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Il professor Alessandro si accingeva a chiudere senza fretta la sua cartella di pelle scura, rovinata dagli anni, appoggiata sulla cattedra di un’aula adesso silenziosa.
Nella sua mente risuonavano ancora le grida dei ragazzini eccitati dall’inizio delle vacanze di Natale.
Era ormai terminato l’ultimo giorno di scuola prima della pausa invernale e Alessandro stava assaporando ancora la particolare atmosfera carica di un senso di attesa e di aspettativa tipici del clima natalizio.
Seduto sulla sua sedia di legno si fece forza sui braccioli e si alzò lentamente.
-Posso adesso prof? Posso iniziare le pulizie dell’aula?-
-Ma certo, certo… entra pure Enrica! Scusami sai, ma ero immerso nei miei pensieri; un altro Natale, arriva sempre all’improvviso, vero? Sarà anche una frase fatta, ma per me è così!
-A chi lo dice prof! Pensi, quest’anno vengono tutti a casa mia, saremo in sedici e poi devo fare quasi tutto da sola, sa! Non mi sto mica lamentando, eh! Mi piace vedere la tavola piena di ogni ben di Dio e tutti contenti…
E lei prof? Va sempre là, a fare volontariato tra quei mezzi delinquenti?
-Sì Enrica, ma non sono delinquenti! Sfortunati forse, ma non delinquenti. Vado a dare una mano a don Marcello per il pranzo di Natale al Beccaria, ma poi a Santo Stefano vado a Bergamo da mia sorella.
-Io dico che lei è bravo sa, non conosco tante persone che ogni anno passano il Natale in quel modo!
-Ma no… e poi le cose non sempre stanno come sembrano!-
-Mah, se lo dice lei…- rispose Enrica non troppo convinta.
Mentre stava parlando però inavvertitamente ad Alessandro cadde per terra il portafoglio.
Si inchinò quindi a raccoglierlo e lo ripose con noncuranza nella tasca interna della giacca.

-Bene Enrica adesso la saluto, passi un buon Natale e non li vizi troppo i suoi ospiti! Ci vediamo poi, dopo la Befana, mi racconterà come è andata, voglio la descrizione minuziosa di ogni piatto-
-Auguri anche a lei prof… certo, le racconterò tutto nei minimi particolari!-
Alessandro era già arrivato al termine del corridoio che portava all’uscita quando vide Enrica corrergli incontro e con un filo di voce dire:
-Prof, prof. Alessandro aspetti un attimo, ha perduto questa! – disse tenendo tra le mani un biglietto di auguri con una piccola foto di un bel ragazzino riccioluto e sulla quale spiccava la dedica:
“Tuo Leccaculo”
-Tenga è sua? Deve esserle caduta prima, di là nell’aula…-
-Oh, grazie Enrica! Grazie davvero, ci tengo tantissimo a questa piccola foto, sa?
-Ma di nulla! Piuttosto quel nome… lo so che sono una ficcanaso, ma non ho potuto evitare di leggerlo-
Alessandro stava già aprendo la porta per uscire, ma a quella richiesta si fermò e quasi senza accorgersene si ritrovò seduto sulla poltroncina, proprio lì, accanto alla porta di uscita a fissare in silenzio, tenendolo ben stretto, il piccolo biglietto.
-Tutto bene prof?-
-È di Ricki un mio compagno di terza media, me la regalò proprio lui, un Natale di oramai tanti anni fa-

-Ma insomma Ricki sbrigati, il papà ti sta aspettando fuori oramai da dieci minuti, non puoi sempre arrivare tardi. Li hai già salutati tutti i tuoi pesciolini-
-Ma dai mamma, lo sai che ci tengo, devono stare tutta la mattina da soli nel loro acquario senza di me-
-Hai messo tutto dentro la cartella, vero? Lo sai che i prof. non vogliono che dimentichiate il materiale a casa-
-Si lo so, lo so, ma i prof. sono miei amici-
-Si, sì… sono tutti tuoi amici a sentir te-

Il clacson insistito della macchina interruppe il dialogo e la mamma ripose in fretta la merenda nella tasca del giaccone di suo figlio.
-Ma mamma, te lo dico tutte le volte! Non nel piumino, nella cartella! La merenda va messa nella cartella, quello è il suo posto, come fanno tutti-
-Sì, ma nella cartella te la mangiano sempre!-
-E certo, si vede che hanno fame, ma scusa se hanno fame? Ma guarda che a volte non ti capisco proprio sai! Ma se io avessi fame, non ti piacerebbe che trovassi qualcosa da mangiare?-
-Si, si ho capito, sempre la stessa storia…oh… mangerai quando ritornerai a casa!-

Estratto dal verbale del cdc del 10/12/2021 classe 3°A:

