Skip to main content

C’è chi si serve dello sport per migliorare il proprio aspetto fisico; chi lo utilizza per scaricare la tensione accumulata; chi si dedica a una determinata attività fisica per pura passione e chi, infine, di una sana passione ne fa un mestiere. E’ quest’ultimo il caso di Marco Iuculano, pugile siciliano nato a Messina il 26 febbraio del 1993 e trasferitosi a Ferrara all’età di 6 anni. Spera che la boxe diventi parte dominante del suo futuro e sta facendo il possibile per realizzare questo grande sogno.
Io e Marco ci rincontriamo dopo diversi mesi e, parlando con lui, riconfermo le impressioni che avevo avuto quando ci siamo conosciuti: è un ragazzo molto timido e introverso, nonostante lo sport “duro” che pratica. Ho voluto intervistarlo per conoscere un mondo verso cui non avevo mai provato interesse e che ho piacevolmente scoperto essere sano e affascinante.

Perché hai deciso di dedicarti al pugilato? Ti sei avvicinato a questo sport per esigenza o per passione?
Tutto è nato grazie a mio fratello, anche lui pugile. Prima praticavo karate, poi ho iniziato ad andare a vedere lui in palestra e mi sono appassionato a questa disciplina. Il pugilato è anche la mia valvola di sfogo. Ho iniziato ad allenarmi quando avevo 13 anni e ora combatto, come mia sorella. Mio fratello invece fa pugilato a livello amatoriale.

Siete una famiglia di boxer insomma! Sicuramente bisogna allenarsi molto: in cosa consiste il training?
Mi alleno tutti i giorni, tranne la domenica. La mattina faccio footing, la corsa serve per il fiato, il peso e per le gambe; il pomeriggio invece lavoro in palestra. Ci sono tre tipi di resistenza che è importante imparare a controllare e sopportare nella boxe: quella fisica, quella al dolore e la resistenza alla fatica. Gli allenamenti sono molto duri, comprendono la preparazione atletica, fisica e mentale; in quest’ultima ha un ruolo molto importante il proprio coach che cerca di motivarti e ti aiuta a credere in te stesso, ma devi metterci molto del tuo.

É quindi fondamentale avere un allenatore con cui instaurare un bel rapporto. É cosí con il tuo coach?
Si assolutamente, Alessandro Duran mi ha seguito fin dall’inizio. Lui e suo fratello Massimiliano hanno la palestra “Pugilistica Padana Vigor” dove trascorro gran parte del mio tempo e dove giornalmente mi alleno con i miei compagni. Con Alessandro ho un bellissimo legame, che va oltre il rapporto allievo-maestro; con lui posso parlare di tutto e sa sempre darmi buoni consigli, con lui mi sento protetto. Il pugilato è una scuola di vita con principi e valori forti che lui ha saputo trasmettere molto bene a me e ai mie compagni, persone modeste che per me sono come fratelli e sorelle. Anche per Massimiliano detto “Momo”, nutro una profonda stima; è un grande maestro, ammiro il suo impegno nel portare avanti la passione per il pugilato con continue iniziative originali. Anche lo zio dei fratelli Duran, Gualtiero Becchetti, segue sempre me e gli altri ragazzi della squadra; è una vera e propria enciclopedia della boxe, nemmeno Wikipedia può batterlo! Sono costantemente seguito negli allenamenti anche da Romano Becchetti, altro zio dei fratelli Duran, un grande preparatore atletico della pugilistica padana. Sono molto affezionato anche alla madre di Ale e Momo, la signora Augusta, che ci sostiene sempre e il suo tifo durante gli incontri è davvero inconfondibile!

Generalmente come ti prepari ad un incontro?
Dal punto di vista tecnico, prima degli incontri si fanno i cosiddetti “guanti”, i combattimenti in palestra per allenarsi e prepararsi. La mia vita attualmente è costituita dal lavoro e dalla boxe, bisogna fare molti sacrifici; per questo mentalmente occorre ripetersi “voglio raggiungere l’obiettivo a tutti i costi” e impegnarsi al massimo per uscire vincitore dall’incontro con l’avversario.

