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Da: Organizzatori

Vi è una diffusa convinzione che i Tribunali non siano luoghi preparati a gestire con le giuste parole ed il giusto atteggiamento i casi di violenza sulle donne.
Il problema nasce dal fatto che nei tribunali, ancora, permane la pratica di distrarre l’attenzione dalle responsabilità dell’imputato puntando tutto sulla inattendibilità della vittima.
E ciò col pretesto che le violenze sessuali, le botte, le segregazioni, le minacce ecc., sono tendenzialmente consumate nel privato delle mura domestiche.
Sappiamo benissimo che questa è la strategia tradizionalmente preferita dai difensori degli imputati e che spesso, proprio per evitare il c.d. ‘secondo stupro’, le donne sono indotte a non denunciare.
Ma forse qualcosa è cambiato.
Ieri si è celebrato un processo avanti il Tribunale di Ferrara a carico di un marito accusato di avere per anni sottoposto la moglie a violenze fisiche, psicologiche, sessuali, arrivando a segregarla, isolarla, minacciarla di morte, e ciò spesso davanti ai bambini piccoli.
Noi c’eravamo perché quella donna l’avevamo ospitata, assistita e accompagnata nel percorso di liberazione da quella situazione.
Noi c’eravamo perché il Centro donna giustizia si è costituito parte civile e il Tribunale di Ferrara, che ha accolto quella richiesta, al momento di pronunciare la sentenza di condanna a carico del marito, ha riconosciuto anche il suo diritto al risarcimento del danno non patrimoniale liquidato in euro 15.000,00.
Ebbene, riteniamo che questa sentenza sia importantissima perché non solo dà il giusto riconoscimento al lavoro del Centro Donna Giustizia ma anche perché accoglie una lettura dei fatti che denota la conoscenza di cosa è la ‘violenza domestica’, ovvero una fattispecie caratterizzata dal fatto che la tolleranza della donna anziché manifestare acquiescenza, dimostra la gravità della violenza stessa.
Esprimiamo, pertanto, la nostra soddisfazione convinte che il lavoro culturale di sensibilizzazione, che conduciamo da anni insieme all’Udi, possa produrre risultati tangibili a favore di tutta la popolazione, donne e uomini.
Centro donna giustizia Ferrara
Udi e Cdg

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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