“Righetti Riccardo affetto da dps (disturbi pervasivi dello sviluppo), la famiglia non ha fatto richiesta del sostegno. I genitori concordano con i docenti nella stesura di un piano personalizzato, che però visto l’andamento molto positivo dell’allievo non richiede elementi di differenziazione.
L’allievo è completamente autonomo nello svolgimento delle attività scolastiche.
Particolarmente dotato nelle discipline logico-matematiche, raggiunge in queste livelli di eccellenza.
Per quello che riguarda le discipline letterarie, si sottolinea una capacità altrettanto profonda di analisi che porta però ad una identificazione emotiva superiore alla media, fino a vivere situazioni e relazioni anche usuali con grandissima intensità.
A causa di questa sua particolare costellazione emozionale i rapporti con i pari sono vissuti da parte dello studente in modo molto coinvolgente e con pieno soddisfacimento, ma per i compagni vissuti come eccessivi quindi rifiutati e seguiti a volte da atteggiamenti di insofferenza nei suoi confronti.
La famiglia chiede esplicitamente che venga qui verbalizzata la richiesta suggerita ai servizi del riconoscimento della problematica del figlio come Sindrome da Forrest Gump, non essendo riconosciuta la patologia di Ricki in nessuna delle tipologie diagnostiche usualmente citate nei protocolli.”


-Buongiorno ragazzi – disse la prof. di matematica entrando nell’aula – desidero subito rifare con voi l’esercizio alla lavagna visto le difficoltà che ha creato nel compito in classe. Ecco come al solito manca il gesso!
-Vado io a prenderlo subito prof. – disse prontamente Ricki sbracciandosi in modo esagerato dall’ultimo banco.
-Immaginavo che volessi andarci tu… dai, va allora ma fa presto-
Finalmente arrivò l’intervallo e Ricki non trovò nel suo zaino la merenda. Come al solito gli era stata sottratta da Alex.
-Devi aver avuto molta fame Alex per mangiarti anche oggi il mio panino… non mi hai lasciato qualcosa?-
-Ma certo… la carta, ti ho lasciato la carta Leccaculo, così la puoi riutilizzare per avvolgere il panino che mi porterai domani!-
Ricki lo guardò come guardava tutto.
Le parole non erano importanti per lui, non riuscivano a ferirlo. Per lui la cosa importante era avere degli amici e solo un amico poteva essere così tanto in confidenza da prendergli un panino, senza chiedere il suo consenso.
Leccaculo era il soprannome con cui Alex aveva preso a chiamarlo dall’inizio dell’anno non sopportando più quel suo modo di fare così gentile verso tutti ma soprattutto verso i professori.

A causa degli orari di lavoro la mamma di Ricki non era ancora riuscita ad andare a prendere suo figlio a scuola e quindi il ragazzo faceva così ritorno a casa sempre da solo, tanto la sua abitazione era poco distante.
Quel giorno la mamma decise di fargli una sorpresa.
Era riuscita infatti a mettersi d’accordo per un cambio turno con una sua collega e andò al termine della mattinata di fronte la scuola a prenderlo.
-Ricki ciao… qui… sono qui!- lo chiamò quasi urlando sua mamma dal lato opposto della strada agitando il braccio per farsi riconoscere.
Ma Ricki immerso come al solito nel suo mondo non sentiva nulla e si stava già avviando verso casa, quando all’improvviso sentì un grosso strattone sulla spalla destra che lo fece barcollare.
Era Alex.
-Ehi, Leccaculo… sei anche sordo adesso! Guarda che ti stanno chiamando! Là in fondo c’è tua madre!-
Ricki si girò e vide con sua grande sorpresa la mamma!
-Mammmaaa, ciao… adesso vengo lì… aspettami-
-Hai visto che sorpresa ti ho fatto oggi!-
-Ma sì, pensa che non ti avevo neppure visto… me lo ha detto il mio amico Alessandro che c’eri tu! Per fortuna che c’è Alex, vero mamma?
-Eh, si già! Ma come ti ha chiamato?-
-Leccaculo, mamma! È il mio soprannome! Bello vero, me lo ha proprio dato lui sai!-
-E tu sai cosa vuol significare quel nome Ricki?-
-Perché c’è un significato?-
-Sì… non vuoi sapere cosa significa?-
Ricki rimase in silenzio fino a che raggiunsero la porta di casa, poi una volta entrati si sedette sul divano e rivolgendosi a sua madre disse:
-Dai… dimmelo adesso!-
La mamma spiegò a Ricki il significato di quella parola.
-Perché mamma? Perché?-
-Perché non tutti sono buoni come lo sei tu Ricki-
-Allora voglio essere cattivo! – disse alzandosi improvvisamente.
Si diresse in cucina e prese un paio di forbici, poi rivolgendosi ancora verso sua madre disse deciso
-Taglia!-
-Cosa Ricki?-
-I miei capelli… su tagliali!-
-E come mai? Sono cosi belli, sembri un angelo con tutti questi ricci-
Appunto, da oggi non sono più un angelo! Adesso per piacere, taglia questi capelli, molto corti.
Lo sanno tutti che i cattivi hanno i capelli molto corti!-

