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“Troppo Tardi” è il nuovo album di Giancarlo Frigieri, una raccolta di otto canzoni tutte made in Emilia Romagna: Frigieri, infatti è nato a Sassuolo e il suo nuovo lavoro è distribuito e promosso dalla ferrarese New Model Label.
Giancarlo ha condiviso palco e microfono con Max Gazzé, Modena City Ramblers, Nada, Baustelle e Nick Castro, ed è stato il batterista dei Julie’s Haircut e il frontman dei Joe Leaman. Dopo i primi album in inglese, il cantautore emiliano ha iniziato a cantare in italiano con “L’età della ragione”, vincitore nel 2009 del premio “Miglior Album autoprodotto” al Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza. “Troppo tardi”, disponibile dal prossimo 9 ottobre, è il suo settimo disco.

Giancarlo Frigieri
Giancarlo Frigieri

Per la realizzazione di “Troppo tardi” sono state utilizzate esclusivamente chitarre e voci, con l’applicazione di ogni tipo di effetto digitale o analogico per farle sembrare (anche) qualcos’altro. Il cantautore emiliano è l’autore dei testi e delle musiche di tutte le canzoni.
Le parole, a volte, hanno sonorità musicali, come nel caso de “Il chiodo”, dove la frase “Zitti tutti” è sussurrata per simulare una batteria con le spazzole, mentre una disquisizione gustativa introduce la prima metafora del disco: “Il sale delle lacrime alle volte sembra dolce ed è a quel punto che iniziano i guai, quelli cui piace stare dalla parte dei perdenti faranno si che tu non vinca mai…”. In “Motivi famigliari”, le parole “Rakastan sinua” (ti amo in finlandese) sono eseguite in loop per sostenere la ritmica del brano e il lato oscuro di una storia d’amore ossessiva. Nel pezzo “Elicotteri e cani”, quello con maggior spessore introspettivo, l’effetto percussivo è affidato a respiri e feedback di chitarra: le parole seguono l’andamento lento di un suono melanconico, “con la speranza che i cani e gli elicotteri non lo trovino mai”.
“Fiori” si apre con un assolo di chitarra che unisce pezzi di melodie di autori classici del novecento: Bartòk, Stravinskij, Shostakovich, Debussy e Holst, sopra a un basso simulato per descrivere la corsa del tempo verso un tiepido futuro.
“Il limite” è una ballata, dalla cadenza incalzante, una filastrocca intelligente che si svolge davanti allo specchio “…un uomo che cammina e che non sa di essere un equilibrista sul filo della realtà… credimi allo specchio, pronto a ridere di te”. Pigrizia e meditazione convivono in “Galleria”, dove si punta il dito verso illusioni e occasioni mancate.
“Nel mondo che faremo”, è una sintesi dell’ironia e della leggerezza con cui raggirare il pessimismo: “Vorrei avere una parola di speranza che sia vera perché io a dirla tutta non la vedo così nera la soglia di attenzione l’asticella e noi si resta vivi, sfruttando i terzi tentativi… la nuova droga sarà la felicità e piano piano ognuno ci si abituerà… ”.
In “Nakamura”, fa capolino il rock progressivo, con tanto di distorsioni acide, essenziali per raccontare la storia dell’ennesimo “ultimo” soldato nipponico, ignaro della fine della Seconda Guerra Mondiale.

I brani dell’album sono legati da un tema comune, rintracciabile nell’uso ricorrente di alcune parole, scelte per raccontare le sconfitte che possono colpire l’uomo comune. Come afferma l’autore: “Questo è un disco che parla dell’accettazione della propria sconfitta, del fatto che riconoscere di essere stati sconfitti non è una cosa necessariamente negativa, anzi può essere un ottimo punto per ripartire. I testi parlano di storie e persone sconfitte: c’è chi la vive come un incubo, chi come una liberazione per ricominciare, chi la prende serenamente come un’esperienza necessaria e chi, nella sconfitta, ci fa il bagno tutti i giorni”.
Il sapiente dosaggio, d’intelligenza e ironia, crea situazioni dai toni surreali che offrono spunti di vita reale su cui riflettere. Gli effetti “analogici” donano all’album sonorità lontane dagli stereotipi del cantautore classico.

Lo scorso 21 settembre è stato pubblicato il video del brano “Il chiodo”, regia di Corrado Ravazzini con Vincenzo Maenza, nato a Imola, pluripremiato campione olimpionico specialista nella lotta greco-romana.

ASCOLTA “Il chiodo”, il nuovo video di Giancarlo Frigieri con protagonista Vincenzo Maenza [clicca qua]

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William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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