Avrai sicuramente seguito l’attesissimo incontro tra i pugili Floyd Mayweather e Manny Pacquiao, per chi tifavi?
E’ stato uno degli incontri più importanti degli ultimi anni; dal punto di vista mediatico ed economico è stato il “match del secolo”, seguito dagli appassionati e non solo. Due campionissimi si sono sfidati mettendo in campo le loro caratteristiche opposte e hanno dato vita ad un incontro esaltante, sia dal punto di vista tecnico che tattico. Ho tifato per Pacquiao, ma sapevo che avrebbe perso; è un gran picchiatore con un ritmo forsennato, ma non avrebbe mai potuto battere Mayweather.

Da un punto di vista prettamente oggettivo, quali pensi siano le caratteristiche che un’individuo deve avere per fare il pugile?
Due elementi fondamentali sono la disciplina e il rispetto, sia nei confronti del proprio maestro, sia verso l’avversario. Chiaramente non è uno sport per tutti, è una disciplina dura, bisogna avere un carattere forte, essere molto motivati. La serietà e la dedizione per l’allenamento sono importantissime.

Quali pensi siano invece i tuoi punti forti?
Sono molto motivato, ho dedizione e tanta passione. Dal punto di vista fisico invece mi dicono che il mio pregio è avere le “mani pesanti”. La mia fortuna è avere un ottimo allenatore, uno splendido team e compagni di squadra con cui vado molto d’accordo. Al contrario di quello che tanti possono pensare, la boxe è uno sport che avvicina, che unisce; sul ring siamo tutti avversari, ma fuori siamo come fratelli. Tra di noi non c’è invidia, ma stima reciproca. Credo che due pugili che si abbracciano dopo un incontro compiano un gesto nobile che mostra il rispetto che hanno l’uno per l’altro.

Il rischio di incidenti nel pugilato è alto. Non hai paura dei rischi che corri ogni volta che combatti? Ti sei mai infortunato gravemente?
Anni fa mi sono rotto il naso e ho dovuto operarmi perchè non riuscivo più a respirare bene. Ho paura di farmi così male da compromettere la mia carriera. Chiaramente bisogna sempre stare molto attenti, ma nella vita si deve rischiare e non farsi mai frenare dalle proprie paure.

Tra allenamenti, guanti e combattimenti sarai sicuramente soggetto a distorsioni e strappi muscolari: a chi ti affidi?
Oltre che da un fisoterapista della squadra, sono seguito periodicamente dal dottor Onofrio Russo, un osteopata che mi tratta circa 2 o 3 volte al mese. Vado da lui anche per prevenire danni a livello posturale; i suoi trattamenti mi sbloccano e aiutano a mantenere l’eslasticità muscolare. Il dottor Russo, meglio conosciuto come “Nuccio”, è un gran professionista e le sue cure hanno un gran beneficio su di me, sia a livello fisico che mentale.

Quanto conta l’alimentazione per chi si dedica a questa disciplina? Devi seguire una dieta particolare?
L’importante è seguire una dieta equilibrata. Non possiamo superare la categoria di peso a cui apparteniamo, quindi, ad esempio, prima dei match è fondamentale evitare alimenti particolarmente calorici. Non posso bere alcool, il massimo che mi concedo è una birra dopo i combattimenti. Per me solo “aperitivi analcolici”!

So che hai da poco iniziato la tua carriera da neo-pro, portando a casa già due vittorie. Cosa ti hanno insegnato queste nuove esperienze? Come ti sei sentito sul ring?
Il debutto è stato per me un’emozione grandissima, mi sono ritrovato in un contesto serio di cui avvertivo tutta la pressione e l’adrenalina. Ho sentito molto il passaggio dal dilettantismo al professionismo, mi sono reso conto di tutti i cambiamenti e di essere maturato pugilisticamente.
Il primo match è stato bello, ho combattuto contro un ragazzo al suo debutto, proprio come me, e sono riuscito a batterlo. Al secondo incontro ero un po’ più rilassato, ma con la stessa determinazione e anche in quell’occasione sono riuscito ad avere la meglio sul mio avversario.
Il terzo match si è invece concluso con la mia prima sconfitta da neo-pro. Le principali colpe sono mie, la mia prestazione è stata notevolmente sotto tono, ma nonostante ciò non penso di essermi meritato questa sconfitta, specialmente dopo aver visionato il video dell’incontro. Ad ogni modo mi è servito per avere più grinta, maggior determinazione, per imparare dai miei errori e vincere i prossimi incontri. Da neo-pro bisogna avere il 60% di record positivo su 5 incontri per diventare professionista a tutti gli effetti; per ora ho combattuto 3 match e ne ho vinti 2 quindi mi basta un’ultima vittoria per fare il salto di categoria.