La prof. aprì il registro e come ogni mattina cominciò col fare l’appello.
-Righetti! Ma insomma Riccardo non c’è ancora… qualcuno sa qualcosa di Ricki?-
-No prof. a noi non ha lasciato detto nulla – risposero i compagni.
Proprio in quel momento bussarono alla porta.
Era Ricki con il permesso di entrata posticipata compilato correttamente.
Tutti gli occhi dei ragazzi guardavano pieni di sorpresa il nuovo aspetto del loro compagno, ma lui si diresse con passo sicuro verso l’ultimo banco e mentre passò accanto al banco di Alex lasciò cadere un bigliettino.
Alex lo raccolse, lo aprì e lesse: “Ho bisogno di parlarti, troviamoci all’intervallo vicino alla palestra piccola”
Alex incrociò lo sguardo severo di Ricki e annuì.

-Cosa sono questi misteri – chiese Alex – e poi come ti sei conciato?-
-Da cattivo… non vedi i capelli? Voglio fare qualcosa con te da cattivo e voglio cominciare subito!-
-Coosa vuoi tu? – rispose Alex tra il sorpreso e il divertito. Ma dai torniamo… anzi no… mi sta venendo in mente,… ho qualcosa giusto per te, per domani sera… va bene?-
A Ricki si illuminarono gli occhi e finalmente riprese il suo solito sorriso.
-Certo! Di cosa si tratta?-
-Ci serve un palo per domani sera. Mentre io e altri due che tu non conosci entriamo nel negozio della signora Tina che lascia sempre il finestrino del bagno socchiuso… anche se piccolo, io riesco a passare-
-Entrare in tabaccheria? E perché? E poi?-
-Prendiamo delle stecche, me lo ha chiesto Giovi-
-Quello della terza H? Il ripetente?
-Sì, lui… è un mio amico-
-E io? Io che devo fare?-
-Tu stai dall’altra parte della strada e stai attento che non arrivi nessuno. Se vedi che qualcuno si avvicina fai un fischio con questo – disse porgendogli un piccolo fischietto rosso.
Ricki lo mise subito in tasca e i due ragazzi fecero ritorno in classe.

-Mamma vado da Alex a riprendermi il quaderno di mate che gli avevo prestato, che non me lo ha ancora riportato-
-Ma a quest’ora Ricki, non è tardi?-
-Sì, ma faccio in due minuti, a dopo!-

-Finalmente, pensavamo non venissi più!-
-Cosa devo fare?-
-Lo vedi quel piccolo muretto dall’altra parte della strada di fronte al negozio?-
-Si, lo vedo bene-
-Ecco tu ti apposti lì, noi facciamo presto… e se arriva qualcuno fischia!-
I tre ragazzini si diressero verso il retro della tabaccheria mentre Ricki guadagnava la sua posizione dietro al muretto.
Passò solo qualche minuto ed ecco che in fondo alla strada vide arrivare la macchina della sicurezza. A Ricki il cuore adesso batteva all’impazzata, mentre cercava di farsi piccolo, piccolo dietro al muretto.
Avrebbe voluto essere dappertutto piuttosto che lì dov’era adesso!
Le due guardie giurate parcheggiarono la macchina proprio vicino al muretto dove si era sistemato Ricki.
Uno dei due si accese una sigaretta quando rivoltosi all’altro gli disse:
-Strano dalla Tina c’è una luce accesa sul retro-
-Se la sarà dimenticata. Ultimamente si dimentica parecchie cose-
-Mah, sarà… io dico che è meglio andare a dare una controllatina-
-Va bene. Fammi finire questa sigaretta e poi ci andiamo-
Adesso il cuore di Ricki sembrava scoppiare, aspettò che i due della sicurezza risalissero in macchina e con tutto il fiato che aveva in gola soffiò dentro il fischietto, ma nei due interminabili minuti successivi non si mosse nessuno.
-Non c’era più tempo da perdere – pensò e subito corse verso il negozio per avvertire i suoi amici del pericolo imminente.
Fece quindi per attraversare la strada ma proprio in quel momento una grossa macchina stava passando a velocità sostenuta.
Prese Ricki in pieno gettandolo per terra riverso sull’asfalto.
Dal finestrino della tabaccheria Alex aveva assistito impotente alla scena.
Si buttò di sotto e corse come un pazzo verso Ricki.
Gli mise il suo giubbino sotto la testa e frugò nelle tasche dell’amico per vedere se c’era un fazzoletto per fermare il rigolo rosso che scendeva da dietro il capo.


-Trovai nella sua tasca questo biglietto – disse con voce roca, rotta dall’emozione, il prof. Alessandro ad Enrica – proprio questa foto qui… con una dedica per me.
“Al mio amico Alex,
Tanti auguri di buon Natale… hai visto di cosa sono capace?”
Tuo Leccaculo.

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Roberto Paltrinieri


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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