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Ci siamo, è il 4 giugno e da qualche giorno ormai non riesco più a ragionare: domani è il grande giorno, finalmente vedrò uno dei miei gruppi della vita e per farlo dovrò fare solo due passi.
Non avrei mai immaginato che potesse succedere, ormai era diventata quasi una barzelletta ma alla fine è successo e domani-5-giugno-2018 le Breeders suoneranno nel cortile del Castello.
Mi rendo conto che per tanti sembrerò scemo, mi rendo conto che per tanti il pensiero sarà “le Breeders chi?” e allora proprio per questo provvederò a fornire qualche cenno storico su questa band che mi ha un po’ rovinato la vita.
La faccio semplice: le Breeders sono il gruppo di Kim Deal e sorella gemella.
Kim Deal fu la bassista dei Pixies, quelli del pezzo alla fine di “Fight Club”, quelli che suonarono qualche anno fa in Piazza Castello.
Mi rendo conto che per tanti la sparerò grossa ma: i Pixies mi piacciono ma le Breeders mi piacciono molto di più.
Adesso dovrei provare a motivare questa mia fortissima convinzione ma francamente non so bene come fare.
Posso dire solo che che – a mio avviso – Kim Deal è fra i più giganteschi autori di canzoni della storia, roba al livello boh, di Hank Williams.
Posso aggiungere poi che – a mio avviso – le Breeders non hanno mai fatto un disco brutto.
Potrei poi provare a convincere chi legge queste righe a recarsi domani sera al cortile del Castello, prendere un biglietto e ascoltare queste Breeders ma francamente non so bene come fare.
Ho già detto la mia e a questo punto proverò a vedere se, con questo pezzo della settimana, riuscirò a smuovere eventuali indecisi, persone che non conoscevano le Breeders, e boh, semplici fan della musica.
Chiedo scusa per la mia palese sconnessione ma fino a domani-5-giugno-2018 sarò messo così e forse dopo anche peggio.
Ringrazio di cuore chi ha avuto il buon cuore di chiamarle, porgo i miei più cordiali saluti a chiunque e via col pezzo della settimana.

Safari (The Breeders, 1992)

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Radio Strike


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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