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Albert Einstein disse: “Imparare è un’esperienza, tutto il resto è informazione”.
Possiamo considerare che la parola esperienza indichi la necessità di compiere una serie di errori prima di migliorare un dato sapere e dunque acquisirne padronanza. Economicamente questo concetto è sovrapponibile all’idea di conoscenza tacita, ovvero ciò che più si discosta da quelle informazioni che possiamo apprendere tramite un manuale. Tecnicamente chiamato know-how, il diametro del patrimonio immateriale di un’impresa assorbe tempo, ricerca, creatività e patrimonio generazionale; un insieme di componenti non facilmente replicabili, se non attraverso un percorso che vada a coprire una parte di storia e di cultura, e che contribuiscono al riconoscimento di un marchio e del suo insieme evocato.

Dunque, riportandosi all’attualità, l’affare-Pirelli non è un’ordinaria operazione industriale. Chem-China, nei complessi passaggi dell’acquisizione di Pirelli, si aggiudica anche il suo valore aggiunto, e con esso incorpora la riconoscibilità mondiale del brand. Ma è soprattutto nell’assorbimento del know-how che risiede il nodo strategico cruciale dell’operazione.

In particolare, Chem-China è un conglomerato di aziende chimiche molto legato al Sasac, commissione che gestisce imprese di Stato che, spesso, ha reinvestito i suoi introiti fornendo liquidità a imprese internazionali che presentavano una posizione rilevante per l’innovazione dei materiali, come la francese Adisseo, leader di additivi nutrizionali, o la norvegese Elkem per i siliconi. Ren Jianxin, il suo capofila, ha dichiarato la sua intenzione di voler catturare tutte le opportunità derivanti dal mercato globale delle industrie chimiche per ottenere tecnologie avanzate, maggior accesso al mercato e massimizzare le sinergie con le imprese cinesi; se la sua strategia, anche in quanto “uomo di Stato”, si rivela dunque nella propensione a investire continuamente il proprio risparmio, è facile accomunarla proprio alle policy messe in atto dalla ‘governance’ cinese, che a oggi rappresenta il maggior creditore degli Stati Uniti, dopo che, per anni, ne ha convulsamente acquistato il debito nazionale.

Volendo effettuare un’analisi più dettagliata, l’ampio interessamento cinese nei confronti delle grandi manifatture italiane non rappresenta una novità, molte sono state le imprese che hanno preceduto Pirelli, una fra tutte Ferretti (di grande rilevanza nel settore degli yatch di lusso); contestualizzando il fenomeno in un’economia sempre più globalizzata e interconnessa, non deve stupire che sempre più imprese estere siano interessate al business italiano, così come sempre più italiani si affacciano a scenari internazionali, anche solo per ampliare il loro mercato di riferimento.

Più che altro c’è da chiedersi quali saranno i cambiamenti che questi continui investimenti provocheranno nel tempo: almeno per quanto riguarda il caso Pirelli, per diversi anni è stata garantita la carica di amministratore delegato a Trochetti Provera e l’intenzione di non delocalizzare gli stabilimenti italiani; ma se un giorno, data l’evoluzione dei rapporti di forza dell’economia globale verso un orizzonte sempre più orientale, non saranno più loro a doversi adattare alle nostre convenzioni economiche? Forse allora smetteremo di parlare della Cina come periferia di quel centro che erano i Paesi più industrializzati.

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Arianna Segala


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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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