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di Giordano Tunioli

Tra gli articoli del quotidiano la Repubblica di mercoledì 30 novembre 2016, soffocato da ben più urgenti intestazioni, scorgo un trafiletto il cui titolo, preceduto dall’occhiello «5,6 milioni di dollari» incuriosisce il lettore annunciando: «Record mondiale per la partitura di Gustav Mahler».
Il giornale pubblica così l’avvenuta battuta all’asta di un manoscritto della seconda sinfonia di Gustav Mahler nota col titolo: Resurrezione e pone in evidenzia che questa vendita, avvenuta presso la sede londinese di Sotheby’s, ha superato il primato che apparteneva alle sinfonie di Mozart, cedute nel 1987 per la “modica” cifra di tre milioni di dollari.

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Mahler, definito da sempre l’“inattuale”, sembra volersi rifare non tanto su Mozart, quanto su alcuni compositori del suo tempo. Quel tempo che lo aveva in parte misconosciuto come compositore, per ammirarne soltanto la grande maestria nel dirigere l’orchestra, tanto da fargli pronunciare più volte la ben nota frase «“Meine Zeit wird kommen” (Il mio tempo verrà)». L’espressione potrebbe far pensare ad uno sfogo consolatorio, ma sono parole che, quasi a voler giustificare l’insuccesso di un genio incompreso, rilevano in realtà un forte disagio: se non profetiche, hanno comunque il senso del presentimento.
In un’intervista rilasciata nel 1906 a Bernard Scharlitt, Mahler confessava:
«Sono ben conscio che, come compositore, non avrò riconoscimento durante la vita. Mi è possibile attenderlo solo dopo la morte. Questa distanza è necessaria per l’adeguato assestamento di un fenomeno come il mio, la conditio sine qua non. Finché sarò il Mahler che si aggira tra di voi, “un uomo tra gli uomini”, come creatore posso solo aspettarmi un trattamento troppo umano. Devo prima scrollarmi di dosso la polvere terrena, perché mi sia resa giustizia. Io sono, per usare un’espressione di Nietzsche, un uomo che non appartiene al proprio tempo. Definizione questa che si applica soprattutto ai miei lavori.»
Gustav Mahler (Kaliste o Kalischt, 7 luglio 1860 – Vienna, 18 maggio 1911), incarna il caso particolare di quei musicisti che vivono a cavallo di due secoli rappresentandone la sintesi. In Mahler tutto ciò è accentuato da una personalità complessa, densa di contraddizioni e conflitti interiori che derivano oltremodo dall’essere ebreo – austriaco e da una esasperata sensibilità lungamente provata fin dagli anni giovanili. Diceva spesso: « Sono tre volte senza patria: come boemo tra gli austriaci, come austriaco tra i tedeschi e come ebreo in tutto il mondo. Dovunque un intruso, “desiderato” in nessun luogo».
Nella sua produzione sinfonica e liederistica si ritrovano i presupposti, le componenti psicologiche ed esistenziali dell’essere umano, l’angoscia e la malinconia che dominano costantemente l’esistenza del compositore. Probabilmente anche questo aspetto contribuì al contenuto successo della sua musica. Il periodo in cui visse il giovane Gustav costituisce un decisivo momento di transizione, in cui gli epigoni del Romanticismo si coniugano con le inquietudini del Novecento. Il nuovo secolo sembra sorgere sulle crisi letterarie, artistiche e sociali dell’Ottocento e la stessa funzione sociale e culturale della musica è soggetta a mutare. Con i cambiamenti estetici e stilistici che avvengono tra il 1890 e i primi anni del Novecento verrà a insinuarsi un nuovo concetto di musica che, evolvendosi, assumerà il termine di Musica moderna (o Musica nuova) verso gli anni Cinquanta del Secolo.
