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Il sogno inseguito, la meta agognata di ogni motociclista? Intervistateli e in maggioranza vi diranno Nordkapp, in italiano Capo Nord, il lembo estremo superiore del mondo scandinavo, oltre il Circolo polare artico dove si incrociano Norvegia, Svezia, Finlandia.
Perché proprio Capo Nord? Da secoli, da quando nel 1533 l`esploratore inglese Richard Chancellor vi approdò nel suo viaggio alla ricerca del passaggio a nord-est verso il Pacifico, rappresenta per gli amanti della scoperta e degli avventurosi di ogni rango e appartenenza un luogo simbolo; nel linguaggio dei bikers è uno di quei posti che non possono mancare nelle mète di un uomo, di un motociclista.

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Vista aerea dei fiordi norvegesi

Noi, la mia famiglia di tre persone più il sottoscritto, nell’agosto di circa vent’anni fa non siamo partiti in moto (non siamo motociclisti), ma abbiamo percorso le tappe in aereo, in aliscafo, in pullman super lusso, di notte, noleggiato un’auto nell’ultimo tratto prima della meta, e ancora in treno con il vagone letto. Obiettivo, conquistare il luogo più a nord dell’Europa o perlomeno, dalle mappe, il luogo abitato più a nord, e così vorremmo rimanesse.
Ma andiamo per ordine. A quel tempo il volo utile era Bologna-Stavanger via Copenhagen. Stavanger è una media città di mare che si trova sulla costa sud-ovest della Norvegia, nella regione del Rogaland, sulla stessa latitudine di Oslo e Stoccolma. Bastano pochi giorni, passeggiando e curiosando, per orientarci ed ambientarci in un altro mondo fra case basse in legno colorato e tetti spioventi, fiori ovunque e candele accese alle finestre la sera, anche in agosto (nelle cantine degli abitanti vi sono scorte inimmaginabili di candele multicolori e nei dintorni molte originali fabbriche di candele).

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I fiordi, specchi d’acqua

Fra i piccoli giardini molto ben curati che contornano le case, notiamo la raccolta differenziata due decenni prima che in Italia e, con somma meraviglia e anche con invidia, osserviamo il pennone conficcato nel prato verde che porta l’immancabile bandiera norvegese. In alcune escursioni nel territorio siamo continuamente circondati da fiumi con acque limpide e ruscellanti, medie formazioni rocciose spoglie, colline basse verdi punteggiate da case rosse, alcune con un consistente tappeto erboso e alberi sul tetto, ma in maggioranza le case sono bianche, costruite con tavole di legno poste in orizzontale sovrapposte. E ci accompagna sempre durante il viaggio, l’immancabile fortissimo vento.
Visitiamo a Flekkefjord il quartiere olandese con le sue ordinatissime case dalle moltepici finestre e poi Farsund e Lindesness, il punto più a sud della Norvegia a migliaia di chilometri dal nostro traguardo, con il faro biancorosso da scalare carico di fascino.

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Il Preikestolen

È qui che arriviamo al primo fiordo, il Lysefjord. Questi bracci di mare si incuneano nell`entroterra per diversi chilometri, fino ad alcune centinaia, occupando perlopiù valli glaciali che trasformano la costa norvegese in un esteso e bizzarro pizzo di origine naturale. Impressionano le verdi pareti scoscese che circondano il lento avanzare del traghetto; in particolare segnalo il Pulpit Rock o Preikestolen in norvegese, un balcone naturale a sbalzo sul fiordo posto ad una altezza di 604 metri sull`acqua.
Incontriamo colonie di foche, case isolate, cascate e infine avviene l’atterraggio dove i traghetti terminano la loro corsa in questo imbuto naturale, per portare non solo i turisti ma anche tutto ciὸ che è indispensabile alle piccole comunità impiantate sul percorso e al terminal, Lysebotn, dove invece si è sviluppato un nucleo abitato consistente.

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Solbakk, incisioni rupestri

Da non perdere la spiaggia di Solbakk con le enormi rocce scolpite da iscrizioni vichinghe e i boschi circostanti fra i quali si muoverebbero liberamente, come vuole la tradizione norvegese, i trolls. Chi sono i trolls? La loro leggenda prende corpo nell`atmosfera fiabesca dei boschi norvegesi, quando la luna è in alto nel cielo e tutto può accadere; queste strane creature escono dai loro nascondigli solo dopo il tramonto, per ritornarci al mattino prima che sorga il sole, in quanto i raggi solari potrebbero pietrificarli. Alquanto bruttini, vagamente simili agli umani, con lunghi nasi e quattro dita per mano e piede, questi abitanti imprendibili sono di natura estremamente timidi e buoni, ma meglio rispettarli e rispettare il loro habitat.

