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Tra gli sdegnati interventi in risposta all’articolo di Gian Pietro Testa del febbraio di quest’anno, un offeso lettore ha detto bene: per tanta gente che abita altrove Ferrara è un gioiello… ovvero, aggiungerei io, un bel giocattolo lucidato a specchio!
Peccato che vivendoci – sempre che non si abbiano le fette di salama da sugo sugli occhi – poi ci si accorga che gli ingranaggi di questo bel giocattolo sono arrugginiti e fuori uso da tempo…
E’ lodevole lo sdegno di questi ferraresi offesi da cotanta invettiva diretta alla nostra amata città, non meritevole, a loro dire, di siffatte critiche gratuite. Mi chiedo soltanto dove hanno vissuto, questi ferraresi, negli ultimi vent’anni.
Da ferrarese doc, amo la mia città come e (forse) più di questi indignati difensori dell’onore estense. Ma è anche e soprattutto per questo mio amore che la prenderei a calci e pugni se potessi: il mio è un amore tradito dalla sua atavica indolenza autoreferenziale, dall’arte dell’apparire di cui è maestra, dalle sue tante beghe ben nascoste entro i suoi segreti cortili, dalla sua avarizia, dalla sua falsa accoglienza, dalla sua spocchia di città d’arte quando di arte vera c’è solo un retaggio secolare di cui noi contemporanei non abbiamo alcun merito.
Orbene, correggerò il tiro: amo Ferrara, o meglio, le sue mura, i suoi mattoni, le sue case basse, le sue atmosfere rarefatte, i suoi vicoli deserti, i suoi portali in marmo bianco e le sue gronde in cotto d’argilla, i suoi cortili misteriosi, le sue linee rette e le prospettive antiche ma modernissime.
In effetti amo le tracce del suo passato d’avanguardia, che resistono all’usura del tempo e si oppongono alla nebbia che, anche quando non c’è, perdura nell’immaginario comune, corrodendo e indebolendo la voglia di emergere dalle paludi di cui Ferrara è stata l’antico e glorioso riscatto. Forse le nostre remote paludi e le immote nebbie ci sono rimaste dentro? Forse è la nostra stessa natura a impedirci di emergere da quel pantano esistenziale che ci invischia e ci protegge?
Amo il suo passato perché il suo futuro stento a vederlo. Ognuno si accontenta di ciò che ha, che sia proprio questo il punto?
Ripeto, amo Ferrara, ma amo un po’ meno i ferraresi di cui faccio parte… soprattutto i suoi difensori a oltranza.
La vanagloria è una brutta bestia!

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Carlo Tassi

Ferrarese classe 1964, disegna e scrive per dare un senso alla sua vita. Adora i fumetti, la musica prog e gli animali non necessariamente in quest’ordine. S’iscrive ad Architettura però non si laurea, si laurea invece in Lettere e diventa umanista suo malgrado. Non ama la politica perché detesta le bugie. Autore e vignettista freelance su Ferraraitalia, oggi collabora e si diverte come redattore nel quotidiano online Periscopio. Ha scritto il suo primo libro tardi, ma ha intenzione di scriverne altri. https://www.carlotassiautore.altervista.org/

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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