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di Andrea Piana

“La storia è memoria”: dietro questa apparentemente banale affermazione, si nasconde tutto il significato dell’opera di Jacques Le Goff, l’ultimo grande storico francese, spentosi ieri a Parigi all’età di 90 anni. Affermare che la storia è memoria, per il grande studioso francese, significava anzitutto inglobare nella ricerca storica le altre scienze sociali e interrogarsi sugli aspetti della storia “marginali”, le pieghe nascoste della storia spesso dimenticate dalla dottrina ufficiale.

Nato a Tolone il 1 gennaio 1924, fu professore alla facoltà di lettere dell’università di Lille, poi direttore di ricerche all’Ecole Pratique des Hautes Etudes. Nel 1972 fu eletto alla direzione della sesta sezione dello stesso istituto, diventato nel 1975 l’ Ecole Pratique des Hautes Etudes en sciences sociales. Dalla fine degli anni sessanta è stato anche condirettore della rivista “Annales”.

Inserendosi in quel filone culturale che nasce da Marc Bloch e Lucien Febvre e che trovò in Fernand Braudel uno dei massimi rappresentanti, Le Goff fu probabilmente il più efficace divulgatore del racconto storiografico concepito essenzialmente come proposta di problemi. Uno dei padri del medievalismo europeo, si deve proprio a Le Goff la fine del mito errato del Medioevo come epoca oscura, parentesi buia durante l’avanzata progressiva della civiltà.

Pochi storici hanno saputo cogliere i nessi fra storia della cultura e dinamica economica, sociologica, antropologica, e contemporaneamente individuare il formarsi di atteggiamenti, mentalità e dottrine all’interno di una ricerca unitaria dei processi storici.

Legato tantissimo all’Italia (“La mia seconda patria”, amava ripetere), durante la sua lunghissima carriera di studioso Le Goff strinse amicizia con molti intellettuali italiani, su tutti Umberto Eco e l’editore Giulio Einaudi, con il quale ha pubblicato numerosi libri. A coronamento del forte legame con il nostro Paese, nel 2000 l’Università di Pavia lo insignì della laurea honoris causa in Filosofia, mentre l’Università di Bologna ha intitolato a lui l’ambito premio che ogni anno viene dato a uno storico del Medioevo.

Ma la più grande passione della sua vita fu sicuramente la moglie Anka, morta nel 2004 dopo oltre 40 anni di vita in comune e alla quale dedicò il commovente libro “Con Anka”, nel quale lo storico ricostruì il tratto di vita comune con la sua compagna, trasformandolo in un affresco sull’Europa contemporanea: “E’ un libro d’ amore e un atto di memoria”, così descrisse la sua opera le Goff. “Ma è soprattutto il tentativo di far rivivere, nell’ individualità della persona e della sua esistenza, una donna. Una donna che tutti quelli che l’ hanno conosciuta sono concordi nel definire eccezionale e affascinante. Una donna che ho profondamente amato e amerò sempre ardentemente fino alla mia morte”.

[© www.lastefani.it]

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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