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Da: Organizzatori
Con i miei occhi di bambino
Aveva cinque anni Renzo Rossi quando, dal balcone romano di Palazzo Venezia, Mussolini annunciava l’ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale: era il 10 giugno 1940 e da quella decisione, diffusa in tempo reale nelle piazze italiane dai microfoni dell’Eiar, sarebbero scaturiti immani lutti per l’intera nazione, attraverso una sequenza di drammatici avvenimenti culminati con l’occupazione nazista e la guerra civile.
Le pagine dei libri scolastici dedicate alla Seconda guerra mondiale fissano date ed eventi che la Grande Storia ha scolpito nella memoria del Paese, dalla caduta di Mussolini, all’armistizio, alla nascita della Repubblica Sociale, alla Liberazione per citare solo i più eclatanti: eppure anche i testi più accorti che si sforzano di penetrare la crosta per investigare il riflesso che quelle vicende ebbero sulla carne viva degli italiani, scontano uno scarto di pathos, e non potrebbe essere diversamente, di fronte alle testimonianze di quanti ancora possono narrare quella temperie per esserne stati testimoni diretti. Cosa comportarono, quei lunghi anni di guerra, per gli italiani? Come trascorreva la loro esistenza quotidiana? Quali angosce e speranze la accompagnavano? In che modo la Grande Storia finì insomma per l’intrecciarsi con le abitudine quotidiane ‘delle genti meccaniche, e di piccol affare’, per dirla col Manzoni?
Darà risposta a queste domande, di fronte agli allevi delle classi quinte dell’Istituto Luigi Einaudi venerdì 22 marzo (ore 10,10-12,10, per il ciclo ‘ApertaMente’), proprio Renzo Rossi, poeta, saggista e giornalista romagnolo, che porterà la sua testimonianza di bambino a cui le circostanze belliche imposero di crescere molto in fretta; e davanti ai cui occhi, lui che risiedeva nel cuore della bassa campagna conselicese, tra Ferrara e Ravenna, si dipanava giorno dopo giorno il filo di quegli avvenimenti che, in forma di volta in volta di una camicia nera, di una divisa di un soldato italiano in licenza e del pianto della sua donna, di un Panzer tedesco, di un bombardamento alleato, dell’atto di eroismo di un sacerdote, della fuga di un partigiano attraverso una rete metallica lacerata, facevano intuire il segno della tragedia dell’intero Paese. Saranno quindi due ore, quelle che Rossi trascorrerà con gli allievi dell’Istituto di istruzione Superiore cittadino -ma l’incontro è aperto a tutti coloro che vorranno parteciparvi-, colme di lucidi ricordi di vicende marginali sul piano militare tuttavia significative per comprendere il diffuso universo di esperienze degli italiani di allora.
Renzo Rossi, di Chiesanuova di Conselice, ha svolto un’intensa attività giornalistica come fondatore e direttore del semestrale conselicese “è Bafiòn”, foglio dedicato alla vita paesana e alle sue tradizioni, pubblicato dal 1974 al 2011, che l’hanno portato a essere il collettore delle memorie di un’intera comunità; pubblicista dal 1981, è stato anche collaboratore per la redazione di Ravenna de “Il Resto del Carlino” dal 1966 al 2018, del “Giornale di massa” e de “Il Nuovo Diario Messaggero”. Versato all’impegno sociale per un particolare amore delle sue radici, è stato inoltre tra i fondatori della locale Pro Loco, consigliere comunale per tre legislature e promotore di importanti iniziative culturali, fra le quali quelle che hanno portato, a Conselice, all’edificazione di tre monumenti in bronzo dedicati a mondine e scariolanti, allo storico parroco Don Francesco Gianstefani e all’anfibio ‘rana’, tradizionale simbolo del paese, nonché alla bella scenografia realizzata nel centro storico, in piazzetta Guareschi, e dedicata al Piccolo Mondo di Giovannino Guareschi. Autore di numerosi articoli di taglio saggistico per periodici locali, studioso delle tradizioni e poeta dialettale, Renzo Rossi nel 2013 ha inoltre dato alle stampe il volumetto di liriche “La Vulandra. Poesie in dialetto conselicese”.

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Riceviamo e pubblichiamo


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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