Ti faccio i miei complimenti! Ho assistito al tuo terzo incontro, non avevo mai visto questa disciplina dal vivo ed è stato davvero pazzesco!! C’è un pugile in particolare a cui ti ispiri?
Pugilisticamente ammiro tantissimo Mayweather, mentre dal punto di vista anche umano mi piace molto Muhammad Ali, ma sono tanti i pugili verso cui nutro una grande stima.

La boxe ti occupa moltissimo tempo: c’è qualche attività o svago che ti dispiace trascurare a causa del pugilato?
Non c’è qualcosa che mi “dispiace” trascurare; mi dedico ad una disciplina in cui credo molto e spero di raccoglierne presto i risultati. Se hai una passione, non ci sono sacrifici.

Dal punto di vista economico invece, la boxe ti da soddisfazioni? E’ per te un lavoro a tempo pieno o ti dedichi anche ad altro?
Purtroppo il pugilato non mi ripaga ancora di tutti gli sforzi. Sfortunatamente in Italia i pugili per vivere bene devono avere anche un altro impiego. In America questo sport è visto molto diversamente, basta pensare agli oltre 400 milioni di dollari che sono stati spesi per il match tra Mayweather e Pacquiao. In generale è fondamentale avere un buon manager, è lui che ti organizza gli incontri, dandoti anche la possibilità di guadagnare denaro. Io lavoro con i miei fratelli, abbiamo due macellerie, una in via Palestro a Ferrara, l’altra a Pontelagoscuro (“Macelleria Moretti”). Ci lavoro solo per una questione economica, per riuscire a sostenermi.

La tua famiglia sostiene la tua scelta di fare il pugile?
Si, se non avessi il loro appoggio sarebbe per me impossibile fare ciò che faccio, anche dal punto di vista economico. Mia mamma Lina non molla mai, mi trasmette la sua grinta e la sua energia, aiuta sempre i sui quattro figli a realizzarsi in questo mondo difficile. I miei fratelli e mia sorella, tutti più grandi di me, mi stanno vicino, mi guidano e mi seguono. Voglio che siano sempre orgogliosi di me.

Gli amici invece cosa pensano di te? 
Credo siano contenti per me, ma non vedono in questo sport ciò che vedo io. C’è una frase in cui mi rispecchio molto, è di Morgan Freeman, dice: “se c’è una magia nella boxe è la magia di rischiare tutto per realizzare un sogno che nessuno vede tranne te”.

Il pugilato è uno sport, una passione, un mestiere, ma per te, cos’è la boxe veramente?
E’ lo specchio della vita. Ti insegna a vivere, ad andare incontro alle difficoltà, ti addestra al dolore; la boxe ti insegna a resistere a tutti i “colpi mancini” che puoi ricevere e così facendo ti tempra, ti rende più forte.

Come ti vedi nel futuro?
Mi vedo pugile e, spero, anche di buon livello! So che non sarà un mestiere che potrò fare per tutta la vita, è il fisico a dirti quando è ora di smettere e noi dobbiamo avere la consapevolezza di dire “basta”. Si può aspirare a fare il boxer anche fino ai 40 anni; Simona Galassi, ad esempio, si allena con noi ventenni, e il 26 giugno andrà ai mondiali. Quando non potrò più combattere magari farò come i fratelli Duran che, dopo essere stati campioni italiani, europei e mondiali, hanno deciso di continuare la tradizione, trasmessa loro dal padre argentino, insegnando e allenando.

Ti auguro davvero di realizzare il tuo sogno. Un’ultima domanda: hai un motto che reciti o un gesto scaramantico che fai prima di salire sul ring? Sempre se non deve rimanere un segreto…
Prima di un incontro mi guardo sempre allo specchio e cerco di infondermi il coraggio necessario per affrontare al meglio il match; poi, nell’attimo prima di salire sul ring, mi faccio il segno della croce.


[La foto di copertina è di Massimo Calabresi, come peraltro tutte le altre della galleria in cui compare sovrimpressa la sua firma]

tag:

Silvia Malacarne


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it