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E’ dedicata al cibo, in perfetta linea con l’Expo di Milano, la sesta edizione dell’ International week organizzata dallo Smiling, liceo internazionale privato. Materne, primarie, medie e superiori sono impegnate fino a giovedì nel produrre, esporre e vendere i lavori realizzati nelle classi. Trecento studenti di tutte le età hanno partecipato all’iniziativa, che giovedì pomeriggio si chiude con una grande festa delle famiglie degli allievi nell’istituto di via Roversella, dove ogni classe allestisce un proprio stand. “Con gli incassi acquisteremo materiale didattico come è successo negli anni passati”, spiega la preside Caterina Azzini. Le abitudini alimentari da una parte all’altra del mondo sono state il cuore dell’International week, durante la quale i bimbi hanno realizzato diversi loghi per dare un’immagine a Food Stock, l’appuntamento con il cibo, le sue tradizioni e l’inevitabile ventaglio di temi che implica a seconda della latitudine.

“Durante la settimana il menù della scuola ha proposto prodotti a Km 0, abbiamo usato pasta di casa nostra, la Ricci, e proposto piatti a base di spezie, come patate alla curcuma, una ricetta creola e altre a base di legumi”. Un mondo di sapori, ma anche un modo per conoscere abitudini diverse dalle nostre, perché il cibo è cultura, ci rappresenta, ci descrive, ci racconta. E bimbi e adolescenti lo hanno raccontato scrivendo storie e fiabe racchiuse in libri scritti e disegnati per l’occasione, preparando mattonelle di burro alle erbe, candele di cera d’api, cioccolatini avvolti in fantasiose confezioni di carta e coltivando piante aromatiche. “Sono stati toccati moltissimi temi legati all’alimentazione e ai consumi, compreso quello della carne, che in questa parte del mondo mangiamo in quantità eccessive”, dice la preside. Tra loghi, libri e torte, sfornate dalla cucina dello Smiling, c’è anche l’esposizione delle tavole della parodia dell’Inferno di Dante, realizzate da terza e quarta delle primarie.

Quel gran coniglio di Dante

L’inferno visto dai bambini è un ospedale, il gran poeta un coniglio bianco, vestito di rosso con tratti manga e un’incurabile svenevolezza, la sua guida Virgilio è una tigre avvolta in un camice da medico, con sé ha una valigetta dentro la quale conserva diverse cose, tra cui un formaggio puzzolente da passare sotto il naso del sommo malato per farlo rinvenire, nonché la metà di un prezioso antidoto che va combinato con la parte mancante. “L’idea della parodia è nata da esigenze di programma, si dovevano spiegare il discorso diretto e il genere umoristico”, raccontano Paola Cirelli e Angela Barioni le insegnanti delle due classi coinvolte. Così, una volta la settimana, il progetto ha preso forma, si è trasformato in coloratissime vignette con i dialoghi tra i due protagonisti e i ricoverati.
Sono stati i bambini a scegliere e votare il luogo in cui collocare l’Inferno al centro del quale è posto un gran frigorifero, guardato a vista da un supercattivo, che di tanto in tanto afferra un dannato di passaggio e lo trasforma in un cubetto di ghiaccio.

Dante4 dante3La fantasia è tanta, è parte di un gioco ed è l’antidoto alla serietà con cui in futuro si dovrà affrontare il padre della lingua italiana. Nel frattempo il viaggio di Dante, alla ricerca di una cura per guarire dalla svenevolezza, si snoda tra un reparto e l’altro, dove i “maldannati” soffrono di codite, di contrariosi, di avvocatosi, di giraffite e così via. Sulle tavole, formate da quattro disegni ciascuna, spiccano ometti e animali dal collo lunghissimo sdraiti sui letti, alcuni si mordono ininterrottamente la coda, altri dicono il contrario di quello che pensano e altri ancora difendono posizioni indifendibili. Ad ogni incontro tra il poeta e un maldannato corrisponde un indizio per scoprire dove si trova parte della medicina di cui ha bisogno per rimettersi dal suo problema. Il fumetto procede via via fino al megafrigorifero nel quale è conservata l’altra metà dell’antidoto alla svenevolezza.

“Ci aspettavamo che i bambini identificassero l’inferno con la scuola, la loro scelta ci ha sorprese”, dicono le maestre. I tempi cambiano. Una cosa però resta sempre uguale: all’inferno finiscono i parenti più stretti, sorelle, fratelli e nonne. Con gran sollievo delle maestre, che pensavano di essersi guadagnate l’eterna ibernazione.

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Monica Forti


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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