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di Mario Sunseri

Terzo (ed ultimo, a detta dell’autore) volume che completa la trilogia sul Subbuteo. Nicola Deleonardis, classe 1965, consulente finanziario cresciuto all’ombra della curva Ovest della Spal (come si dice a Ferrara, dove la squadra è anche lo stadio stesso), riporta nuovamente alla ribalta il gioco-cult del periodo anni ’60-anni ’80, il Subbuteo, quando il calcio vestiva ancora le maglie dei club e i giocatori erano bandiere da sventolare, non espressioni di tatuaggi e tagli di capelli contro ogni legge fisica.
Dopo i precedenti “Subbuteo o son desto” con 17 interviste a personaggi famosi di ogni estrazione e “Il Manuale del Subbuteo”, il nuovissimo “Se questo è un gioco”, il titolo del volume, edito da Youcanprint ed acquistabile online su tutte le principali librerie, raccoglie in 342 pagine a colori tutta la storia del gioco, miniatura dopo miniatura. Oltre a queste immagini dei mitici omini basculanti compare, per ogni pagina, una foto a colori del periodo suddetto della medesima squadra, in modo da poter confermare che i colori dipinti dalle mitiche massaie del Kent , che passavano intere giornate con pennelli e colori a dipingere sacchi di omini di plastica, fossero realmente quelli che scendevano in campo ogni domenica nei vari stadi del mondo (quando ancora il calcio si giocava di domenica…). “Il Subbuteo è un gioco, un gioco sul calcio. Quindi è un’attività che deve interessare i bambini, di ogni età. È per quello che mi è sembrato logico associare la mia produzione letteraria, se mi passate il termine, con l’attività dell’associazione di volontariato Giulia Onlus che è attiva sul territorio a favore di problematiche che coinvolgono i bambini.” Con questa affermazione l’autore del libro presenta la sua terza opera sul tema Subbuteo. Milioni di giocatori dalla metà degli anni Sessanta alla metà degli anni Ottanta hanno incrociato gli indici riproponendo sul panno verde campionati e tornei di ogni fatta e specie. È sull’onda di quei ricordi che il libro “Se questo è un gioco”, ben 342 pagine a colori edito da Youcanprint ed acquistabile online o su prenotazione in libreria, risulta essere un compendio di tutte le miniature cosiddette heawyweight (quelle con la barretta, per intenderci) prodotte dagli anni ’60, dipinte dalle mitiche massaie del Kent che settimanalmente sfornavano chili di omini di plastica. Per ogni pagina, oltre all’immagine della miniatura di una determinata squadra, viene proposta un piccola scheda tecnica (colori, accostamenti di basi) e qualche notizia “sfiziosa” relativa alla squadra stessa. Per concludere, una bella foto (dove si è potuto, a colori) doverosamente d’antan della vera formazione rappresentata poi su plastica. In questo lavoro di ricerca si può intravedere una grande passione e amore per il calcio ed ovviamente per il Subbuteo, con un filo (e qualcosa di più) di nostalgia verso tempi quando i calciatori più “sopra le righe” portavano al massimo i capelli lunghi e le basette folte, alla faccia delle creste e dei tatuaggi che ricoprono oggi i giovani lavoratori dell’arte pedatoria.

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La copertina del volume ‘Se questo è un gioco’ di Nicola ‘Delez’ Deleonardis

In certi casi non è stato possibile trovare foto o notizie, troppo tempo è passato o troppo poco importanti, per la stampa del tempo, risultava immortalare squadre come Dumbarton o Frigg… Ma è grazie a questo volume ed al Subbuteo che questi “fantasmi” del calcio tornano in campo, magari anche solo “in punta di dito”.
Questo lavoro ha un fine benefico. L’intero ricavato di “Se questo è un gioco” sarà versato a favore dell’Associazione Giulia Onlus di Ferrara. Per non dimenticare che il Subbuteo rimane un fantastico gioco, utile per far aggregare e divertire i bambini, di ogni età.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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