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da: ufficio stampa Legambiente Emilia-Romagna

Un caso storico in Emilia Romagna, che deve servire da esempio per rivedere le tante previsioni urbanistiche ormai anacronistiche che minacciano la nostra campagna. Si chiude una vertenza che ha impegnato l’Associazione e i Cittadini per anni

Legambiente festeggia la decisione presa l’altro ieri dal consiglio comunale di San Lazzaro di Savena, che ha approvato la delibera che sancisce la decadenza del P.O.C. di Idice: 26 ettari di terreno agricolo sono stati finalmente liberati dalla prospettiva di essere edificati. Ora per la città di San Lazzaro si apre  la possibilità di un diverso modello di qualità urbana e di gestione del territorio.

Si tratta di una decisione storica, perché per la prima volta un’amministrazione ha il coraggio di tornare sui suoi passi in modo drastico rispetto alle scelte di consumo di territorio prese nel passato.

Un risultato il cui merito va al sindaco Isabella Conti, che con determinazione ha mantenuto fede alle promesse elettorali dando un segno di grande forza etica.

Un risultato costruito comunque negli anni dalle battaglie dei cittadini e dell’associazione, che ha visto Legambiente sempre in prima linea.

L’associazione ritiene che dopo anni di slogan politici contro il consumo di suolo mai seguiti da fatti, il caso di San Lazzaro, con il rilievo mediatico che ha avuto, debba costituire un giro di boa.

L’azione del sindaco ha dimostrato come ci sia pieno consenso popolare su questa svolta, e che i Comuni possono scegliere questa direzione, anche senza una cornice normativa definita.

Ora è indispensabile che si strutturino al più presto provvedimenti sia a livello nazionale che regionale, che indichino con chiarezza la direzione da seguire per frenare finalmente l’erosione della campagna e chiariscano il quadro giuridico per mettere mano alle previsioni edificatorie decise nel passato.

A fianco di questo, serve con urgenza una seria politica per la rigenerazione urbana e la riqualificazione degli immobili esistenti che permetta di dare  risposta anche al tema del lavoro nel settore edile.

 

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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