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Nel 1549 fu pubblicato un saggio in cui si studiava la disponibilità degli esseri umani a essere servi: Etienne De La Boétie “Discorso sulla servitù volontaria” (Chiarelettere). E’ utile la lettura di un testo del cinquecento per pensare il presente di una società liberaldemocratica? La mia risposta è sì. Del resto un classico è tale proprio perché propone riflessioni che travalicano le epoche e avanza domande che non hanno ancora ricevuto risposte. Certamente oggi, nella società di massa a suffragio universale e retta da un regime democratico tutto si è fatto più complicato. In estrema sintesi, si può delineare una specie di ‘antropologia della libertà’? Proviamo a configurarla mettendo in evidenza i tipi umani ‘negativi’ che alimentano la crescita della ‘servitù volontaria’.
1- Il conformista. E’ colui che si chiede non che cosa si aspetta da sé, ma che cosa gli altri si aspettano da lui. E’ “l’uomo-massa” che annulla la propria individualità nel ‘far parte’ di qualcosa (movimento, partito….). La sua ossessione è sentirsi a posto, accettato.
2- L’opportunista. E’ il carrierista che non ha scrupoli nel prodigarsi a favore del potente del momento per ingraziarselo ai fini della propria promozione (professionale, politica…). Piaggeria e fedeltà sono i suoi distintivi.
3- L’uomo gretto. E’ quello descritto da Alexis de Tocqueville nel suo capolavoro (“Democrazia in America”, 1835: altro classico….): “Vedo una folla innumerevole di uomini simili ed uguali che girano senza posa su se stessi per procurarsi piccoli, volgari piaceri….Al di sopra di costoro s’innalza un potere immenso e tutelare, che s’incarica di assicurare il godimento dei loro piccoli desideri. Ama che i cittadini siano contenti, purchè non pensino che a stare contenti.” Un tale potere (che Tocqueville definiva ‘dispotismo democratico’) richiede non dei cittadini adulti, ma degli eterni bambini.
4- L’uomo che ha paura della libertà. Al di là della facile retorica da comizio, l’esercizio della libertà fa paura. Non a caso I. Kant, nel settecento, invitava gli uomini ad uscire dallo stato di minorità e ad avere il coraggio di essere liberi.

Conformismo, opportunismo, grettezza, paura: ecco gli ingredienti della ‘servitù volontaria’. Al contrario. Autonomia, coraggio, solidarietà, compongono la cifra dell’ “homo democraticus” adulto e maturo: insomma il cittadino, non il suddito.

Ascolta il commento musicale: Giorgio Gaber, Il conformista

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Fiorenzo Baratelli

È direttore dell’Istituto Gramsci di Ferrara. Passioni: filosofia, letteratura, storia e… la ‘bella politica’!

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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