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Non finisco di stupirmi, si vede che me le cerco. Pensavo che il museo di Spina, quello di palazzo Costabili, detto di “Ludovico il Moro”, fosse più ospitale, fosse anche un’idea diversa di museo, considerate le iniziative di cui si fa promotore nella città. Ma evidentemente tutte le medaglie hanno il loro rovescio. Questa mattina durante la mia quotidiana passeggiata salutistica, almeno quattro chilometri al giorno per tenersi in forma, soprattutto alla mia età, almeno così dicono, mi viene l’idea, nonostante conosca da una vita a memoria le architetture del palazzo, di fissarle in alcune istantanee, visto che mi sono portato appresso la mia Canon.

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Portale del museo di Spina

Così fotografo il portale d’ingresso e il magnifico cortile rinascimentale, il tutto senza oltrepassare le transenne che delimitano l’accesso al palazzo. Ecco che si palesa una bionda, fiorente signora che mi chiede se intendo pagare il biglietto d’ingresso, ma io al momento non ho intenzione di visitare le sale del museo Archeologico, per tanto la signora m’informa che se non pago il biglietto non posso neppure fotografare. Sono stupito, per cui almeno vorrei conoscere la ragione di un simile divieto, mi viene risposto che così ha deciso la “direzione”. Oso insistere, perché intorno non c’è traccia di cartelli che avvisino del divieto l’incauto visitatore. A questo punto, la signora spazientita mi invita a rivolgere le mie rimostranze per lettera al direttore. Allora eccomi qui con questo articolo, perché sono cittadino della mia città, perché non amo essere bistrattato da chi è pagato anche con i miei soldi per rendere un servizio alle persone e alla cultura, che poi ci si debba ancora rivolgere per lettera a qualcuno che sta ‘sopra’ di questi tempi mi fa proprio arrabbiare, perché è un segno di arroganza, di mancanza di cultura del pubblico, di servizio sociale, di mentalità che ancora nel nostro Paese resistono e faticano a cadere.
A casa mi premuro di cercare informazioni nel sito web del museo, ma niente in materia che mi aiuti a capire. Apro la Carta dei servizi, una delle tante trovate farisaiche del sistema Italia, c’è scritto che “risponde all’esigenza di fissare principi e regole nel rapporto tra le amministrazioni che erogano servizi e i cittadini che ne usufruiscono”. E scopro che non è mica vero che devo scrivere una lettera al direttore, come mi ha detto la zelante impiegata, per ogni valutazione e reclamo “scaricare il modulo di reclamo fai click qui – Formato Pdf Acrobat”. Peccato che il “click qui” non si apra, del tutto insensibile al mio mouse e alla mia irritazione. Allora forse aveva proprio ragione la signora della biglietteria.

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Particolare dal cortile del museo

Scorro la carta dei servizi e finalmente trovo ciò che cercavo “la riproduzione fotografica o con filmati dei beni culturali esposti nel Museo senza pagamento di oneri è consentita esclusivamente per uso strettamente personale e con strumenti non professionali […]”. Sì, ma io mica ero all’interno del museo o museo è anche l’edificio che lo contiene? E comunque è consentita, giuro che l’uso era strettamente e rigorosamente personale, mi era venuto il pensiero di fotografare, uno di quei tanti pensieri peregrini che non sai perché ti prendono, se proprio tanto ci tenevo potevo comprami delle cartoline, che tanto era lo stesso. Che la mia Canon sia uno strumento professionale non credo, di certo nelle mie mani non lo è.
E allora un eccesso di zelo da parte di una impiegata forse scarsa dal punto di vista della comunicazione e del front office con il pubblico o ancora ottusa burocrazia sfuggita all’attenzione e alle cure di chi ha il compito di dirigere un museo, non solo per il museo in sé ma anche per il pubblico?
Forse affacciandomi al cortile della casa delle Muse con i miei scatti ne ho violato la privacy, spero che Zeus vorrà dimostrarsi clemente nei miei confronti, considerando che la mia intenzione altra non era che celebrare la madre delle sue figlie, Mnemosine, la Memoria.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

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Francesco Monini
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