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Dubito che la passeggiata (scritto proprio così: “la passeggiata”) rientri nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. Se ne parlassero i cahiers de doléances e se fosse in qualche modo inclusa (“la passeggiata”) in una bozza preparatoria della Costituzione del 1789 (Termidoro l’avrebbe però senz’altro abolita). Se Rousseau la includesse nel suo Contratto Sociale. Se ne scrisse Adam Smith, o se ne sia occupato Marx, nel Capitale o in qualche nota a margine dei suoi Grundrisse. Se, infine, i nostri Padri Costituenti (non ho sottomano i verbali dei lavori della Assemblea) ne abbiano almeno discusso, per poi decidere di non inserire il termine “passeggiata” nella prima parte della nostra Costituzione Repubblicana.

Niente “passeggiata” nei sacri testi. Sia stata una colpevole dimenticanza o si sia invece preferito utilizzare un sinonimo, una locuzione, un termine correlato, rimane comunque un fatto. E cioè che “la passeggiata” è tutt’altro che una cosa di poco conto (il dolce suono della parola può ingannare). Non è cosa che attiene all’angolino del nostro ‘tempo libero’. Non è solo materia di cattiva e di buonissima letteratura (specialmente quella di lingua tedesca, dal preromanticismo ad oggi, è ricca di romanzi e racconti magnifici di passeggiate e di passeggiatori). La passeggiata è una cosa terribilmente seria. Fondamentale. Vitale. Un altro modo di dire LIBERTA’. Libertà di muoversi. Libertà di usare il nostro corpo. Libertà di andare a cercare qualcosa o qualcuno. Libertà di immergersi nella natura: aria, sole, erba e tutto il resto. Libertà di andare a zonzo, di incamminarsi e decidere ‘cammin facendo’ se fermarsi, girare a sinistra o prendere il sentiero alla nostra destra.

Siamo nel bel mezzo di una tragedia globale. Da un giorno all’altro siamo stati catapultati in un mondo inedito, intrappolati, per necessità, in uno ‘Stato di Eccezione’, dove le libertà individuali e collettive (che credevamo immutabili quanto scontate) sono state progressivamente limitate, dove anche le fondamenta della democrazia traballano (temporaneamente? Speriamo: anche questo dipende da noi). E dove noi stessi abbiamo accettato, responsabilmente, di cedere un bel pezzo della nostra libertà per salvare la salute, la nostra e quella di tutti.

Ci siamo affidati – fidati – alla scienza, ai medici, alle autorità. Però la Libertà che le varie autorità ci tolgono (temporaneamente e con il nostro silenzio assenso) va trattata con il dovuto rispetto. Con i guanti bianchi. Questo, almeno questo, possiamo chiederlo? Possiamo Pretenderlo? Ecco, nel caso del DIVIETO DI PASSEGGIATA , o della CHIUSURA TOTALE e indiscriminata di TUTTI i parchi, i giardini, le aree verdi (è successo a Ferrara e in altre città d’Italia, per fortuna in tante altre no) a me pare che le Autorità non abbiano avuto questo rispetto. Non è solo questione di portare a spasso il cane (eppure anche il diritto degli animali deve valere qualcosa), è che non si può togliere con leggerezza alle persone l’aria, il cielo, la terra, l’erba, gli alberi. La libertà.

Il Presidente Mattarella ci ha invitato alla FIDUCIA e ci ha chiesto SERIETA’. E’ quello che stiamo cercando di fare: di lui, almeno di lui ci fidiamo. Ma al Governo, ai Governatori, ai Prefetti, Ai Sindaci (compreso il Sindaco di Ferrara Alan Fabbri) chiediamo la medesima serietà. Non la leggerezza, non il pressapochismo, non la fretta e l’ansia proibizionista. Devono pensarci 70 volte 7 (come dice il Vangelo, non ricordo dove) prima di toccare la libertà  La passeggiata è uno dei nomi della libertà. Una libertà quotidiana, domestica, piccola piccola. Preziosa come la nostra vita.

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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