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[10 Luglio 2020]. Lara van Ruijven (27 anni), campionessa di short track, si stava allenando sui Pirenei con la Nazionale Olandese quando è stata colpita da una malattia autoimmune. Ricoverata d’urgenza, è morta dopo due settimane di coma.” Valeria legge questa notizia ad alta voce e poi mi guarda sbalordita.

“Ma zia Costanza hai sentito?”
“Si Valeria, purtroppo ho sentito. Le persone possono morire a qualunque età.”
“Ma aveva ventisette anni e io ne ho già dodici, se dovessi fare come lei mi resterebbero quindici anni di vita!”
E’ così, non oso dirle che potrebbero restagliene anche meno, sembrerebbe un commento macabro.

Certo la morte di una persona giovane fa impressione. Rattrista nel profondo, crea uno stato di sofferenza tangibile,  apre le porte a una solidarietà che si nutre di angoscia.
Nel dolore di alcune perdite se ne rivitalizzano altre, ognuno di noi ricorda qualche altro campione dello sport morto giovane, questo aumenta lo sgomento, lo dilata a dismisura.
Nella sensazione di dolore c’è sempre qualcosa che noi non riusciamo a comprendere del tutto, qualcosa che ci interroga sul quel sappiamo, su quel che crediamo, su quel che vorremmo sapere e credere.

Spiegare la morte ai bambini è sempre difficile, perché non puoi barare, non puoi edulcorare la cruda verità sul modo  in cui finisce l’esistenza che conosciamo.
Ogni volta che una madre dona a un figlio la vita, gli consegna in dote anche la morte. I genitori hanno sempre una fede incrollabile sulla longevità dei loro figli, è il loro modo di affrontare le giornate con serenità. “I figli moriranno dopo gli ottant’anni”. Farebbero molta fatica a convivere con altre ipotesi.
Riguardo Valeria che mi sta osservando pensierosa.
Sta ancora pensando a Lara Van Ruijven.
“Non pensarci Valeria, non serve a nulla, ormai se ne è andata, starà pattinando in paradiso”. Le dico.
“Ma perché, in paradiso si pattina?”
“ No, non credo, dicevo così per dire”
“Allora non dirlo”.

Bello sport lo short treck, la traduzione italiana è “pista corta”. Fa parte delle gare di velocità del pattinaggio su ghiaccio che si disputano su una pista di 111,12 metri. Una specie  di grande anello di ghiaccio su cui si sfidano da tre a nove pattinatori/pattinatrici per volta, a seconda del tipo di gara. Dal 1992 è uno degli sport del programma dei giochi olimpici invernali e le distanze ufficiali delle varie gare sono: 500 m, 1000 m, 1500 m sia per le donne che per gli uomini. Le staffette vengono corse su distanze di 5000 m per gli uomini e di 3000 per le donne.
Uno sport spettacolare e avvincente. Sicuramente anche molto faticoso. Spinge allo stremo la resistenza e la reattività di muscoli, apparato cardio-circolatorio, nervi.
Su quell’anello di giaccio si muovono velocissimi gli atleti con i loro pattini forniti di lame d’acciaio. Corrono con un braccio appoggiato sulla schiena per essere più aerodinamici. Piegati in avanti, spingono con le gambe come dei forsennati. La velocità è tale per cui si verificano spesso cadute e infortuni, in alcuni casi gravi.

Ma la malattia autoimmune non credo centri nulla con lo short track. E’ arrivata sulla testa di una ragazza di ventisette anni, ingiusta come il caso e irrimediabile come la morte.
Una mannaia senza scampo. Uno stop inaspettato e definitivo. La fine della sua vita.
“Zia ma perchè secondo te è morta proprio lei?”
“Perché si è ammalata e purtroppo esistono malattie gravi a cui i medici non sanno trovare rimedio” le rispondo.
“ Io non credo che la morte arrivi per caso, ci deve essere qualche altro motivo, forse si è meritata il Paradiso prima degli altri.” Dice lei.
“Si forse è proprio così” le rispondo.

La fede resta sempre una grande speranza e la migliore delle scommesse possibili. Forse questo può rasserenare un po’ Valeria.
“Noi non siamo certi di cose ci succederà dopo la morte, ma se proprio dobbiamo scommettere, puntiamo tutto su questa possibilità importante, avvincente e quasi incredibile. Scommettiamo sull’eternità.” dico.
“Si puntiamo tutto sull’eternità” dice lei e mi sembra un po’ rasserenata. Meno male. Data l’età è meglio così.  Fra poco arriverà Sara, una delle sue amiche, si metteranno a giocare a dama cinese, oppure decideranno di uscire a fare un giro in bicicletta o di andare all’oratorio di Pontalba a fare una partita di calcetto. I bambini dimenticano in fretta, hanno molta vita da vivere. Molta energia da mettere in quel che fanno. E poi è estata, fa caldo, non c’è scuola, non ci sono i compiti da fare, le piscine hanno riaperto e anche le gelaterie. Evviva, anche quest’estate avrà una parvenza di normalità nonostante il Covid-19 e nonostante le prospettive non entusiasmanti per il prossimo autunno.

Valeria sta già riprendendosi.  Il suo momento di tristezza sta passando, sta volgendo i suoi pensieri altrove. Lo vedo dalla sua faccia, prende in mano il telefono, digita velocemente qualcosa, poi attende risposta. Dopo poco si sente una vibrazione. E’ la risposta al sue messaggio. Sorride e se ne va. Anche i telefoni hanno la loro utilità. Le amicizie ancora di più.
Io resto là con l’idea della morte che fa da sfondo ai miei pensieri e con alcune immagini dello short treck indelebili nella memoria.
Uno sport elettrizzante, avvincente.
A differenza del classico pattinaggio di velocità, qui non esistono le corsie e i contatti tra gli atleti sono molto frequenti. Il tipo di gara molto veloce, prevede una divisione in batterie dei concorrenti. Esattamente come si fa nelle gare veloci dell’atletica.
Gli atleti di ogni batteria corrono la loro gara e i primi a tagliare il traguardo passano al turno successivo. Si continua così fino ad arrivare, per i migliori, all’accesso i finale che decreterà il podio e i tre medagliati del momento. I contatti continui portano a continue cadute, a volte accidentali, altre volte provocate dagli avversari (che se sorpresi dall’arbitro vengono espulsi).  Tutto questo cadere e rialzarsi causa continui cambi di piazzamento nelle gare. E’ uno sport fatto così.

Ripenso di nuovo a Lara Van Ruijven. Mi sembra di vederla con la sua tuta arancione e la visiere, che protegge dalle scaglie di ghiaccio alzate dalle avversarie, che sfreccia felice in mezzo alle altre. Sta correndo molto bene. Siamo ai mondiali di Sofia nel 2019 e la distanza che sta percorrendo è quella dei cinquecento metri. Sta andando fortissimo. Sempre più forte. La cinese Fan Kexin, e l’olandese Suzanne Schulting restano indietro. Lei continua ad aumentare la velocità e tagli il traguardo per prima. E’ la nuova campionessa del mondo. Bravissima!
Ricordiamocela  così,  quei campionati del mondo lei li ha vinti per sempre.

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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