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Ha un anno appena e già resta sola con la mamma e il fratello, di cinque anni più grande. Il papà, José Maria Molina, militante clandestino del Partito rivoluzionario dei lavoratori, viene rapito e fucilato, assieme a 15 compagni, da un organizzazione paramilitare, la cosiddetta ‘Tripla A” (Alleanza anticomunista argentina), attiva ben prima dell’avvento della dittatura. E’ il 12 agosto del 1974 e la vita di Jorgelina è già sconvolta.
Nel 1976, dopo il golpe, la situazione in Argentina precipita e tutti gli oppositori del regime sono a rischio di vita. Quando Jorgelina ha da poco compiuto i tre anni, le milizie fanno irruzione nell’appartamento dove vive, a Lanús, nella provincia di Buenos Aires. Nella notte, in sua presenza, la mamma viene sequestrata. Non la rivedrà mai più e di lei non saprà più nulla. Isabel Cristina Planas da allora è ufficialmente ‘desaparecida’, per sempre. Di quel trauma, Jor, serba lacerante memoria e ancor oggi fatica a parlare.
Qualche giorno più tardi viene condotta da una vicina di casa al tribunale per i minori che la affida a un orfanotrofio, dove rimane per sei mesi. In seguito il giudice, senza preoccuparsi di ricercare i suoi parenti, la assegna a una famiglia, probabilmente connivente con il regime militare, i Sala. Le dicono che i suoi genitori erano guerriglieri che buttavano le bombe e l’hanno abbandonata: loro sono i suoi salvatori. Magari ne sono intimamente convinti e si sentono davvero benefattori. Come in ogni guerra (e anche quella Argentina, in un certo senso, guerra è stata, sia pur non dichiarata, guerra civile ad armi impari), i carnefici hanno un rapporto ambivalente con le vittime. Si può immaginare in questo caso che la ‘salvezza’ offerta ai figli rappresentasse nella mente obnubilata dei persecutori una sorta di riscatto dalla brutalità del male ‘necessario’ inflitto ai genitori, ‘nemici della Patria’.

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‘Jorgelina piange’, autoritratto di Jorgelina Molina Planas

E’ l’ottobre del 1977. Jor vive con inevitabile tormento e sofferenza la propria condizione in quella famiglia. Le dicono subito: “Non ti chiamerai più Jorgelina, il tuo nome ora è Carolina”, Carolina Maria Sala. Studia, si diploma, si iscrive all’Accademia di Belle arti. Del fratello Damiàn non sa più nulla. Nel frattempo la nonna paterna Ana Taleb de Molina, rifugiata in Svezia, la cerca disperatamente. La sostengono le ‘Abuelas de Plaza de Mayo’ e varie organizzazioni per i diritti umani. Finalmente, nel 1984, entra in contatto con la famiglia adottiva, che però non le permetterà mai di parlare con la nipote. Continuerà a scriverle sino al giorno della sua morte, ma quelle lettere non saranno consegnate. Jor ritroverà anni più tardi gli originali conservati dalla nonna.

Nel 1996 ‘Carolina’ Jorgelina ha 23 anni ed entra in convento, nella congregazione “Schiave del Sacro Cuore di Gesù”. Ci resterà sino al 2002, quando deciderà di lasciare la vita religiosa. In quegli anni, però, inizia a ricreare se stessa e comincia a colmare di senso i vuoti di un’identità tutta da costruire. Dipinge anche, ma lo fa in “in bianco e nero”, giocando sulle sfumature del grigio: rappresentano bene una vita senza colore e senza felicità.

Il riscatto avviene a poco a poco. E inizia proprio dai giorni del convento, quando le suore le permettono di ricevere la posta e le lettere di amici e congiunti, quelle che la famiglia adottiva le aveva sempre celato. Le suore l’aiutano nel processo di ricerca della sua identità. Già nel maggio del ’96 ritrova il fratello Damián e la famiglia biologica: zii, cugini e nonna materna. Così, piano piano, può prendere a riordinare i tasselli della sua esistenza e a riscoprire la sua storia. Poi incontra Antonio, l’uomo di cui si innamora e che sposa. Oggi Jor ha 41 anni, tre figli, un amore e una vita. Continua la sua attività artistica, dipinge ed espone in tutto il mondo. E le sue tele, tracce di un anima dispersa e poi riafferrata, hanno ritrovato la gioia dei colori.
Per se stessa e ufficialmente anche per il mondo, il suo nome ora è Jorgelina Paula Molina Planas.

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La copertina del romanzo di Michele Balboni ‘La diva del tango’, illustrata da un dipinto di Jorgelina Molina Planas

“Jor” è l’autrice del dipinto riprodotto sulla copertina del romanzo “La diva del tango”, pubblicato da Faust edizioni e scritto dal ferrarese Michele Balboni. Il volume sarà presentato nell’ambito degli eventi del Festival Internazionale. Racconta di Marisol e di sua figlia Ines e narra una vicenda di fantasia, specchio delle tragedia dell’Argentina dei generali negli anni della dittatura, centrando nello specifico proprio il tema dell’appropriazione dei bambini dei desaparecidos da parte delle famiglie compiacenti con il regime. Nella postfazione del libro c’è la biografia di Jorgelina.

Venerdì 3 ottobre, per la presentazione, saranno a Ferrara anche Walter Calamita e Claudio Tognonato, promotori in Italia della “Campagna per il diritto all’identità” a sostegno dei figli dei desaparecidos argentini. L’incontro si svolgerà alle 17 alla libreria Ibs di piazza Trento e Trieste.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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