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“Dobbiamo fornire agli editori ulteriori ricerche e risultati riguardanti i rapporti fra tipo di supporto (iPad, Kindle, carta) e contenuto del testo; dovremmo comprendere quali tipi di testo sono meno influenzati dalla lettura digitale e quali invece dovrebbero essere letti sul cartaceo. Sto pensando che ci sia una notevole differenza fra la lettura di una breve storia su uno schermo, quando non necessariamente devi prestare attenzione a tutte le parole, ed una storia letteraria più complessa, qualcosa come l’Ulisse, che richiede una sostanziale concentrazione per essere letta”.

Queste sono le conclusioni alle quali è giunta la ricercatrice norvegese Anne Mangen della Stavanger University dopo aver studiato 100 lettori ai quali era stato dato da leggere lo stesso libro. Metà dei lettori lo hanno letto nella versione cartacea e metà nella versione digitale (ebook). La ricerca ha mostrato come i lettori su Kindle fossero peggiori dei lettori sul cartaceo nel ricordare la successione degli eventi raccontati nel libro (The Guardian, Giovedì 19 Augusto 2014 [leggi]).

Insomma, per Natale dovremmo regalare libri o iPad/Kindle/computer?
Sembra che i libri cartacei siano in via di estinzione. Di loro esistono poche specie che ancora popolano la Terra e che fra qualche anno scompariranno definitivamente per lasciare la loro nicchia ecologica alla prole filogenetica: il libro digitale. Dobbiamo trasferire tutto su piccoli supporti con grandi memorie, oppure leggere su ebook fa perdere capacità mnemoniche e cognitive?

Leggiamo per vari motivi: per imparare, per divertimento, per passare il tempo, per acquisire informazioni prima di un incontro di lavoro. Qualcuno ha affermato che la tecnologia digitale aiuta la lettura. C’è sicuramente differenza fra lettura ricreativa e lettura di un testo sul quale si dovrà sostenere un esame. L’ebook permette collegamenti ipertestuali, che sono uno stimolo ed allo stesso tempo un altissimo rischio di dispersione. Il modo di leggere sta cambiando. Molti di noi hanno problemi crescenti di attenzione e concentrazione: leggere per intero un lungo articolo in internet è molto complicato, l’attenzione si perde facilmente. Ci si perde in un continuo inseguimento delle parole. Quale problema risolve l’ebook? Sicuramente quello del volume e dello spazio dei libri cartacei. Tuttavia il libro cartaceo ha un peso, ha un’impaginazione personale, occupa spazio, ci da informazioni visive e tattili che rafforzano le nozioni. Sappiamo quanto manca alla fine. Le librerie offrono un potente aiuto alla memoria: spesso basta guardare gli scaffali per riattivare il ricordo delle informazioni. Scorrere una lista su un monitor non ha lo stesso effetto. Io ricordo perfettamente il colore della copertina dei libri che ho letto, conosco sicuramente la posizione dei libri nel mio studio, anche per quel libro che ho sfogliato l’ultima volta dieci anni fa.

Gli ebook vengono proposti come la sicura chiave dell’evoluzione del libro, l’obbligato passaggio al digitale. Vi sono numerosi esempi di tentativi digitali introdotti sul mercato e considerati sicuri mezzi del nostro futuro e poi inesorabilmente falliti e/o caduti nell’obsolescenza (cambiamento di sistemi operativi, formati di file ora illeggibili, memorie di massa non più leggibili, vari tipi di cd/dvd non più leggibili dai lettori digitali). Erano tentativi per un successo economico: una scommessa sul mercato dell’elettronica, sopravvissuti qualche anno, ci hanno illuso di essere eterni. Gli abbiamo dato fiducia concedendogli le foto più care dei nostri viaggi, gli scritti più complicati e personali dei nostri ricordi. L’ebook si può rompere, la batteria diminuirà la sua capacità d’immagazzinare energia, lo schermo si graffierà. Quando il nostro ebook sarà obsoleto dovremmo gettarlo e comprarne un altro, trasferendo tutto il suo contenuto nella nuova memoria. Produrremo un altro rifiuto elettronico. Il lettore digitale è più ecologico di un libro cartaceo? I risultati di vari studi non hanno ancora chiarito quale delle due soluzioni sia più ecologica [leggi in pdf]. L’iPad è responsabile di circa 130 kg di emissioni di gas-serra equivalenti di CO2 durante la sua vita media. Il libro stampato in media è responsabile per circa 4 kg [leggi]. Senza una totale trasparenza nelle informazioni fornite dai produttori di supporti digitali, non è chiaro tuttavia quanto i rifiuti siano ecologicamente riciclabili e quanto si stia effettivamente cercando di migliorare la loro efficienza energetica.

Ho la sensazione che la proposta dell’ebook sia davvero spinta da interessi economici dei grandi produttori, piuttosto che da effettivi vantaggi per il lettore. Un iPad costa mediamente circa 250 euro (un Kindle costa circa 60 euro) ai quali vanno sommati gli acquisti di ebook (circa 7 euro a libro). Se in due anni leggessi circa 20 ebook, avrei una spesa di 140 euro ai quali sommare l’acquisto dell’iPad (per un totale di 390 euro). Se avessi acquistato gli stessi libri, ma in forma cartacea avrei speso circa 300 euro (per un ipotetico costo di 15 euro a libro). Naturalmente, durante i due anni ho avuto da amici ebook gratuiti e ne ho scaricati di piratati. Alla stessa maniera, ho ricevuto in prestito qualche libro cartaceo. Ovviamente mi auguro che in questi due anni il mio iPad non si guasti. Il vantaggio mi sembra davvero puramente volumetrico, e comunque usando l’iPad non saprò come riempire la mia nuova libreria ikea.

Per Umberto Eco ci sono due tipi di libro, quelli da consultare e quelli da leggere.
La lettura del cartaceo riguarda le sensazioni, l’animo, l’arte visiva, letteraria e musicale. Se ha ragione la ricercatrice norvegese, siamo più propensi a ricordare in dettaglio ciò che leggiamo sul cartaceo. Se vogliamo allora provare le sensazioni dell’anima dobbiamo leggere un libro di carta. L’anima ricorda meglio. Il libro per la memoria, l’ebook per gli affari ed il divertimento.

La lettura non è divertimento leggero. L’energia spesa nella lettura dell’imparare è preziosa e desidererei che ciò che imparo rimanesse con me il più a lungo possibile. Alla fine di un bel libro siamo rimasti delusi non potendo più partecipare alle storie e frequentare i personaggi del romanzo. Gli ultimi capitoli li abbiamo millesimati, sperando che la posizione del segnalibro arretrasse ogni volta che riprendevamo in mano il libro. Le ultime pagine le abbiamo centellinate, come l’ultimo sorso di quell’ottimo vino che abbiamo gustato quella volta. Poi abbiamo voltato l’ultima pagina, chiuso il libro ed ammirato la copertina. “La forma libro è determinata dalla nostra anatomia” (Umberto Eco, La bustina di Minerva, 17/03/1995).
Abbiamo bisogno di sapere quanto manca alla fine: è quello che stiamo cercando da sempre.

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Davide Bassi

È Professore di Paleontologia e Paleoecologia presso il Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Ferrara. Amando l’Arte si occupa di paleoecologia e sistematica delle comunità bentoniche fossili del Giurassico e del Cenozoico. La ricerca scientifica universitaria e l’Arte lo hanno indirizzato verso il Giappone dove è stato visiting professor presso il Tohoku University Museum (Institute of Geology and Paleontology, Graduate School of Science) e l’Università di Nagoya.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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