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Milano, un giorno qualunque di fine giugno, una passeggiata qualunque, un momento qualunque. E Anna, Anna che viaggia, che si muove tra il capoluogo lombardo e il Sud Sudan, che trova la bellezza, ovunque lei vada. Un angolo di una strada ed eccola lì, la via del tutto eccezionale, la via dei sogni. Quella via è solo sua, un cartello dall’aria simpatica invita a entrarvi. L’insegna c’è, la via anche (ma non si chiama così nella realtà). Ma la via è solo sua, solo tua. Una mano felice l’ha trovata e ce la vuole indicare e far conoscere. Basta rimanervi anche solo per un attimo e si entra in un altro mondo, quello di ciò che si desidera veramente. Se ci si ferma qui, anche solo affacciandosi all’entrata della via, si viene subito abbracciati dalla dimensione magica dei sogni che si realizzano. Basta avvicinarsi bene, affacciarsi al cancello e, voilà, eccoci accontentati. Se ci s’infila, poi, un paio di occhiali da sole dalla montatura colorata, l’amore prende forma, l’alito della felicità scapiglia pensieri e frasi mai pronunciate. I segreti che non si osavano confessare avvolgono le labbra di chi ora osa parlare, il coraggio di dire prende forma. I pensieri diventano parole, le bugie si trasformano in verità, le paure si trasformano in aquile coraggiose. In questa via del tutto eccezionale, i cancelli si aprono, le barriere cadono, il buio si fa luce. Magda e Ivan si prendono per mano e fotografano quell’entrata, anch’essi incuriositi dal cartello scritto da un’abile e coraggiosa mano che li invita a entrare. Un’umanità prorompente e generosa esorta a recarsi lì, per riflettere-realizzare-ragionare, vedere i propri sogni diventare realtà. Qui s’incrociano migranti che vanno e vengono, che entrano nella via, scoraggiati e in fuga, e ne escono sorridenti, rincuorati. Qui si vedono bambini entrare a mani vuote e uscirne con le braccia cariche di giocattoli colorati. Qui si scorgono fidanzati pensierosi rivolgere, con cautela, una domanda e riceverne la risposta, quella giusta. Qui si vedono anziani che camminano a fatica sulle loro gambe stanche, uscirne leggeri e veloci, come se nulla fosse più. Qui si vedono amici fare pace, dopo aver litigato, pace per sempre, perché non litigheranno più. Qui si vedono ragazze squillo uscire dal tunnel, vestite da fatine, perché nulla sarà più. Chi entra in un modo e ne esce in un altro, perché tutto sarà più. Qui c’è la felicità, quella che non si compra ma che si regala, la risposta mai trovata, la via d’uscita a lungo cercata. Questo è il posto dei miracoli, basta fotografarlo e tutto si trasforma. Una via del tutto eccezionale.

Fotografia di Anna Sambo

La “via del tutto eccezionale”, alla quale fa riferimento il testo, corrisponde al sottopassaggio – in fondo a via San Marco – che passa sotto i bastioni di Porta Nuova e sbuca in via Melchiorre Gioia.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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