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di Francesco Fiore

L’ennesimo capitolo della lotta per il sagrato del duomo ha attirato negli ultimi giorni l’occhio dei media locali, quando è stata comunicata la cifra (30.000 euro a carico del Comune) per il progetto di recinzione dell’area antistante alla cattedrale. Se anche non sapevate dell’iniziativa dell’Amministrazione comunale, sicuramente avrete discusso, sentito o anche solamente letto dell’aspro scontro tra il vescovo di Ferrara Luigi Negri e i ragazzi della cosiddetta ‘movida’, che ha ora portato al citato intervento.
La discussione, che va avanti dal 2013 con occasionali picchi di tensione, ha alla sua base l’idea di decoro, urbano e morale, e si è sviluppata come un ‘1vs1’ tra due poli opposti: moralità e divertimento. In base al proprio convincimento si assegna un valore positivo a uno dei due poli e un valore negativo all’altro, precludendosi di fatto la possibilità di trovare qualsiasi punto di incontro. Il limite, da cui deriva la sterilità del dibattito sulla questione, è proprio il concetto di degrado, infatti “degrado è un termine che ha un significato diverso a seconda di chi lo utilizza, ed è proprio questo che lo rende tanto utile per il linguaggio del potere. Può intendersi come degrado fisico […], oppure può essere inteso come degrado morale e sociale, e in quel caso le azioni che risulteranno saranno dirette fin dall’inizio della pianificazione a provocare modifiche sulle persone oltre che sugli ambienti, sulla composizione sociale del quartiere degradato prima che sui muri. E se è vero che il degrado fisico degli edifici può essere valutato con parametri tecnici e quindi grosso modo condivisibili dai diversi attori, il degrado morale o sociale è questione delle più arbitrarie, perché informato dal sistema di valori di chi lo denuncia”. (Gian Maria Valent, “La riqualificazione urbana come mezzo di controllo sociale”, clic qua per leggere).

In questo modo la soluzione a un problema reale, che interessa tutta la collettività, diventa un intervento urbano che reitera anche a livello fisico la distanza tra le due parti, separate da una distanza di valori e una spiccata incapacità comunicativa. Le catene della recinzione diventano così un simbolo di chiusura, il quale instaura un ulteriore barriera tra due elementi della stessa comunità che condividono lo stesso spazio fisico, senza che si agisca minimamente sul problema al centro del dibattito, come confermano gli stessi promotori del progetto affermando che “nessuna soluzione potrà far fronte alla poca educazione e al disdoro procurato dai ‘fruitori della notte’, ma sarà un limite ben evidenziato che consentirà interventi di ordine pubblico più mirati”. (Estense.com)

Questa battaglia tra difensori della moralità e perturbatori del buon costume ha portato solo ad avere una piazza spesso sporca e, se l’intervento dell’Amministrazione andrà andrà a buon fine, anche preclusa (almeno parzialmente) ai suoi principali frequentanti. Per questo dobbiamo spostare il piano della discussione su un terreno più fertile, dal quale possano nascere soluzioni adeguate e mature consapevolezze, condizioni imprescindibili per un reale e condiviso miglioramento sociale.

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Redazione di Periscopio

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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