Skip to main content

Se dovessi riassumere quali sono le principali angosce dei genitori contemporanei, ne indicherei principalmente due: l’esigenza di sentirsi amati dai propri figli e quella legata al principio di prestazione.
La prima ribalta la dialettica del riconoscimento. Per risultare amabili occorre dire sempre Sì, eliminare il disagio del conflitto, delegare le proprie responsabilità educative. Tuttavia, senza l’esperienza del limite non c’è esperienza del desiderio che viene risucchiato da un godimento illimitato. Per essere amabili i genitori cedono su tutto, sempre. Non si assumono mai la responsabilità del taglio. E i giovani hanno bisogno di essere tagliati. Tagliati nel dialogo, innanzitutto. Oggi si assiste al culto del dialogo dei mass media: interminabili talk show in cui tutti parlano su tutto e di tutto. Il dialogo deve poter terminare: chi deve mettere un punto dev’essere il genitore. Oggi nessuno si assume la responsabilità del taglio, di mettere questo punto.
È il punto di asimmetria generazionale che implica il conflitto che è fondamentale nella formazione.

La seconda angoscia, legata al principio di prestazione, attiene al fatto che il fallimento dei propri figli non è tollerato. Si tenta di rimuovere l’ostacolo senza lasciar tempo al figlio di poterne fare esperienza nemmeno della difficoltà. Così, incontro genitori che fanno compiti ai figli in modo che risultino sempre pronti e non debbano incappare in frustrazioni dovute al fatto di andare a scuola impreparati. Il desiderio di avere un figlio senza difetti riflette le angosce narcisistiche dei genitori, la loro esigenza di efficienza e la loro necessità di occultare ogni imperfezione.
Incontro genitori, ossessionati dal principio di prestazione, che alla minima difficoltà cambiano scuola ai figli. Questi genitori probabilmente non sanno che la dimensione fondamentale della formazione è il fallimento. Ma i figli devono avere il tempo di elaborare il fallimento. I giovani non sopportano lo scacco perché a non sopportarlo sono i loro genitori.
Una mia paziente riferisce in seduta: “Non aveva senso ciò che chiedevo perché mi davano ciò che volevano”. Il genitore non deve proporsi come esemplare. Il figlio lo dovrà trovare esemplare in un altro tempo, magari più avanti, in un tempo anche lontano, ma non al momento dell’infanzia e dell’adolescenza. L’esempio deve tornare nella memoria successivamente.
La diffusione delle buone conoscenze sull’educazione (con i tanti consigli diffusi dai media in tal senso) non modifica la diffusione delle patologie.
L’eccesso di comunicazione pedagogica di massa indebolisce la posizione di genitore, indebolisce la fiducia nelle proprie intuizioni, per cui spesso ascolto genitori che hanno perso fiducia nelle proprie capacità educative. Chi conosce veramente il proprio figlio è il genitore. Se i genitori valutano l’esigenza di chiedere consigli ad uno psicoterapeuta, lo devono fare a partire da sé, dalla propria esigenza di mettersi in questione e non solo cercando ogni responsabilità nel comportamento del figlio. Il bravo genitore non ha una risposta su tutto. Lascia un vuoto insaturo.
E soprattutto non insiste con la sua domanda. Sa rispettare la differenza e valorizzare la particolarità del proprio figlio, sostenendo attitudini e passioni. Sa parlare della propria mancanza e in ultima analisi – aspetto che non è di minor importanza – non si pone come educatore.

Chiara Baratelli, psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali.
baratellichiara@gmail.com

tag:

Chiara Baratelli

È psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it