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da: Giuseppe Vancini, Segretario Generale Confartigianato

Ho letto con molta attenzione le parole con cui Carlo Albero Roncarati si è ufficialmente congedato da Presidente della Camera di Commercio, in attesa dell’insediamento dei nuovi organi camerali. A Roncarati, con cui come membro di Giunta ho condiviso 12 dei suoi 15 anni di lavoro, riconosco il merito indiscusso di essere sempre riuscito a tenere attorno al tavolo sindacati, associazioni, istituzioni. E di avere sempre avuto a cuore il territorio. Tuttavia sono state varie le occasioni in cui, all’interno di un onesto confronto dialettico, non ci siamo trovati del tutto d’accordo sulla politica camerale, troppo tesa, a mio avviso, a dare eccessiva enfasi a concetti come innovazione, ricerca, export. Quando si sarebbe dovuto insistere invece sul rilancio dei consumi. La realtà ferrarese è fatta di imprese la cui produzione è prevalentemente rivolta al mercato interno – oggi più che mai asfittico – e in lotta con l’assenza di credito. Sono queste le aziende che, più delle altre, avrebbero dovuto beneficiare di contributi e agevolazioni. Quelle che fanno ricerca, innovazione, export, sono numericamente inferiori, godono di migliore salute delle altre e hanno dunque minore esigenza di aiuti esterni, perché più autonome e più forti. Tenuto conto che erano tempi diversi, in cui la crisi non aveva raggiunto i livelli attuali e in cui la strada giusta da percorrere poteva in effetti sembrare la valorizzazione delle produzione di nicchia e il made in Italy, auspico in futuro, su questo fronte, un approccio in linea con quanto sta avvenendo, anche, in politica nazionale. Ancora, sull’onda di Basilea 2 e 3, si è caduti nella trappola del sistema della grande finanza, trasformando i Confidi in uno strumento più utile alle banche che alle aziende. Noi, come Confartigianato, a suo tempo non abbiamo aderito ai 107, ai quali andavano contributi pubblici. Passando per ‘guastafeste’ abbiamo privilegiato strumenti diretti come il fondo centrale di garanzia. I fatti ci hanno dato ragione, perché siamo riusciti a sostenere le nostre imprese. Per la Camera di Commercio comincia un’altra epoca. Prende avvio mentre sono in corso esperienze governative nuove, mentre le ipotesi di riforma stanno finalmente prendendo piede nella direzione da noi auspicata. Per questo le parole d’ordine dovranno essere velocità, flessibilità, servizi efficienti. Noi, come Confartigianato, abbiamo fatto la nostra parte inserendo in Giunta una donna, Donatella Zuffoli, (presente anche in Consiglio con Caterina Papparella e Marino Fortini), che prima ancora di rispondere a un’esigenza di ‘genere’, comunque invocata, ha competenze specifiche in materia di credito. Per quanto ci attiene abbiamo dato il nostro contributo all’innovazione. E questo, va detto, con la disponibilità di altre associazioni, come Cna. E con l’indisponibilità, va detto anche questo, di altre, come Unindustria, che ha perseverato nel difendere la propria bandiera e che continua ad essere sopravvalutata dalle istituzione seppure siano i numeri a confermarne il reale peso.
Giuseppe Vancini, Segretario Generale Confartigianato

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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