Mahler, immerso in questi mutamenti, si serve ancora dell’ambiente tonale e dei molti mezzi ereditati dalla grande tradizione tedesca, consapevole di non appartenere alle avanguardie musicali che si affacciano al Novecento, ma convinto che solo il futuro accoglierà la sua musica. Pur prendendo le distanze dal processo disgregativo della tonalità iniziato con Richard Wagner e condiviso dai più agguerriti musicisti dell’epoca, fin dalle prime composizioni mahleriane si possono scorgere strutture e scelte stilistiche che preludono ad un rinnovamento del linguaggio musicale.
Una testimonianza del Mahler progressista è costituita proprio dalla Sinfonia in do minore n.2 Auferstehung (Resurrezione ) per soli, coro e orchestra composta nello stesso periodo della Prima Sinfonia fra il 1888 ed il 1894. Sinfonia innovativa non soltanto per l’uso delle voci soliste, un soprano, un contralto, un coro (lo aveva già fatto in modo eccelso Beethoven agli inizi dell’Ottocento) né per l’impiego di un organico orchestrale ipertrofico, o per l’inserimento nel quarto movimento di un suo precedente Lied, Urlicht (“Luce primordiale”), quanto piuttosto per un’ardita e più ampia concezione della forma-sonata applicata nel primo e nell’ultimo movimento di questo imponente lavoro. Il primo movimento era sorto come pagina musicale autonoma, dotata di un titolo a sé: Totenfeier (“Rito funebre”); il compositore intendeva questo brano come il funerale del Titano, il personaggio che aveva titolato la prima sinfonia. Lo conferma una lettera del 26 marzo 1896 indirizzata al critico musicale Max Marschalk, in cui Gustav scrisse: « Ho chiamato il primo movimento Totenfeier e, se vuole saperlo, è l’eroe della mia Prima Sinfonia che io porto a seppellire. »
Nella sua forma definitiva la sinfonia è divisa in cinque movimenti:
1. Allegro maestoso. Mit durchaus ernstem und feierlichem Ausdruck
(Allegro maestoso. Con espressione assolutamente seria e solenne)
2. Andante moderato. Sehr gemächlich (Andante moderato. Molto comodo)
3. In ruhig fließender Bewegung (Con movimento tranquillo e scorrevole)
4. “Urlicht” (Luce primitiva) – Sehr feierlich, aber Schlicht (Molto solenne ma con semplicità, come un corale) testo tratto da “Die Wunderhorn” di Ludwig Achim von Arnim e Clemens Brentano
5. Im Tempo des Scherzo. Wild herausfahrend. “Aufersteh’n” (Tempo di Scherzo. Selvaggiamente. Allegro energico. Lento. Misterioso) contiene l’inno Die Auferstehung (La Resurrezione) di Friedrich Klopstock.
Il Lied Urlicht che costituisce il quarto movimento è tratto dalla raccolta di antiche poesie tedesche curata da Achim von Arnim (1781 – 1831) e Clemens Brentano (1778 – 1842) all’inizio dell’Ottocento (1805-1808) “Des knaben Wunderhorn” (I1 corno prodigioso del fanciullo), raccolta più volte utilizzata da Mahler per i suoi Lieder.
Il quinto e ultimo movimento, fu composto probabilmente in occasione della cerimonia funebre per la morte di Hans von Bülow; porta le indicazioni Im Tempo des Scherzo. Wild herausfahrend. “Aufersteh’n” (Tempo di Scherzo. Selvaggiamente. Allegro energico. Lento. Misterioso) e contiene l’inno di Friedrich Klopstock Die Auferstehung (La Resurrezione). A conclusione aggiungerò che la sinfonia, opera di sintesi tra caducità terrena e sublimazione divina, tra morte e resurrezione, venne eseguita per la prima volta a Berlino nel 1895 e pubblicata da Hofmeister, Lipsia, nel 1897.

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Mahler nel 1898, un anno dopo la pubblicazione della sua Seconda Sinfonia

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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