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“Lo Stato siamo noi, perciò lo Stato c’è se noi decidiamo di usare gli strumenti a nostra disposizione e diventiamo consum-attori, decidendo cosa acquistare con i nostri soldi, ed ele-attori, decidendo chi votare e non lasciando fare agli altri. Dobbiamo essere partigiani, cioè decidere di stare da una parte”. “Se decidiamo che un altro mondo è possibile lo possiamo realizzare: adesso non domani”. A parlare è Antonio Picascia, ospite a Copparo dell’incontro “Partigiani oggi! Percorsi di legalità e resistenza alla malavita organizzata”, organizzato dal Coordinamento di Ferrara di Libera e da Altra Qualità nell’ambito di “La notte rossa 2015. Popoli e diritti”, promossa nelle case del popolo della provincia di Ferrara. Antonio è amministratore delegato di Cleprin Srl, industria chimica casertana specializzata nella produzione e vendita di detersivi industriali e nella produzione di eco-dosi idrosolubili ed eco-compatibili, che il 17 gennaio 2007 ha detto no alla camorra non solo rifiutando di dare un lavoro al fratello del boss di Sessa Aurunca e di pagare il pizzo, ma denunciando alle forze dell’ordine i tentativi di infiltrazione e di estorsione di questi “scarafaggi”, come li chiama lui.

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Antonio Picascia e David Cambioli di AltraQualità

Picascia non si sente un’anomalia; nella sua terra, non la terra dei fuochi ma la terra di don Peppe Diana, “ci sono sempre stati partigiani, persone che tutti i giorni fanno il proprio dovere”: “io ero solo un imprenditore come tanti – ci dice – che cercava di realizzare un sogno, creare un’attività in proprio senza necessariamente uscire dal proprio territorio”.
Il destino ha voluto che queste persone, lui e il suo socio Franco Beneduce, Simmaco Perillo di Nco-Nuova cooperazione organizzata e i Comitati di don Peppe Diana, i volontari di Libera, si incontrassero e cominciassero a lavorare insieme, dimostrando che “un’altra storia è possibile”: “più si fa rete e più dà fastidio, più si dà fastidio più aumentano gli attacchi”, dalle denunce anonime agli atti vandalici. Come l’incendio dei dieci ettari di terreno vicino Teano gestiti da Nco, che si è misteriosamente fermato al confine con le proprietà limitrofe, o come quello che ha distrutto quasi due terzi dell’azienda di Antonio, divampato nella notte fra il 23 e il 24 luglio. Antonio non ha dubbi “questi atti di vigliaccheria” sono “il prezzo da pagare” per una “evoluzione positiva”, che in questi anni c’è stata. Nel 2007 la sua denuncia, l’arresto degli esponenti del clan e persino di un funzionario del comune implicato nella vicenda non avevano causato reazioni nei quasi 7.000 abitanti di Sessa Aurunca, né astio né plauso, solo indifferenza, “tutti si comportavano come se non fosse successo niente”. L’incendio di quest’estate, invece, “ha scatenato una risposta collettiva fortissima: sono venuti don Ciotti, i ragazzi dei campi estivi di Libera e il viceministro delle politiche agricole Olivero, che ha presentato proprio alla Cleprin una nuova legge sull’agricoltura solidale. La Protezione Civile dell’Emilia Romagna ci ha dato una tensostruttura utilizzata per il sisma del 2012 e i fornitori ci hanno fornito macchinari e materie prime”. E, nonostante il rogo, “siamo riusciti a consegnare tutti gli ordini che avevamo ricevuto”.

Gli chiediamo se lui, Beneduce e i loro 35 dipendenti non si sono mai chiesti se ne valeva la pena: “le persone non sono tutte uguali, alcune si interrogano e altre no, quelle che si interrogano non si possono dare una risposta diversa da quella che abbiamo dato noi. Oggi comunque tutti i ragazzi si sono schierati, hanno dato una grande mano quest’estate, se siamo riusciti a non fermarci è anche perché tutti loro sono venuti a lavorare il sabato e la domenica. Come dice don Luigi Ciotti: “basta chiacchierare, sporchiamoci le mani!” Loro lo hanno fatto e quindi tutti insieme siamo riusciti a dare questa risposta forte, che altrimenti non sarebbe stata possibile”.

antonio picascia-copparo
Un momento dell’incontro

Il 28 ottobre ci sarà la prima udienza dell’inchiesta Aemilia, ad Antonio domandiamo: “cosa possiamo fare noi, oltre a informarci, per essere i cittadini attivi che tu descrivevi prima?” La sua risposta è che non possiamo permetterci di essere distratti: “non ci dobbiamo voltare da un’altra parte, ci dovremmo interrogare di più” e farlo a partire dal nostro vissuto quotidiano. “Conduciamo una battaglia impari, nella quale i partigiani del bene sono molto di più di quelli del male. Il vero problema sono le tante persone che compongono la zona grigia: i buoni si devono scontrare anche con questa indifferenza”. Ecco perché, per scalfire questo disinteresse, ciascuno deve metterci un po’ del proprio impegno e tutti dobbiamo tentare di lavorare insieme agli altri.

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Ascolta il brano intonato: Bandabardò, Manifesto

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Federica Pezzoli

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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