Skip to main content
7 Maggio 2020

La mia cucina

Tempo di lettura: 5 minuti


La mia cucina ha i mobili di legno marrone, una frigorifero bianco e un divano verde. Due porte: una va in cortile e una in corridoio, una grande finestra con un serramento che è stato riverniciato da mio padre. Marrone anche lui. Il tavolo e la credenza sono antichi, provengono dalla vecchia casa di mia madre. Chissà di chi erano in origine. Mia madre si ricorda di averli sempre visti. Di qualche zia zitella, forse. Il lampadario è bianco e centrale, illumina il tavolo e la gente che intorno a quel tavolo si ritrova a mangiare. Molti sono gli ospiti di casa, spesso arrivano persone che si fermano a pranzo. Mia madre è una brava cuoca ed è anche simpatica. Ha 80 anni. Nel cuore della cucina ci sono i pranzi della mia famiglia a di tutti i suoi ospiti, ad eccezione di quelli di Natale e Pasqua che si fanno sul lungo tavolo del soggiorno, perché siamo in tanti e la ricorrenza è solenne. Il cuore della mia cucina è proprio questo pasteggiare accogliente. Gente che va e viene e si ricorda di noi perché ha pranzato qui.

Le stoviglie della credenza sono vecchie ma in buono stato. I piatti sono bianchi, i bicchieri tutti uguali, le posate d’acciaio appartengono a servizi diversi ma hanno una linea molto simile perché  sono stati prodotti nello stesso periodo. Circa 50 anni fa. Le stoviglie sono l’anima della cucina. Un esperimento che faccio sempre quando abbiamo ospiti è cercare di guardare le loro facce attraverso il riflesso deformato del bicchiere o delle bottiglie. Sono visi che prendono una strana forma cilindrica e svelano nella loro stranezza aspetti nascosti delle persone.

Anche da piccola avevo questa passione di guardare le cose alla rovescia. Allargavo le gambe, facevo una flessione in avanti in modo da mettere la testa tra le gambe e osservavo le persone dal basso verso l’alto. Mi piaceva particolarmente farlo con mio nonno. Mio nonno era un ex partigiano, alto due metri che portava il 50 di scarpe. Considerando che era nato nel 1905, erano misure davvero eccezionali. Visto alla rovescia sembrava un trampoliere. I centimetri  delle sue gambe si allungavano a dismisura e i piedi diventavano ancora più enormi perché erano vicini alla mia faccia. Su in alto c’era un tronco un po’ tozzo e più su ancora una testa con un grande mento e degli occhi lunghi e stretti, sempre per quella strana visione capovolta che mi piaceva tanto. Le braccia erano lunghissime e penzolavano come due possenti liane quasi fino alle ginocchia. Visto dal basso mio nonno sembrava un buffo gigante buono. Credo che buono e gigante lo fosse davvero. In quanto al buffo, devo essere l’unica persona che lo abbia mai considerato tale. Il gioco del sottosopra è durato per tutta la mia infanzia e mi piace tutt’ora, anche se per decenza e senso del limite non mi metto più capovolta a guardare le persone.

Ora faccio la stessa  cosa con i bicchieri della cucina. Guardo Tito che, riflesso nel bicchiere, ha il naso schiacciato e le guance che si dilatano in orizzontale fino a sembrare le ali una grande farfalla, gli occhi piccoli e quella macchia scura sopra la testa che sono i suoi capelli. Nel bicchiere gli brilla il naso, perché la luce si è concentrata per un attimo in un quel punto. Se giro un po’ il bicchiere vedo Tito sempre più deformato. Una guancia è diventata più lunga dell’altra, l’occhio destro è grande e tondo, mentre il sinistro non lo si vede quasi più. Quell’occhio singolo mi ricorda Polifemo, la storia dei ciclopi. Il ciclope è una figura nata nella mitologia greca. La sua caratteristica è proprio quella di avere un solo occhio, posizionato centralmente, sotto la fronte. Una dei primi a narrare la storia dei Ciclopi fu il poeta Esiodo che scriveva del ciclope Bronte il “tonate”, di Steropo il “lampo” e di Arge  lo “scintillante”. I tre erano figli di Urano e Gea, divinità primordiali, rispettivamente personificazione di cielo e terra.

Ecco, anch’io ho la possibilità di vedere dei ciclopi, facendo girare il bicchiere, mentre nessuno mi vede, intercettando un punto di intersezione fra il fascio di luce che entra dalla finestra, il bicchiere e la faccia dei miei ospiti. Sembrano tutti dei grandi ciclopi. Sorrido e poi mi accorgo che Tito mi sta guardando. Sono costretta a rigirare il bicchiere. Direzionarlo sulla faccia di Linda. Si vedono solo i suoi capelli lunghi e biondissimi. Una specie di campo di grano pronto per la raccolta. Grano un po’ piegato dal vento, maturo e bellissimo nella sua vastità. Tutto il bicchiere è diventato di quel giallo. Un gioco stupefacente per la sua imprevedibilità. Anche da altre stoviglie si possono trovare riflessi delle persone: dalle pentole se sono ben lucidate, dalle bottiglie di acqua e vino, dalle zuppiere di maiolica. Se ben posizionate le suppellettili della cucina hanno un grande potere rivelatore. Sono la cartina di tornasole che ti permette di vedere le persone in maniera diversa. E’ molto divertente, un gioco che possono fare tutti, comunista. Se fatto con discrezione è strategico per passare il tempo e assolutamente innocuo. Dai bicchieri della cucina si possono vedere le persone in maniera nuova: facce più tonde o più allungate, nasi schiacciato o aguzzi, occhi tondi o al contrario lunghissimi, capelli che sembrano onde del mare, bisce, campi di grano, abissi degli oceani, biscotti. La cosa davvero sorprendente di tutto ciò è che insieme a queste visioni deformate sembra di intravedere dei tratti del carattere nascosti, degli aspetti nuovi di persone conosciute da sempre che non sono solo fisici ma anche psicologici e cognitivi. Quello che noi vediamo nel bicchiere è in parte una nostra proiezione, una nuova consapevolezza che nasce guardando le solite facce in modo diverso, con una prospettiva diversa. Queste nuove visioni sono una piccola verità svelata. Una nuova rappresentazione che insieme ad una nuova luce ci permette di staccarci da immagini consuete dal nostro vivere e di scoprire ciò che davvero pensiamo degli altri. Un nuovo granello di saggezza da raccogliere. L’immagine nel bicchiere è una percezione alterata, una modalità visionaria e paradossale, ma utile. Mio nonno era una persona buona, ne sono sicura perché lo era sia che io lo guardassi dall’alto verso il basso, oppure alla rovescia.

La mia cucina è un terreno di esplorazione straordinaria, i pasti consumati in quella stanza sono rivelatori del vero carattere delle persone, di ciò che dicono e di ciò che pensano. Di ciò che sono stati e di quello che diventeranno. Le idee, la gioia e la verità sono spesso una questione di prospettiva. La prospettiva definisce e alimenta il nostro modo di vedere e vivere. Nella mia cucina c’è il terreno per una nuova consapevolezza. Giro il bicchiere e guardo fuori dalla finestra. Un po’ di blu e il cortile interno sempre bellissimo.

Ma questa è un’altra storia e se ne parlerà.

 

 

 

 

tag:

Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it