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È uscito un prezioso volumetto scritto dal sociologo Emilio Reyneri, in collaborazione con Federica Pintaldi, ricercatrice Istat. Il libro “10 domande su un mercato del lavoro in crisi” (il Mulino) ha il merito di rispondere con chiarezza, ma con rigore, alle domande che di frequenti ritornano quando tentiamo di ragionare sul tema del lavoro (e della mancanza di lavoro) oggi.
Emilio Reyneri, che il tema del mercato del lavoro lo studia da anni, si propone di sfatare alcuni luoghi comuni diffusi, mettendo in evidenza, tra l’altro, che i dati medi nascondono valori diversi per classi di età, genere e area geografica. Il quadro che emerge dall’analisi è quello di un Paese la cui economia da tempo ha smesso di crescere. La situazione attuale è molto negativa, ancor più di quanto sembri dai dati sul tasso di disoccupazione.
Il problema è la qualità del lavoro e il fatto che in Italia la quota di buoni lavori, tra questi quelli creati dal web, sia più bassa rispetto ad altri paesi Europei. Per questo, la competizione tra i giovani laureati per i pochi posti buoni è molto più forte e una quota rischia di trovarsi imbottigliata in un’area di occupazioni dequalificate. Questa è la differenza più rilevante rispetto a qualche anno fa, quando i percorsi di ingresso dei laureati erano caratterizzati da una trafila, pure lenta e tortuosa, che però consentiva di approdare ad un porto stabile.
Il punto grave è che la fascia dei cattivi lavori è oggi relativamente più ampia, ed è all’interno di questa fascia che si registra la maggiore turbolenza, vale a dire il maggior numero di lavori a termine di basso profilo e di brevissima durata. La fascia dei soggetti più a rischio è quella dei cinquantenni: troppo giovani per proiettarsi verso la pensione e troppo vecchi per ritrovare lavoro nel caso lo perdano per crisi aziendali.
Nessuna ricetta facile, se non un investimento di lungo periodo sulla qualità dell’istruzione, affinché aumenti la produttività del lavoro. Ma non sarebbe poco, semmai ne vedessimo l’avvio.
Rispetto a questi temi come si colloca Ferrara?
Da anni gli indicatori di occupazione e disoccupazione indicano un tessuto più fragile. I dati recenti confermano un numero di inattivi più alto, un calo delle occupazioni a tempo indeterminato e un aumento di quelle a tempo determinato, un’occupazione a bassa produttività, derivante dalla qualità del tessuto produttivo, da servizi di basso livello.
A Ferrara la percentuale di persone in cerca di impiego registra il dato di gran lunga più alto della Regione, supera l’11 contro una media regionale di poco superiore al 7%. Tra le persone in cerca di occupazione che si rivolgono ai Centri per l’Impiego il 57% ha un titolo di studio dell’obbligo o inferiore. E una quota pari a circa la metà ha più di 40 anni.
Anche a Ferrara, quindi, il punto preoccupante, in prospettiva, è la qualità dell’occupazione e, insieme a questo, l’effetto di scoraggiamento nella ricerca, che si riflette nella tendenza a non compiere azioni di ricerca attiva nella convinzione che non esistano opportunità. La crisi accentua le debolezze strutturali e per questo occorrono investimenti di lunga durata nella qualità delle risorse umane.
Ciò che sgomenta, dopo anni di enfasi sull’orientamento, è l’assenza, tra molti giovani, di una capacità di costruire un progetto realistico e razionale, di indirizzare azioni verso un obiettivo e di perseguirlo con tenacia.
Ci sono compiti per tutti. Anche per l’Università. Perché non investire, in accordo con le associazioni imprenditoriali, in Master realmente professionalizzanti per occupati e non, per migliorare la qualità delle competenze e per un utilizzo avanzato delle nuove tecnologie del web?
Il tema del lavoro è troppo serio perché sia ricondotto a facili semplificazioni. Per questo il contributo alla riflessione che deriva dalla lettura del libro di Reyneri è particolarmente utile.

Maura Franchi (sociologa, Università di Parma)
Laureata in sociologia e in scienze dell’educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Marketing del prodotto tipico, Social Media Marketing e Web Storytelling. I principali temi di ricerca riguardano: i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali e alle nuove tecnologie, le scelte e i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.
maura.franchi@unipr.it

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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