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La persona che scrive questa testimonianza soffre di una disabilità gravemente invalidante: la perdita di memoria a breve termine. Ha padronanza di sé e si comporta in maniera normale. E’ sposato, padre di due figli, ha una vita sociale. Rammenta il passato, ma i suoi ricordi presenti durano pochi minuti. Fatica ad apprendere informazioni nuove e deve sistematicamente usare agenda e taccuino per scrivere tutto quel che fa e le procedure che deve osservare. Può capitargli, per esempio, di entrare in un ufficio, svolgere un’operazione e all’uscita avere dimenticato ciò che ha appena fatto. Per evitare di ripetere all’infinito le medesime azioni deve tener nota di ogni cosa. Ad assisterlo è il personale del centro Perez della Città del Ragazzo.
La sua toccante testimonianza è anche un grande inno alla vita.

Mai dire: “E’ finita”
di Gianluca Melloni
Dodici anni fa ero un brillante ingegnere meccanico in carriera: a 40 anni, dopo solo 14 anni di esperienza lavorativa, ero direttore generale di una azienda con 30 dipendenti che operava nel settore della produzione di autovetture. Si progettavano e si producevano impianti per iniezione gas metano e gas propano liquido per veicoli con motori a combustione interna. Quando mi fu proposto di ricoprire la carica di direttore generale, mi sembrò di vivere un sogno. Prima di laurearmi in ingegneria meccanica, quando mi domandavano che cosa avrei voluto fare da grande, rispondevo:
il direttore generale di un’azienda che lavora nel settore dell’auto (di cui sono sempre stato un grande appassionato). Molti mi guardavano stupiti di tanta determinazione e chiarezza nella visione della vita lavorativa, altri sorridevano. Quindi si era concretizzato il sogno della mia vita.
Ma il lavoro era molto faticoso, 10 – 12 ore al giorno, 80 – 100 mila chilometri all’anno percorrendo, anche due volte la settimana, il tratto di autostrada che da Bologna porta a Torino, sommando ad essi 10 – 15 viaggi in aereo per raggiungere Wolfsburg nel nord della Germania, sede di Volkswagen, piuttosto che Londra, per recarmi negli stabilimenti della Rover, oppure Parigi per contattare Renault, per promuovere la nostra azienda con lo scopo di acquisire nuovi ordini.
Molto spesso capitava che alla sera, quando ero a letto, prima di addormentarmi pensavo che tutto fosse fantastico. Una moglie comprensiva con un carattere forte ma, al tempo stesso, dolce e amorevole, ottima educatrice dei nostri due figli, capace di risolvere in modo efficace la gestione della casa e tutti i problemi tipici di ogni famiglia, mi aiutava tantissimo. Con Lei mi sentivo sicuro e affrontavo le difficoltà del lavoro, i lunghi viaggi e le fatiche delle 12 ore in ufficio, sereno e tranquillo.

Ma un brutto giorno il motore si è… fuso. Era un sabato d’ estate del 2003, parlavo con mia moglie e, improvvisamente caddi a terra privo di sensi. Corsa in ospedale, Tac e diagnosi veloce: “cranio faringioma“ da asportare in pochissimo tempo. Io non sapevo neanche che cosa fosse, ma tre giorni dopo la mia perdita di sensi ero in sala operatoria. L’operazione durò 12 ore e vi risparmio la descrizione, perché ancora oggi mi viene la pelle d’ oca a pensarci. Dopo l’operazione un lungo periodo di riabilitazione, per riacquistare una discreta mobilità e… la perdita del posto di lavoro.
Dopo otto mesi d’ ospedale mi venne proposto di fare un’ esperienza in un centro di riabilitazione socio-occupazionale e formazione per attività lavorative: la “Città del Ragazzo”, distante tre chilometri dalla città. Rimasi stupito, perché la conoscevo soltanto come una scuola professionale per l’avviamento al lavoro di ragazzi con un trascorso difficile e come il luogo dove ci sono tre campi di calcio, sui quali giocai quando avevo 12 – 13 anni. Accettai!

gianluca-melloni
La memoria a breve termine di Gianluca Melloni si ‘resetta’ continuamente. I ricordi del presente svaniscono in pochi minuti. Per questo deve scrivere tutto ciò che fa

L’esperienza vissuta è e sarà indimenticabile. Personale qualificato, psicologi, ingegneri e tecnici specializzati gestiscono il centro di formazione in modo molto professionale per formare personale qualificato da impiegare nell’industria locale e riqualificare professionisti o lavoratori, obbligati a cambiare vita a causa di incidenti con gravi disabilità acquisite (come nel mio caso!).
Oggi posso dire che, dopo le esperienza vissute, arcispedale Sant’Anna, medicina riabilitativa San Giorgio e Città del Ragazzo, sono tornato ad essere sufficientemente autonomo nelle attività quotidiane in famiglia e in quelle lavorative proposte, pur riconoscendo che, in alcune occasioni, devo essere ancora aiutato. La memoria infatti non è, e non sarà mai più, quella di una volta. Forse non sarò più in grado di lavorare 12-13 ore al giorno, di guidare 100-120mila chilometri in un solo anno, ma potrò insegnare ai miei figli che la vita non è soltanto lavoro e carriera ma anche famiglia e amici e che si deve sempre avere fiducia nelle persone che ti aiutano a ritrovare la strada, anche quando attorno a te c’è il buio.

Sono molto riconoscente alle persone che lavorano al centro Perez della Città del Ragazzo, come a tutto il personale che lavora nell’istituto.
Diverse sono le attività che mi sono state proposte e che sono offerte alle persone che, come me, hanno acquisito una disabilità in età adulta: recitazione nel laboratorio teatrale; palestra con attività motoria adattata due volte la settimana; laboratorio di canto corale; ballo adattato con istruttori qualificati che mi stanno insegnando a ballare di nuovo il “ tango“ e il ”valzer”; corniceria nella quale svolgo quotidianamente la mia attività principale; presenza una volta alla settimana al museo Ugo Marano, dove sono esposte le opere più importanti dello scultore, con l’obiettivo di portare in quel luogo i manufatti delle attività produttive svolte da persone disabili e svantaggiate presso la Città del Ragazzo, per farli conoscere ad un pubblico più vasto.

Sorrido quando ripenso alla risposta che un tempo davo alla domanda: Che cosa c’è alla Città del Ragazzo? Ed io rispondevo: tre campi di calcio. Ora, mio malgrado ma anche per mia fortuna, conosco molto bene il mondo che si apre alla fine di quel lungo viale che da via Comacchio porta all’ ingresso principale della Città del Ragazzo. Sì, in questo mondo super competitivo, c’è un luogo accogliente e ci sono persone che operano soprattutto per aiutare gli altri.

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Redazione di Periscopio

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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