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30 Aprile 2015

Le donne dell’Isis

Tempo di lettura: 2 minuti


di Zineb Naini

Pensiamo ormai di sapere cosa gli uomini vogliano ottenere nel combattere, ma con le quotidiane notizie di schiavismo, stupro e violenze domestiche c’è da chiedersi perchè le donne avrebbero il desiderio di unirsi all’Isis.

Per ora il numero di donne e ragazze che viaggiano per raggiungere le file dell’auto proclamatosi califfato islamico (Isis) è relativamente basso. Le cifre non sono esatte, ma si valuta che tra il 10 e il 20% degli europei che si uniscono all’Isis siano donne. Queste donne sono giovani, colte e provengono dalla classe media, ma sentono comunque il bisogno di unirsi al “jihad” per vivere quella che definiscono una vita “più islamica” sotto il califfato. Tra i motivi che si possono identificare per spiegare questo fenomeno c’è sicuramente la disillusione e il disaffetto verso la società che le circonda, nonché l’accettazione e l’interiorizzazione del discorso politico occidentale caratterizzato dal “noi e loro”.

A questi si unisce anche un dose cospicua di romanticizzazione della lotta e della rivoluzione come mezzo per combattere il senso di inadeguatezza che caratterizza un grande numero di giovani e adolescenti. La religione, nel caso in questione, enfatizza questo disagio, che da personale diviene sociale, per poi andare a confinarsi nel buco nero dell’estremismo.

Gli uomini sono attratti dall’Isis, e dai fondamentalismi vari, per via di un’esagerata cultura di violenza e di appartenenza che giustifica l’odio ed un’oltraggiosa espressione di machismo. La religione, in questo rapporto di attrazione quasi passionale, si colloca tra le ultime priorità. A questo fenomeno gli esperti di sociologia e di sicurezza internazionale hanno dato il nome di “jihad cool”. Ma questo ancora non piega come una donna musulmana possa essere attratta da un ambiente così iper maschilista.

Nel complesso mondo dell’Isis le donne sono attratte dalla promessa di fare da supporto agli uomini nel loro jihad, di offrire loro conforto e di crescere ed educare la prossima generazione di combattenti; non sono semplicemente oggetti del sesso come le definisce la maggior parte della stampa. Il fatto di non riuscire a mettersi nei panni di queste donne fa si che gli analisti, per la maggior parte occidentali, non riescano a realizzare come in una realtà così estrema, violenta e maschilista, l’unico modo per le donne di prendere parte ai combattimenti e di acquisire lo stesso status che gli uomini acquisiscono, sia il matrimonio.

La storia ci insegna che le donne sanno essere crudeli e violente nella lotta per i loro ideali quanto e più degli uomini. Quindi, anche se è difficile da credere, questo fenomeno è facilmente ascrivibile all’infinita lotta delle donne per la parità dei sessi. In un modo controverso, le donne che si uniscono all’Isis aspirano proprio alla parità, come i loro colleghi uomini vogliono la gloria e, soprattutto, aspirano ad essere chiamate “jihad cool”, non oggetti del sesso.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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