Skip to main content

C’era una volta Igor il Terribile (o era Ivan?)… Comunque c’era una volta, perché adesso non c’è più.
Ebbene sì cari miei, pare che i nostri baldi eroi delle forze dell’ordine abbiano gettato la spugna. Giorni fa un portavoce delle autorità inquirenti ha dichiarato la cessazione delle ricerche ammettendo che il pericoloso latitante, che tutti conosciamo come “Igor il russo”, alias Norbert Feher (che a dire il vero proprio russo non è), non si troverebbe più nel nostro territorio, per tre mesi setacciato in lungo e in largo dai reparti speciali dell’esercito, dai carabinieri, da unità cinofile e quant’altro per un totale di oltre mille uomini, con incredibile dispendio di mezzi e soldi pubblici ovviamente. E tutto questo per non ottenere nulla, solo una gran figura di… (lascio a voi la scelta della parolina).

Tutto ha inizio la sera di sabato primo aprile: anche la data sembra uno scherzo del destino. Uno sconosciuto col volto coperto da un passamontagna e armato di un fucile da caccia fa irruzione in un bar tabaccheria di una località nei pressi di Budrio, minacciando alcuni clienti e intimando al titolare di consegnargli i soldi della cassa. Le telecamere di sicurezza del locale riprendono tutto in un video che sarà poi diffuso da stampa e tv. L’aggressore, avvolto da impermeabile e mimetica, sembra muoversi in modo impacciato mentre punta il fucile contro il tabaccaio Davide Fabbri. Tant’è che Fabbri, per niente intimorito, reagisce riuscendo a strappargli di mano l’arma per poi brandirla come un bastone contro lo stesso rapinatore. Segue una breve colluttazione in cui lo sconosciuto estrae una pistola e spara al povero barista uccidendolo, per poi darsi alla fuga. La settimana dopo, vicino a Portomaggiore, Valerio Verri, una guardia ecologica del posto, sarà la seconda vittima del killer. Marco Ravaglia, collega di Verri e ferito a sua volta, se la caverà con una prognosi riservata di tre settimane e parecchie operazioni, che serviranno comunque a salvargli la vita.
Le testimonianze delle vittime e le prove del dna confermano, già dopo pochi giorni dai delitti, che il fuggitivo omicida è senza dubbio proprio Norbert Feher (il nostro Igor), che da quel momento in poi farà perdere definitivamente le proprie tracce.
Potrebbe trattarsi di un fatto di cronaca criminale come ce ne sono tanti, purtroppo, puntualmente ogni giorno, con vittime e morti ammazzati. Ciò che lo ha reso diverso non è stato il fatto in sé, ma tutta la costruzione mediatica che ne è seguita e che, ahinoi, trova tra i maggiori responsabili proprio i media giornalistici. Innanzitutto perché Igor? Da qui nasce l’assioma del ‘russo’, e tutto ciò che ne consegue: il suo passato di “reduce dell’Armata Rossa” (per cui, avendo oggi una quarantina d’anni, deve aver militato da bambino), oppure di “veterano della guerra dei Balcani”, per poi finire in descrizioni “leggendarie” di gesta da Rambo dell’Est, super addestrato, implacabile, freddo, maestro nell’arte del travestimento, certamente un elemento pericoloso (e su questo siamo d’accordo).

Tutti questi ingredienti sono senz’altro serviti allo scopo, cioè attirare un pubblico sempre più curioso e inquieto, che per tre mesi ha fagocitato notizie su notizie sulle incredibili capacità di adattamento del misterioso Igor, alle prese con la natura ostile delle nostre campagne. E sì perché è noto che le nostre campagne sono piene di insidie, con animali feroci come i gatti mannari che, a quanto pare, Igor affrontava a mani nude uccidendoli e mangiandoli crudi per sopravvivere alla fame. Oppure come le nostre grandi volpi-orso che il fuggiasco dell’Est scacciava dalle proprie spaziose tane per ricavarci rifugi per la notte. Mentre la tremebonda popolazione, ossessionata dalle frequenti incursioni dell’affamato criminale nelle loro proprietà, lasciava fuori dalla porta ceste colme di viveri, sperando così di ammansirlo. A tal proposito mi viene in mente la fantasiosa narrazione di quei villaggi, proprio dell’Est, nei quali di notte venivano esposte fuori dagli usci trecce d’aglio come deterrente per vampiri… spicchi d’aglio contro salami all’aglio, sempre lì siamo.
A nulla sono valsi i cani molecolari, i droni telecomandati e i satelliti (?), e nemmeno le puntuali incursioni dei nostri corpi speciali tra i tanti casolari abbandonati disseminati nel territorio, nella speranza di sorprenderlo nel sonno, adagiato vampirescamente in un angolo buio, al riparo dalla luce diurna.
Abito nella periferia sud-est di Ferrara, ma per qualche tempo ho creduto di vivere ai margini della foresta amazzonica, col timore che qualche notte Igor potesse spuntare dal boschetto di pioppi di là della strada per sbranare la mia gatta Margot, che non è mannara e si fa ingenuamente avvicinare dagli sconosciuti, poi sono rinsavito…

