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Ricorre oggi il 106° del primo manifesto del Futurismo, scritto da Filippo Tommaso Marinetti e pubblicato il 20 febbraio 1909. Per il settantesimo anniversario della morte di Marinetti (1944-2014) è stato anche edito da poco il volume “Marinetti 70. Sintesi della critica futurista”, a cura di Antonio Saccoccio e del futurista ferrarese Roberto Guerra, pubblicato da Armando editore. Nel libro, inserito nella collana Avanguardia 21, figurano alcuni dei principali storici e critici del Futurismo (E. Crispolti, G. Berghaus, G.B. Guerri, G. Di Genova, P. Valesio ecc.). Lo stesso Marinetti – episodio poco noto, segnalato da Giovanni Antonucci nel suo contributo al volume – fu protagonista a Ferrara, nel 1929, per le celebrazioni ariostesche con una conferenza in stile futurista sull’Ariosto.

Ad Antonio Saccoccio  di Roma (Università Tor Vergata di Roma) abbiamo chiesto un approfondimento.

Cosa successe a Ferrara alle Mura degli Angeli? Perché venne scelto proprio quel luogo?

Il 7 luglio 1929, in occasione delle celebrazioni per il quarto centenario della morte di Ludovico Ariosto, F.T. Marinetti tenne un discorso pubblico sulle Mura degli Angeli di Ferrara. Precisò tre anni dopo lo stesso Marinetti: “improvvisai all’enorme pubblico seduto o sdraiato sull’alto bastione fiorito e ombroso di Ferrara una lezione di Futurismo estratta precisamente dall’Orlando Furioso”. Nella prima parte del suo discorso Marinetti si scagliò contro il “feticismo passatista” nemico dell’ottimismo futurista. Successivamente elencò gli “insegnamenti ultrafuturisti” contenuti nell’opera dell’Ariosto, di cui ricordo qui i più significativi: compenetrazione tra arte e vita, velocità, aggressività eroica, passione sportiva, gioia distruttiva e creazione dell’effimero, “senso trasformista della vita”, ottimismo assoluto, sintesi, simultaneità, instancabilità, “giocondità goliardica beffatrice” e “senso aviatorio”. La conferenza si concluse sorprendentemente con il ricordo di un momento di vita familiare, in cui la “pupa Vittoria”, figlia primogenita di Marinetti, diventava il simbolo della spontaneità iconoclasta che anima bambini e poeti.

Quali influenze futuriste/marinettiane ci furono a Ferrara? Attualmente, resiste qualche eco in città?

Quando si parla di Futurismo a Ferrara non si può non ricordare Corrado Govoni, uno dei poeti più originali del gruppo futurista. Voglio ricordarvi il testo di una lettera che Govoni scrisse a Marinetti nel 1910, una lettera da cui emerge in poche righe il suo complesso rapporto con il futurismo e al tempo stesso con la città estense: “Oh il divino sopore, la deliziosa pigrizia che hanno invaso tutto il mio essere al mio giungere a Ferrara! Vi assicuro che a Ferrara solo si può realizzare il sogno di Buddha, il nirvana profondo con annientamento di pensiero e cure moleste e inerzia sensitiva. So bene che il nirvana non fa per voi; ma perché non dovrebbe essere l’ideale di un futurista distruttore come siete voi? Io credo che ogni opera di distruzione dovrebbe avere lo scopo di non più ricostruire. Allora tanto vale lasciare intatte le costruzioni esistenti, non vi pare? Dunque, distruggendo senza l’intenzione di rifabbricare, dove si arriva? Al nirvana sublime suddetto. Tutto questo per farvi conoscere che anche a Ferrara si può vivere una vita importante e amabile”. Come si può intendere, Ferrara è descritta come una città sonnolenta e passatista, ma per Govoni anche una città siffatta può avere qualcosa di amabile.

E Ferrara è anche la città di un futurista contemporaneo…

Sì, attualmente vive a Ferrara uno dei futuristi contemporanei più noti, il poeta Roberto Guerra, che conduce un’instancabile attività editoriale e promozionale. Non a caso l’instancabilità è tra le qualità futuriste da me ricordate a proposito del discorso marinettiano sull’Ariosto. E non a caso Guerra è co-curatore con me proprio dell’ultimo libro su Marinetti.

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Antonio Saccoccio, autore con Roberto Guerra del volume dedicato a Marinetti
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La copertina del volume sul Futurismo a cura di Saccoccio e Guerra
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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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