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Con “Forastico”, il loro ottavo album, ritornano i Gasparazzo Bandabastarda, la band emiliana di origini abruzzesi dall’inconfondibile sound ritmato dalla fisarmonica di Giancarlo Corcilio, dalle percussioni e dalla batteria di Matteo Cimini, insieme al contrabbasso di Roberto Salario, alle chitarre di Generoso Pierascenzi e alla voce di Alessandro Caporossi. I cinque musicisti sono i protagonisti di un personale folk ‘n roll che li identifica sin dalle prime battute. Il nuovo disco è stato registrato in presa diretta da Franco Fucili al Teatro Vittoria di Pennabilli, in Alta Valmarecchia, in provincia di Rimini, il cui foyer ospita due bei dipinti murali del poeta e sceneggiatore Tonino Guerra.

La copertina di Forastico
La copertina di Forastico

Il rock dei Gasparazzo è una sintesi di reggae, folk, punk e un forte senso del grottesco, evocato da fisarmonica, cori, filastrocche e un tocco di poesia, come nel brano “Gasparazzo 3D”: “Sistemati il cielo e la terra, l’ottavo giorno l’Etna eruttò, ne venne fuori la famiglia Gasparazzo che masticava la miseria più amara…”. Il protagonista viaggia attraverso il tempo e lo spazio, partendo dalla Sicilia preunitaria sino a giungere negli anni Sessanta, operaio in una catena di montaggio.
Il nuovo disco è il risultato di due anni di tour in cui è stato promosso “Mo’ mo’”, il precedente lavoro, distintosi per il sound e le storie fuori dai soliti cliché. La scelta della registrazione live viene incontro al desiderio di produrre sonorità “vive”, non contaminate dalla tecnologia, con strumenti acustici quali fisarmonica, batteria e contrabbasso, senza per questo rinunciare alle chitarre elettriche dalle sonorità vintage. Il termine “Forastico” è un aggettivo abruzzese che significa “selvatico”, utilizzato anche per descrivere una persona introversa che vive un po’ isolata e cerca di non farsi coinvolgere dal sistema.
Alcuni brani sono in dialetto abruzzese, un modo per avvicinarsi ancora di più alla musica popolare, come in “Mesci do tazz e rolal nu truzz”, dal ritmo reggae mescolato a parole in inglese e italiano, cadenzate dall’irresistibile inciso scioglilingua. Altre canzoni, tra dialetto e italiano, sono “Lu magge”, “Sandandonje” e “Lu lupe”, quest’ultima dedicata al lupo, simbolo “forastico” per eccellenza: “Lu lup, lup da li muntagne, cala pe n’abballe, quatte quatte duva passe, lascia de l’imbronde, pe natura da li part nostre è lu rra de lu bosche, e ci busch è lu braccunire, che jie da lu turmend…”.

I Gasparazzo Bandabastarda
I Gasparazzo Bandabastarda

Mustafà il magrebino, nel brano “Il maestro del Tajine”, litiga con il maiale che gli ha quasi mangiato il portafoglio, recuperato a suon di badilate ma con la foto del permesso di soggiorno diventata un Picasso, con la conseguenza di dovere passare in questura tante nottate in fila d’attesa.
“Fondaco” è la storia di una band che menava musica in una vecchia e buia cantina, al confine tra folk e rock, con miagolii, flauti dall’intenzione molesta, pianola e armonica a bocca.
“Vito il pistolero” quasi non tocca terra con il suo mocassino, un rock d’altri tempi per raccontare il cameriere letterario che, in una magica Torino, serve “Io ti Amo” di Stefano Benni, scelto da un menù di sole poesie.
“Balla Pedro” gioca con il mariachi tra chicas, sombreri e fiumi di birra; l’esotico Messico odora di folk e osteria, la giusta mescolanza per un sognatore scalzo: “La chica scintilla, a Pedro fa rodar la testa, sul ritmo se baila, la banda suona, è già festa”.
Il live dei Gasparazzo è divertente e coinvolgente, una rarità nel panorama della scena italiana. La loro musica ubriaca mentre i giochi di parole e i coretti nutrono l’anima e il corpo di chi si lascia catturare.

Guarda il video ufficiale de “Il Pistolero”

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William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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