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Da BIRMINGHAM – Improvvisamente uscita dall’uniformante grigiore invernale, la città si è risvegliata con una leggera brezza primaverile. Anche la stazione dei treni è meno cupa, nonostante rimanga avvolta in pareti e soffitti color pece. Prendendo il treno verso sud-ovest, ci si avvicina alla University of Birmingham, individuabile in mezzo alle verdi colline grazie all’Old Joe Clock Tower, che si staglia per 100 metri nel cielo limpido.

Questa torre, difatti, è il simbolo per eccellenza dell’Università: ispirata alla Torre del Mangia di Siena, leggenda vuole che lo stesso Tolkien fosse rimasto talmente colpito dalla sua imponenza da prenderne spunto per creare Orthanc, la celebre torre oscura di Isengard del Signore degli Anelli. Posto nel cuore del campus, l’Old Joe scandisce i ritmi di studenti e professori nella loro frenetica routine accademica grazie ai suoi possenti rintocchi.

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L’altra faccio di Birmingham: tra crochi, papaveri di carta, arte e studenti soddisfatti

Questa settimana, però, è stata diversa: i prati tra i sentieri dei vari edifici sono stati colonizzati da fiori tipici inglesi, i crochi, nelle vivide tonalità del viola e del giallo, sommersi a loro volta da papaveri di cartone, striscioni e palloncini. Uno sguardo poco attento avrebbe scambiato lo scenario per il prato di un asilo, quando, in realtà, dietro a questo apparente parco del divertimento, si cela una vera e propria campagna elettorale, combattuta a colpi di caramelle e pancake gratuiti, distribuiti per convincere lo svogliato studente medio a votare per i rappresentanti degli studenti del prossimo anno. Cinque giorni per vincere, ma soprattutto per sensibilizzare i giovani, perché l’anno scorso solo il 25% di loro ha espresso le proprie preferenze. In un certo senso, ciò è confortante: non è arduo, quindi, solo per gran parte degli universitari ferraresi curarsi di chi li rappresenta. È risaputo, infatti che, purtroppo, in alcuni dipartimenti, la giornata di elezioni si basa sul nobile metodo dei candidati, di fermare noncuranti studenti nei corridoi ed accompagnarli al seggio… machiavellici a tal punto, per cui il fine giustifica i mezzi, anche in questo caso?
In attesa di scoprire se queste elezioni inglesi hanno portato significativi miglioramenti nelle performance, Giulia, studentessa italiana in Erasmus, trae le proprie conclusioni di mid-term: «le ore di lezione frontale sono meno che in Italia e ciò è dovuto al diverso metodo di studio, perché qui gli insegnanti assegnano tante letture da svolgere a casa. Inoltre, il voto finale è comprensivo non solo dell’esame, ma anche di saggi che scriviamo durante il semestre: ciò richiede più impegno durante il periodo di lezione. La vita sociale ne risente un po’, ma il quartiere di Selly Oak adiacente all’università è abitato quasi esclusivamente da studenti, la maggior parte dei quali sono internazionali e la sera i pub sono sempre pieni. L’università offre tantissimi servizi, le infrastrutture sono ottime e il collegamento con il mondo del lavoro è molto stretto: queste sono le cose che preferisco. Anche gli spazi di ritrovo e le aree dedicate allo sport all’interno del campus sono una caratteristica molto apprezzata, aiutano a sviluppare i propri interessi e a socializzare». Tra gli studenti partiti per l’Erasmus oltremanica c’è anche un ragazzo ferrarese, Umberto, che non vedeva l’ora di tornare a Birmingham dopo le vacanze natalizie: «Sono molto soddisfatto della mia esperienza finora, sebbene ambientarsi sia stato un po’ difficoltoso, anche per la lingua. Ora percepisco, però, di essere migliorato e trovo anche più facile seguire le lezioni. I professori si aspettano che ci creiamo una nostra idea degli argomenti trattati e che argomentiamo a nostra volta; con i saggi, non solo ho preso più confidenza con l’inglese, ma ho imparato pure a ragionare meglio. Mi piace particolarmente la cultura dello sport che è parte integrante della vita universitaria: gli studenti sfoggiano quotidianamente la divisa di appartenenza; da amante dello sport, è una cosa che mi piacerebbe ci fosse anche in Italia. Nonostante mi trovi molto bene e il cibo italiano sia un vero e proprio culto, non sono ancora riuscito a mangiare una buona pizza». Neanche gli inglesi sono infallibili.

Faraday di Eppure, l’Italia non rappresenta un modello solo per il cibo, ma anche per la cultura: nel Barber Institute of Fine Arts, galleria d’arte e sala concerti del campus, i nomi italiani appesi sono innumerevoli, da Canaletto a Botticelli, passando per altri pittori, in particolare del Rinascimento. L’arte italiana è forse la più presente. Di origini italiane anche Eduardo Paolozzi, artista scozzese precursore della Pop Art, che per il centenario dell’Università nel 2000 ha donato una sua maestosa scultura di 5 metri, Faraday, in omaggio allo stesso scienziato. Un’iscrizione del poeta T. S. Eliot accompagna l’opera alla sua base e riassume i motivi che dovrebbero spingere gli studenti ad andare all’università: “Per viaggiare, ascoltare, pensare e cambiare”. Un augurio sensibile, per ricordarci ciò che troppo spesso dimentichiamo, oppressi dai rintocchi, dalle scadenze e dalle inezie abitudinarie.

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Ajla Vasiljevic


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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