una donna: si è fidato del suo affetto, ha ricevuto e dato carezze, ha soddisfatto la sua fame nella sua bontà e famigliarità.

La ricca produzione di opere di Madonna con Bambino e il loro successo presso la committenza, si fondano sull’abilità dell’artista di umanizzare il rapporto Gesù-Maria con un tale convincimento da risvegliare la nostra immaginazione e contemporaneamente il nostro desiderio di spiritualità.

Nella storia dell’arte la pittura di Madonne inizia con una leggenda. Il primo ad aver dipinto un ritratto di Maria è stato l’evangelista Luca – che la leggenda narra fosse anche pittore – determinandone il modello iconografico a mezza figura della Vergine con il piccolo Gesù in braccio, particolarmente diffuso nei secoli XV e XVI  nell’arte veneta e fiamminga.

Forse mai alcun artista è stato così intimamente associato al tema della Madonna con il Bambino come il veneziano Giovanni Bellini (1434-1516). Quando a metà del Quattrocento iniziò a produrre immagini di Madonne per la devozione privata, scelse il formato a mezzo busto utilizzato da San Luca per indicarne la caratteristica del ritratto, pur mescolando elementi naturalistici ad elementi evocativi: come il parapetto in primo piano che mette in prospettiva le due sacre immagini, ma è anche elemento stesso di separatezza del mondo sacro dal quotidiano. Inoltre il davanzale si trasforma in altare, dove le sfere del sacro e del terreno si incontrano, dove il sacrificio di Gesù viene ritualizzato nella celebrazione della messa. Altre volte, l’altare parapetto allude alle metafore della tomba e della stessa Vergine Maria perché in entrambe Gesù è stato rinchiuso e da entrambe è nato, come neonato nella natività,come Salvatore nel sacrificio eucaristico.

Giovanni Bellini, Madonna Lochis. Bergamo, Accademia Carrara
Giovanni Bellini, Madonna Lochis. Bergamo, Accademia Carrara

Nelle immagini di Giovanni Bellini colpisce la bellezza della Vergine velata da toni di tristezza e riflessione. Colpisce l’ovale delicato dominato da grandi occhi scuri che guardano all’interno, raramente diretti al Bambino o all’osservatore. Sono immagini di un distacco che non è indifferenza, ma prescienza e ci suggeriscono i significati più squisitamente intimi di Maria che presenta il figlio alla nostra adorazione.

L’illusionistica tensione tra il mondo dell’osservatore e il mondo del divino costituisce il punto focale drammatico della Madonna Lochis (1475), dell’Accademia Carrara di Bergamo. Lo sfondo del dipinto, ricoperto da un ombroso tessuto rigidamente pieghettato, racchiude la scena con il risultato di focalizzare l’interesse sul gruppo Madonna-Bambino che sembra spinto in avanti, quasi fuori dallo spazio dipinto. Il manto blu scuro della Vergine copre solo in parte il robusto corpo inquieto di Gesù che, nella squilibrata torsione, sembra evocare l’immagine del Cristo adulto caduto sotto il peso della croce nella salita al Calvario, mentre le mani di Maria richiamano l’attenzione sui genitali del bambino parzialmente scoperti. Qui, come in altri frequenti casi, la nudità del sesso sembra voluta per ricordare il sacrificio di Gesù reso possibile dalla sua incarnazione e può essere messo in relazione con un episodio descritto nelle Rivelazioni di santa Brigida di Svezia, risalenti al XIV secolo in cui la Madonna scopre i genitali del neonato Gesù perché i pastori presenti attorno alla mangiatoia testimonino che egli è il Salvatore, maschio, anticipato dai profeti.

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Anna Maria Baraldi Fioravanti

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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