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“Scrivere un romanzo significa stendere un progetto e documentarsi; significa restituire l’atmosfera dei luoghi, i gesti di una persona o un animale. Da lettrice, quando chiudo un romanzo voglio avere visitato un luogo nuovo, conoscere qualcosa in più di ciò che già sapevo prima di aprirlo. Da scrittrice, voglio trovare il ‘mot just’ che professava Flaubert, quella parola che a volte sfugge dalla rete verbale che sto tessendo e che poi, pazientando e ostinandomi, arriva. Questo vale, in generale, per l’intera resa di ciò che scrivo: in Australia ho trascorso ore sotto un albero, aspettando che un koala allungasse la zampa per afferrare una foglia, al fine di renderne al meglio la gestualità, l’impressione, come se il lettore potesse provare quello che io provavo.”

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Presentazione alla libreria Feltrinelli di Ferrara per ‘Autori a corte’

Questo è il punto di partenza con cui Cinzia Tani, autrice radiotelevisiva, scrittrice e docente in vari corsi di scrittura creativa, racconta la protagonista del suo nuovo romanzo storico “Storia di Tonia” (Mondadori, collana Omnibus) nella presentazione-intervista in compagnia del giornalista Sergio Gnudi alla libreria Feltrinelli per il ciclo “Autori a corte. Outside“.
Storia tramata nella storia, che scivola tra sentimenti di amore e rivalsa, di rancore e gratitudine. C’è la vicenda che funge da traino del romanzo: la truffa, da parte di un marchese francese, ai danni di poveri veneti che comprano lotti di terra in Nuova Irlanda con la speranza di un futuro. Così, nel 1880 si affaccia la storia di Tonia, sedicenne che insieme alla famiglia di contadini parte da Bassano del Grappa cercando fortuna.
Gli snodi del romanzo scorrono tra episodi storici – una Sydney buia, in attesa che venga illuminata dall’esperimento riuscito di Guglielmo Marconi, nel prologo; i ‘bushranger’ australiani, sorta di Robin Hood, spesso romantici; la battaglia di Gallipoli, in cui trovarono la morte più di un migliaio di giovani australiani, fieri di combattere per la prima volta per l’impero inglese – e umane passioni – la morte della madre di Tonia, il suo matrimonio con il cugino che non ama e la passione per Lester, gentile figlio della casa in cui Tonia presta servizio; dissapori tra i figli, due avuti con il marito e due gemelli con il grande amore della sua vita; il rancore del suo primogenito nei confronti di Mark, figlio prediletto di Tonia che pure gli salverà la vita inchiodando al muro le sue certezze.

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La copertina

“In un romanzo storico – precisa l’autrice – trovo che la parte più invitante siano i fatti della storia che sono poco conosciuti.” L’approccio al concreto per poi intavolare una storia romanzata fa parte anche di altri generi letterari affrontati dalla scrittrice, tra cui il fumetto “Unità speciale”, esperimento condotto per la collana “I tipi dell’Eura editoriale” e focalizzato sull’unità dei Ros.
É la realtà che diventa letteratura, sono le emozioni che devono restare impresse sulla carta attraverso le parole senza dilungarsi in eccessi, senza appesantire la scrittura pur descrivendo e dando un’anima tanto ai protagonisti quanto ai personaggi minori. Non di sole prime ballerine vivono i suoi romanzi, infatti: l’intero corpo di ballo è lungo e altrettanto interessante. “I personaggi talvolta sfuggono dalla mia penna e vivono una vita propria, attirandosi l’amore e l’attenzione del lettore. Questo accade a Pietro in “Lo stupore del mondo“, incentrato sulla figura di Federico II; questo ancora accade a Virginia in “Storia di Tonia”. É come accorgersi all’improvviso di un personaggio che è rimasto per lungo tempo in un angolo, in disparte: lo si nota e ci si innamora di lui, ci si accorge delle sue qualità.”
Il tutto attraverso una costante attività di fatica: lavoro incessante, ricerche, riletture e controlli. “Notti bianche” con un finale di soddisfatto traguardo.

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Cinzia Tani alla presentazione del suo nuovo romanzo ‘Storia di Tonia’ (Mondadori), nell’ambito di ‘Autori a corte. Outsider’, tra Vincenzo Iannuzzo e Federico Felloni (foto di Giorgia Pizzirani)

 

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Giorgia Pizzirani


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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