Skip to main content

Li capisco e probabilmente lo farei anche io – dice G., libero professionista ingiacchettato – c’è una frustrazione di fondo che li anima. Si trovano in un limbo, tra il modo di vivere dei loro padri e quella dei Paesi occidentali che li ha accolti, e sono ragazzi sgretolati nella loro cultura. Ecco che, paradossalmente, diventano più radicali delle generazioni che li hanno preceduti. Io ci penso a cosa si deve provare a vivere ghettizzati, ad essere guardati con sospetto”.

Una mattinata in giro per Ferrara a confrontarmi con l’‘uomo della strada’ su cosa sia il terrorismo islamico e quale possa essere una possibile soluzione al drammatico proliferare degli attacchi terroristici in Europa. La vox populi è moderata: alla domanda provocatoria se “tutti i musulmani sono terroristi?” le persone ci ragionano su, danno spiegazioni ponderate. Sembra prevalere la regola del ‘politicamente corretto’ e forse, chi non lo è preferisce non parlare. Davanti alla quasi totalità delle risposte che concordano nel non fare di tutta l’ erba un fascio, ripenso alla risposta di C., studentessa, secondo la quale “A parole nessun ragazzo direbbe mai che tutti i musulmani sono terroristi, perché siamo una generazione abituata, fin dalla scuola, a confrontarci con ragazzi di cultura e religione differente dalla nostra. Penso però che il pregiudizio sia parte di ognuno di noi, e se sentiamo di un atto terroristico in qualsiasi parte del mondo, il primo pensiero è che si tratti di un terrorista musulmano. Il pregiudizio, la paura e i mass media ci portano verso una linea di pensiero, che è quella del categorizzare”. Un pensiero condiviso anche da A., fruttivendola, “La paura fa ormai parte delle nostre vite e se c’è un arabo in giro ci guardi con maggiore attenzione. Vedo in tv gli attentati successi negli altri Paesi e penso che potrebbe succedere anche qui, davanti al mio negozio”. Per nessuno degli intervistati la religione islamica è la radice del terrorismo islamico, la quale si individua piuttosto nella politica o nel dio-soldo, attorno a cui tutto ruota. Per F., tassista alla stazione“la religione è l’oppio dei popoli, ciò a cui ci si attacca quando non si ha altro. I musulmani non hanno un’unica figura di riferimento come noi nel Papa. Fanno capo a diversi Imam, che interpretano la religione come più gli piace. La colpa è sempre riconducibile all’uomo. Di sicuro devono cambiare la loro mentalità, il modo in cui trattano la donna. Accettare le regole del Paese in cui si trovano: qui rubano ma a casa loro no, perché gli verrebbe tagliata una mano”.

F., pensionata mi risponde con una domanda “I musulmani tutti terroristi? Perché noi cattolici siamo tutte brave persone?”. Di parere quasi analogo è P., edicolante nel quartiere Gad, che alla mia domanda risponde indicandomi un libro sull’Islam esposto nella vetrina della sua edicola “bisogna informarsi e capire chi abbiamo di fronte. La religione non c’entra niente, è la politica che muove tutto. Credo che ci sia anche un interesse dei Paesi occidentali a che tutto questo succeda, altrimenti mi chiedo chi armi questi terroristi”. Poi apre la pagina di un quotidiano e mi mostra l’articolo che parla della figlia del terrorista Khalid Massood, protagonista dell’ultimo attentato a Londra, che a 18 anni ha rifiutato l’imposizione paterna di convertirsi all’Islam radicale e indossare il burqa, preferendo vivere all’occidentale prendendo anche il cognome della madre. “Vede – mi dice l’edicolante – non sono tutti uguali”. Per R., pensionato al sole in Piazza del Duomo, “non si può dire che tutti i musulmani siano terroristi perché la religione è solo un alibi, dietro c’è una volontà politica. Abbiamo usanze diverse: le loro lo sono per me come le nostre per loro. Non si può giudicare. Una soluzione non c’è: non si riesce neanche a fare l’Europa, figuriamoci questo!” conclude sconfortato.

Fuori dalle aule universitarie in tanti si fermano a parlare e a confrontarsi su di un tema, quello del ‘nemico arabo’ che è sulla bocca di tutti, tutti i giorni. Un tema filtrato dagli occhi di una generazione nata mutirazziale e che del ‘diverso’, almeno all’apparenza, non ha paura, “Per me c’è un parallelismo tra la strategia attuale volta a strumentalizzare la paura dei cittadini nei confronti degli immigrati, con la strategia della tensione portata avanti dalle Brigate Rosse negli anni ’70”. L. è decisamente più diretto:Le religioni sono una grandissima stronzata, tutte, anche quella cattolica” e gli fa da coro L., compagna di corso, “Io dopo l’Erasmus sono diventata più razzista. Quando esci dal tuo guscio ti senti più vulnerabile e pensi di poter essere colpito più facilmente”. Da un gruppetto di mamme si fa avanti C., secondo la quale “l’integrazione è possibile e auspicabile ed inizia nelle aule scolastiche”, mentre V., sorride sorniona e dice di sottoscrivere quanto dice l’amica. Ma l’espressione lascia intendere altro.

La voce della piazza restituisce l’immagine di Ferrara città moderata, non razzista, non incline a puntare il dito verso chi pratica una religione diversa, diffidente nei confronti della politica e scettica sulla possibilità che si trovi una soluzione alla tragedia del terrorismo. Mentre rifletto sulle impressioni raccolte, non posso fare a meno di cogliere il pensiero filosofico di B., pensionato, che all’amico dice “ La Terra è malata. Galileo Galilei, puvrazz, l’hanno messo in galera. Ma lui lo sapeva che la Terra gira”. Come a dire: si salvi chi può!

tag:

Simona Gautieri


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it