In realtà, il leggendario Igor delle cronache nostrane è soltanto un balordo malavitoso di nazionalità serba e con un nome, Norberto, diciamolo, alquanto da sfigato (non si offendano gli omonimi). Uno sfigato criminale che non aveva nulla da perdere: già in galera per rapina e sospetto omicidio e una fedina penale lunga un chilometro, tra furti, violenze e aggressioni, tornato poi in libertà nel 2015 grazie al buon cuore dei nostri magistrati, assai sensibili alle disgrazie giudiziarie di simili personaggi e sempre prodighi nell’elargire nuove opportunità di redenzione. Ebbene, questo perfetto esempio di straniero felicemente inserito nella nostra società non ci ha messo molto a riprendere il suo vizietto di far soldi estorcendoli preferibilmente con le cattive al malcapitato di turno.
Ma siccome spesso la realtà supera la fantasia, al di là delle bizzarre e intriganti narrazioni russofobe dei giornali, si scopre pure che Norbert (sempre Igor naturalmente) è un frequentatore stanziale delle nostre campagne e che per oltre dieci anni ha importunato, aggredito e derubato decine di persone aiutandosi con armi di fortuna come accette e coltelli, e soprattutto minacciando le sue vittime con arco e frecce. Igor o Robin Hood?
In questo chiacchierato caso di cronaca molti giornalisti, esagerando e spesso inventando di sana pianta, hanno fatto comunque il loro mestiere, anche se in modo discutibile e pure eticamente scorretto.

La vera perplessità, ma è pur sempre una mia opinione, nasce andando a vedere le scelte strategiche delle forze dell’ordine, che per mesi si sono intestardite impegnandosi nella ricerca di un balordo in un territorio circoscritto di campagna piatta e spoglia, fatta di campi coltivati e canali, priva di foreste, grotte e nascondigli inaccessibili (tane di volpe a parte), ma ricca altresì di paesi e borghi densamente abitati, quindi facilmente sorvegliata e sorvegliabile.
Per quanto se ne sa, la domanda è: perché non si è allargata la ricerca oltre questo territorio, indugiando oltremodo e fuori da ogni logica a insistere a presidiare un fazzoletto di terra in cui sarebbe difficile nascondersi anche per una mosca?
Forse la questione è sfuggita di mano, confondendo realtà e fantasia, credendo seriamente che un uomo potesse essere in grado di resistere per settimane e mesi senza un riparo sicuro, sopravvivendo alla fame e al freddo e restando sempre invisibile a chiunque. Capace di restare immerso nell’acqua dei canali o sepolto nella terra per ore, immune alle malattie e al deperimento fisico. Magari aiutato da alcuni fiancheggiatori del posto, peraltro mai identificati.
La sensazione (mia) è che, più che cercare il latitante in sé, si cercasse ostinatamente una giustificazione per continuare a crederlo ancora e sempre lì.
Una quantità di uomini e mezzi senza precedenti per un’operazione rivelatasi un fiasco clamoroso. Situazione quasi paradossale degna di un film di John Landis, come la sequenza dell’inseguimento dei fratelli Blues da parte di polizia e esercito per le strade dell’Illinois, con la differenza che almeno nel film le centinaia di macchine impiegate (e distrutte), e persino i carri armati, alla fine riescono nell’intento di catturare i malcapitati Elwood e Jake.
Il lato comico della faccenda ci sta tutto, e se non fosse per rispetto alle povere vittime ci sarebbe persino da ridere. E tutte le volte che ho letto l’ennesima perla giornalistica sulla vicenda mi è venuto da sorridere e un’idea per una nuova vignetta. Però il sorriso si spegne quando penso che in questo caso non si tratta dei Blues Brothers, fuorilegge maldestri e innocui, ma di un vero assassino, probabilmente maldestro anch’egli, ma sufficientemente in gamba da farla in barba ai mille uomini sulle sue tracce, addestrati ed equipaggiati di tutto punto.
Scommetterei pure che in questo momento Igor-Norbert, molto probabilmente ormai da diverso tempo al sicuro e lontano dall’Italia, si stia facendo una grassa risata alla faccia nostra. Ma questo, decisamente, non mi mette di buon umore.

La saga di Igor nelle vignette di Carlo Tassi 

tag:

Carlo Tassi

Ferrarese classe 1964, disegna e scrive per dare un senso alla sua vita. Adora i fumetti, la musica prog e gli animali non necessariamente in quest’ordine. S’iscrive ad Architettura però non si laurea, si laurea invece in Lettere e diventa umanista suo malgrado. Non ama la politica perché detesta le bugie. Autore e vignettista freelance su Ferraraitalia, oggi collabora e si diverte come redattore nel quotidiano online Periscopio. Ha scritto il suo primo libro tardi, ma ha intenzione di scriverne altri. https://www.carlotassiautore.altervista.org/

I commenti sono chiusi.


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it