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Il vetro è un materiale riciclabile al 100% e all’infinito. Inoltre, al contrario di molti altri materiali, anche essi riciclabili, la materia prima che si ottiene, tecnicamente chiamata materia prima seconda e anche, nel nostro caso, “vetro pronto al forno”, ha le stesse caratteristiche e proprietà della materia prima vergine.
Dal rapporto ‘Il riciclo del vetro e i nuovi obiettivi europei per la circular economy’, realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile per conto di Assovetro emerge che:
– L’industria del riciclo del vetro contiene 20.200 occupati e produce 1,4 miliardi di PIL;
– Il settore ha generato 125.000 posti di lavoro e riducendo del 48% l’utilizzo di materie prime;
– La raccolta differenziata di questo materiale è arrivata al 77% ed il tasso di riciclo è al 70,3%;

Il vetro in terminologia chimica diventa tante cose, ma per gli imballaggi si parla prevalentemente di ossido di silicio (vetri silicei) e di vetro cavo (il vetro piano lo lasciamo all’edilizia). Le tipologie di imballaggio sono soprattutto bottiglie, ma anche flaconi (anche di cosmesi), fiale e vasi.
Le preferenze dei consumatori sulle bottiglie in vetro (acqua, birra e vino) sono in leggero aumento soprattutto per una offerta medio-alta di prodotti.
Cresce l’intero settore con l’immesso al consumo di imballaggi che sale del 2%, la raccolta del 4% e il riciclo del 3%” Il riciclo del vetro consente di ottenere importanti risparmi energetici: ogni 10% di sostituzione della miscela di sabbia, soda e alcuni ossidi con rottame di vetro, permette di risparmiare il 2,5% dell’energia necessaria per la trasformazione chimica che avviene nel forno fusorio. Tuttavia, il processo di recupero impone l’utilizzo di rottame Materia Prima Seconda (MPS), con standard qualitativo adeguato, ottenibile solo attraverso una buona raccolta differenziata e un successivo buon processo di selezione di quanto raccolto. L’impiego di materiale di bassa qualità contenente corpi estranei quali ceramica, cristallo o pyrex può vanificare i risparmi attesi e compromettere la qualità dei contenitori prodotti.

Dice il Conai che sono stati immessi 2,3 Kton di vetro e ne sono stati avviati al riciclo 1,6 Kton; quindi oltre il 70 %, un importante risultato. Si sostiene che così si è ridotta l’importazione, tuttavia il settore ha molte questioni ancora da risolvere, a partire dalla crisi dei trasformatori (basta guardare lungo la via Emilia) nonostante l’aumento delle raccolte differenziate.
Grazie al vetro riciclato, ogni anno vengono prodotti in Italia circa 10 miliardi di contenitori. Alle vetrerie conviene utilizzare il vetro usato, perché consente di risparmiare il 25 % circa di energia nel processo di produzione. Il vetro usato è certamente un materiale di qualità, ma non consente di avere ricavi elevati.
Un problema; dal rottame di vetro di colore misto – il solo generato in Italia dalla raccolta differenziata – non è infatti possibile creare contenitori di colore bianco-trasparente. Infatti per quanto riguarda la raccolta del solo vetro bianco siamo ancora molto indietro rispetto a Paesi come Germania e Francia.

E Clara quanto ne raccoglie? Nei Comuni del medio e basso ferrarese, dove il vetro viene raccolto con modalità monomateriale, i dati dell’ultimo semestre mostrano che sono state recuperate 1.750 tonnellate di imballaggi di vetro.

Alle vetrerie conviene utilizzare il vetro usato, perché consente di risparmiare il 25 % circa di energia nel processo di produzione. Il vetro usato è certamente un materiale di qualità, ma non genera ricavi elevati. Per poter avere delle opportunità di vendita sul mercato internazionale, è necessario operare una raccolta differenziata per colori. Esportare vetro frantumato ha senso solo se può essere riutilizzato per la produzione di bottiglie. A questo scopo, si utilizzano preferibilmente cocci di vetro separato per colori. Sul mercato del vetro usato sono particolarmente richiesti cocci di vetro marrone o bianco.

Uno dei problemi è dato dalla presenza indesiderata della ceramica. Ci sono infatti materiali che sembrano vetro, ma vetro non sono…il caso più insidioso è forse quello dei materiali inerti che fondono a temperature più alte del vetro, come la vetroceramica. È però importante ricordarsi di tenere la vetroceramica (tipo il “pirex”) – così come i piatti, le tazzine… in ceramica o porcellana – ‘alla larga’ dal vetro perché è sufficiente un solo frammento di questi materiali– mescolato al rottame di vetro pronto al forno– per vanificare il processo di riciclo, dando origine a contenitori destinati irrimediabilmente ad infrangersi! Per questo tra Coreve e Anci è stato siglato un accordo per abbattere i quantitativi di ceramica nella raccolta del vetro annunciando la temporanea modifica delle le specifiche tecniche previste dall’Accordo Quadro, relativamente alla quota di inerti presenti nella raccolta differenziata del vetro.
A questo proposito, l’impegno e la partecipazione dei cittadini sono fondamentali. È necessario raccogliere in modo differenziato solo ed esclusivamente gli oggetti di vetro: bottiglie, vasi e vasetti, flaconi, barattoli, facendo attenzione che non ci siano oggetti di ceramica, cristallo e pyrex. Un bicchiere di cristallo o un piattino di ceramica, se inseriti in un contenitore per la raccolta differenziata del vetro e ridotto in frammenti, potrebbero “rovinare” gran parte della quantità di vetro in esso contenuto, vanificando gli sforzi di tanti cittadini.

In Emilia Romagna (vedi ultimo Piano appena approvato) lo scorso anno sono state raccolte in maniera differenziata 153.912 tonnellate di vetro, che corrispondono a 35 kg per abitante. Di queste, 152.503 t sono state raccolte dai gestori del servizio pubblico (60.868 t monomateriale e 91.635 t nel multimateriale) e 1.409 t sono rifiuti vetrosi assimilati che il produttore ha avviato direttamente a recupero. Una prima analisi dei flussi evidenzia che, rispetto al totale raccolto pari a 153.912 tonn il 5% dei rifiuti vetrosi ha seguito la via del libero mercato (di cui 1.409 t, costituite prevalentemente da rifiuti assimilati, sono state avviate a recupero direttamente dalle attività artigianali e commerciali) mentre il 95% è stato avviato ad effettivo riciclo tramite il sistema consortile CoReVe (Consorzio Recupero Vetro).

Esiste anche un percorso di ricondizionamento dei contenitori vuoti e di riutilizzo industriale di difficile quantificazione (parliamo di birre e acque per una quota di circa 200 mila tonn). Il sistema della ripresa dei vuoti prevede che il cittadino una volta consumato il contenuto della bottiglia possa restituire quest’ultima al distributore e qui, o riprendere la cauzione eventualmente versata, o ottenere uno sconto sul prossimo acquisto dello stesso prodotto. Scopo di questo metodo, generalmente conosciuto come “vuoto a rendere”, è quello di riutilizzare gli stessi contenitori per essere riempiti e rivenduti più volte.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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