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Sognefjord

Lasciamo Stavanger, che ritroveremo al ritorno, per la prima tappa verso nord navigando sull’aliscafo di linea destinazione Bergen, una deliziosa cittadina con case multicolori in legno e tetti spioventi. Atterriamo nel vivacissimo vecchio porto, il Bryggen, sotto un sole splendido, dove ci attende un mercato stupendo di fiori e pesci di ogni razza e colore, i giganteschi granchi, fiori e sopratutto fragole, tante fragole ovunque, per strada, nei mercati, nei costosi ristoranti. Da qui si entra con una escursione nel Sognefjord lungo 203 km, il più lungo della Norvegia.
Una nota di colore, a Bergen sono ubicate la casa di Babbo Natale e la casa dei Trolls, che rappresentano per la città una curiosa attrattiva.
La seconda tappa è percorsa in pullman granturismo di notte, il Nor-Way Bussekspress. Attraversiamo una zona impervia dove per circa 750 chilometri si entra all’interno della Norvegia. Le fermate sono diverse e frequentate anche perché il pullman pare il mezzo di trasporto più comodo e sicuro per spostarsi in questa parte del Paese. Il bus è dotato di un bar rifornito di bevande calde e fredde, di servizi igienici comodi e i sedili sono distanziati in modo tale che sia possibile potersi addormentare pur nella difficoltà della situazione.
Dopo 14 ore di curve, tornanti, strapiombi mozzafiato, caffè e un incontro ravvicinato con un’alce gigante che ci attraversa la strada all’improvviso, arriviamo a Trondheim. Sono circa le sette del mattino, quando il pullman ci lascia alla stazione ferroviaria principale e, fortunatamente, in queste città del profondo nord la vita è già in forte movimento. Trondheim, posizionata a circa un quarto del nostro percorso, è una città di origine vichinga risalente a circa l`anno Mille, possiede una università famosa in Norvegia e consiglio una visita all’imponente cattedrale.
Ci aspetta ora per la tappa successiva un’auto prenotata dall’Italia: una Volvo familiare decisamente capiente e ci auguriamo comoda. Siamo in quattro con diversi bagagli e dobbiamo affrontare un percorso lungo, armandoci di pazienza e di spirito di adattamento: più facile a dirsi che a farsi.
Guidiamo lentamente verso nord per l’impossibilità di sorpassare a causa della strada stretta (l’unica disponibile) e per i continui saliscendi.
Abbiamo perduto la vista del mare tranne che per alcuni piccoli tratti, in realtà sono le rientranze di piccolo fiordi. Dopo una notte passata a Mo I Rana riprendiamo la guida verso nord. Il panorama è cambiato: dalle gole montane passiamo alla collina in alcuni casi verde e con punte rocciose che si specchiano nei fiordi che sfioriamo, per poi apparire nel proseguo decisamente brullo e piatto.

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Polarsirkel

Intorno non si vede un albero, solo una strada stretta e diritta mentre la luce si è fatta plumbea; entriamo nella zona del Nordland, la Norvegia artica, e varchiamo il Circolo polare artico o Polarsirkel a 66° 33` 39“ di Latitudine nord.
Il primo obiettivo é centrato, ci immortala nella foto ricordo un cicloturista tirolese al quale ricambiamo il favore. Capo Nord è ancora lontano lassù in alto.

1. CONTINUA

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Marco Bonora

Nato sul confine fra le province di Bologna e Ferrara, dove ancora vive e risiede . Si occupa di marketing e di progettazione nel settore Architettura per una industria vetraria, lavora in una multinazionale euroamericana. E’ laureato in Tecnologie dei beni culturali e in Scienze e tecnologie della comunicazione presso l`Università di Ferrara. Scrive articoli su riviste del settore e ha pubblicato due volumi tematici sul vetro contemporaneo innovativo e sul vetro artistico delle vetrate istoriate del `900 presenti nelle chiese del nostro territorio. Grande passione da sempre per i viaggi a corto e lungo raggio e il mare.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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