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da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

L’assessore regionale alle attività produttive Palma Costi: “Abbiamo già iniziato gli incontri per disegnare l’architettura di un nuovo sistema con i principali soggetti interessati. Le fiere non sono un obiettivo in quanto tale, ma uno strumento necessario per sostenere la competizione delle imprese emiliano romagnole

Bologna – «I tempi sono maturi per intraprendere il cammino verso una unica ‘piattaforma fieristica regionale’ con una unica cabina di regia . E i primi passi ci dicono che la direzione è quella giusta. Abbiamo già iniziato gli incontri, che proseguiranno in modo serrato in questi giorni, con i principali soggetti interessati per disegnare l’architettura del sistema, da Piacenza a Rimini, in grado di competere nel futuro con le migliori fiere italiana europee e mondiali. Un momento di ascolto/confronto preliminare prima di avviare il processo: assieme definiremo modi e tempi per raggiungere l’obiettivo , mi pare largamente condiviso e del resto contenuto già nella legge regionale 15 del 2008».
Così l’ assessore regionale alle Attività produttive e alla Ricostruzione post-sisma Palma Costi che sta procedendo ad una serie di incontro con tutti i soggetti interessati, pubblici e privati. Al centro dei confronti la visione d’insieme e la direzione intrapresa dalla Regione per sostenere, attraverso anche gli strumenti degli appuntamenti fieristici, l’obiettivo di Legislatura di raggiungere nel 2020, 30 mila imprese che esportano, arrivando al 50% della produzione regionale esportata.
«Le fiere – continua il ragionamento dell’assessore Costi – non sono un obiettivo in quanto tale ma uno strumento e affrontarne gli assetti significa parlare del futuro dei distretti produttivi emiliano romagnoli e delle capacità delle imprese di competere con e nel mondo. L’obiettivo dev’essere solo uno: l’ulteriore e forte internazionalizzazione del nostro sistema produttivo soprattutto nei settori chiave quali la meccanica, il food e il wellness poiché c’è un mondo di consumatori in crescita che vuole e può comprare i prodotti ‘made in Emilia-Romagna’. Ricordo inoltre l’importanza delle ricadute sulla economia regionale del turismo d ‘affari che le grandi manifestazioni fieristiche internazionali producono».
La Germania ospita il 40% del mercato fieristico europeo di livello internazionale, seguita dall’Italia con il 23% (terza la Francia, quarta la Spagna). Per quanto attiene alle manifestazioni di livello internazionale, l’Emilia-Romagna con circa il 23% del totale nazionale, rappresenta la seconda regione fieristica italiana, alle spalle della sola Lombardia (35%) con 40 fiere internazionali nel 2013 e 47 nel 2014. E in questo panorama, Bologna Fiere, ad oggi, è il secondo centro fieristico italiano, ed è tra i primi 25 nel mondo.
«Dal punto di vista economico – aggiunge Costi – i nostri distretti produttivi e le nostre imprese hanno assolutamente necessità di una piattaforma fieristica forte sia negli asset, sia nei marchi fieristici a valenza internazionale. Marchi internazionali che dobbiamo mantenere ed attrarne altri, valorizzando anche le peculiarità dei territori . Una piattaforma fieristica con capacità di entrare in reti mondiali come motore per il riposizionamento competitivo dell’intero sistema produttivo regionale. Oggi è quanto più necessario perché la competizione è forte e altri sistemi fieristici, si sono e si stanno organizzando con aggregazioni in grado di contare di più nello scenario globale».
Il sistema Emilia-Romagna «ha i numeri e le capacità, sia sul versante pubblico che privato, per portare a compimento un grande processo di aggregazione per avere uno strumento davvero efficace al fine di costruire un’unica piattaforma fieristica regionale, all’altezza della sfida europea ed internazionale. La Regione lavorerà solo ed esclusivamente per questo e chiediamo a tutti di fare altrettanto» conclude Palma Costi.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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